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Neutralità del paesaggio costruito del Nord Est, due ipotesi a confronto

Scenario normativo vs scenario di adattamento attivo
Neutrality of the Built Landscape of the Italian North-East, Two Hypotheses Compared. Regulatory Scenario vs. Active Adaptation Scenario
Lorenzo Fabian, Susanna Pisciella and Chiara Semenzin
p. 177-193

Abstracts

The research deals with the adaptation of the built landscape of the North East and, more generally, of the construction industry Italian, to the transformations necessary to achieve climate neutrality. The particular geographic and settlement configuration of the Triveneto region and the current structure of the energy sector lead to the construction of scenarios for two of the area’s most energy-intensive and emissive sectors, the industrial and residential sectors. The rationale with which the topic of retrofitting is approached follows two distinct strategies: on the one hand, the construction of regulatory scenarios, which visualise what would concretely happen in the area by applying the indications contained in the European Green Deal and derivatives, at project dates 2030 and 2050. On the other hand, the construction of scenarios that look at the same vulnerability but through the possibility of an active adaptation, which implies a change of habits before that of the built territory.

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Editor's notes

Received: 17 novembre 2023 | Accepted: 8 giugno 2024. DOI: 10.17454/ARDETH13.11

Full text

Questa ricerca è stata finanziata dal PNRR - Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, Missione 4 “Istruzione e Ricerca”, Componente 2, Investimento 1.5, Ecosistema iNEST- Interconnected Nord-Est Innovation, Spoke 4, quest’ultimo coordinato da Lorenzo Fabian.

Nord Est in ottica di neutralità: de-centralizzazione vs accentramento

1L’aggravarsi delle conseguenze della crisi climatica e delle tensioni geopolitiche rende sempre più urgente ripensare il territorio in un’ottica di “età della resilienza” (Rifkin, 2019) per sopravvivere all’intensificarsi dei cataclismi con i quali l’ambiente reagisce all’impatto antropico. Le recenti esperienze di pandemia, crisi logistica del Canale di Suez e guerra in Ucraina hanno impresso un’accelerazione inaspettata al piano di accorciamento delle filiere e autosufficienza che accompagna il più vasto progetto di de-carbonizzazione e neutralità climatica dell’Unione entro il 2050, il New European Green Deal. Tuttavia proprio il prolungarsi del conflitto bellico, dell’incertezza, e il generale aumento dei prezzi chiedono di pensare a scenari anche alternativi e magari più radicali rispetto a quelli ambiziosi e, in certo senso costosi, calendarizzati dall’European Green Deal.

2L’articolo, che si concentra sul territorio costruito del Nord Est italiano nell’ottica della sua conversione a sistema energetico rinnovabile, autonomo e resiliente, accanto agli indirizzi intrapresi dal Green Deal volti a una trasformazione profonda dell’esistente, affianca un ripensamento, a monte, delle logiche stesse di sviluppo, coinvolgendo i singoli cittadini a partire dalla messa in discussione delle proprie, consolidate, abitudini.

3Il Nord Est, qui inteso come macroarea che comprende Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia, nella sua parte orientale è costituito per il 30% da pianura alluvionale, una geografia intrinsecamente energivora, in quanto il livello stabile delle acque, e dunque l’abitabilità, sono garantiti proprio dal complesso sistema di idrovore che drenano meccanicamente l’acqua in eccesso. Energia, in questa geografia, dunque significa non solo benessere, ma incolumità. Eppure, a dispetto della vulnerabilità dell’area, tra le più esposte alle conseguenze del cambiamento climatico, qui si concentra la maggior parte della popolazione e del costruito dell’intero Nord Est. Le sfide ambientali, insieme alle questioni energetiche, richiedono un adattamento selettivo del patrimonio edilizio che qui si presenta, nella sua natura produttiva, residenziale e della mobilità, come un esteso sistema metropolitano policentrico e diffuso. Macroregione tra le più produttive del Paese, costituita, a differenza della Lombardia, da una moltitudine di piccole imprese sparse nel territorio, collegate da un fitto sistema di reti infrastrutturali minute. Un territorio che, proprio nella sua natura umida, trova un certo equilibrio tra emissione e assorbimento di gas climalteranti grazie alla funzione di carbon sink svolta dalla densa rete di acque superficiali. Un equilibrio fragile, compromesso dall’estesa cementificazione dell’ultimo mezzo secolo dovuta alla necessità di collegare mobilità e energia in questa urbanizzazione sparsa. Oggi, i piani di decentralizzazione energetica e la tendenza a limitare il consumo di suolo rimettono indirettamente in discussione quelle scelte, invitando a un ripensamento anche della mobilità nella lontana prospettiva di riguadagnare aree verdi umide.

4Se oggi l’accentramento delle fonti energetiche nelle mani di pochi mostra i suoi limiti in termini di gestione, costi e vulnerabilità, l’EU Green Deal favorisce il decentramento, promosso nelle forme dell’auto-produzione e autoconsumo. Tuttavia decenni di modelli di concentrazione della produzione e di gerarchia della distribuzione, in una topologia fragile, dispendiosa e inefficiente, che sopravvive in memoria della grande storia industriale, qui in capo alla Sade (Società Adriatica di Elettricità) operante nelle tre regioni del Nord Est prese in esame, rende ancora difficoltoso il distacco dalla grande rete e la possibilità di gestire autonomamente in modo imprenditoriale il proprio eccesso di produzione energetica da parte dei singoli produttori e consumatori. Per contro, proprio la particolare struttura continua dell’urbanizzazione sparsa del Nord Est può favorire la possibilità di individuare nuclei piccoli e autonomi all’interno dei quali potere ipotizzare sistemi localizzati di produzione e consumo di energia, reti di trasmissione intelligenti, favorendo la transizione da un sistema verticale e centralizzato a un sistema orizzontale, de-centralizzato, più capillare e diffuso, e per ciò stesso più resiliente.

5Gli scenari relativi ai due casi studio riportati di seguito si costruiscono sdoppiandosi, in filigrana, come due diverse modalità prospettiche, da una parte lo scenario normativo, dall’altra quello che qui è stato chiamato di adattamento attivo.

Cosa si intende qui con scenario normativo e scenario di adattamento attivo

6La ricerca prende in esame le principali policy in materia di de-carbonizzazione e adattamento al cambiamento climatico del paesaggio costruito, con particolare focus sui settori della mobilità e su quello industriale, nell’ottica di elaborare scenari di retrofitting energetico (EU Green Deal, RePowerEU, Strategia Nazionale per l’Idrogeno, Fit for 55, EPBD 2024/1275, Roadmap GBC Italia). In particolare, lo studio si concentra su due scenari. Il primo è quello delle policy con le rispettive scadenze, intermedia al 2030 e di completamento dei processi di neutralizzazione al 2050. Il primo, indicato in seguito come scenario normativo, rappresenta un quadro nel quale si prevede di trasformare l’intero comparto, allacciandolo a fonti rinnovabili, continuando a garantire le medesime abitudini attuali, senza cambiare in maniera sostanziale i nostri stili di vita altamente energivori.

7Dall’altra parte, si prende invece in considerazione uno scenario di adattamento attivo, l’idea di omeostaticità che sottende gli studi di Walter Cannon sull’autoregolazione e saggezza del corpo umano, e ambientale. Una modalità di transizione energetica diversa, sottesa dall’idea che solo cambiando completamente le abitudini dei consumatori sia possibile imprimere, per processo inverso, un cambiamento favorevole nei processi di ripristino della natura a maggiori gradi di complessità. Questo secondo scenario, a differenza del primo, elabora una coscienza dell’autonomia della natura, contro la visione che la vuole strumento in funzione della civiltà (Morton, 2009), nella consapevolezza della nostra innecessità per l’ambiente, di cui noi abbiamo bisogno, ma non viceversa (Serres, 2019; Leopold, 2019).

8Se dunque la funzione dello scenario “normativo” diviene quella di spazializzare nel Nord Est gli impatti di alcune policy, visualizzandone le conseguenze nella realtà territoriale per comprenderne la portata concreta di trasformazione – quale è il caso del progetto di transizione all’idrogeno verde per il comparto industriale – lo scenario “di adattamento attivo” invece esplora assetti più radicali, spesso già indagati in letteratura ma non assimilati nelle strategie normative vigenti. Questi non contemplano l’idea massiccia di controllo e trasformazione di interi comparti, ma una sorta di laico Gelassenheit (Heidegger, 2019), di abbandono del dominio e del consumo per fare un passo indietro, avviandosi a un lasciar essere la natura, riaprendosi al suo mistero. Gli scenari avviati in questa ottica sono quello della Urbanizzazione dei 15 minuti e l’auto-sufficienza a 360 gradi del comparto residenziale.

9Laddove lo scenario normativo rafforza l’attuale mercato tecnico capitalistico dei consumi, senza potersi esimere dalla contraddizione di fare ricorso massiccio a filiere lunghe e di provenienza fossile per i dispositivi messi in opera per la transizione, pannelli fotovoltaici, elementi isolanti, ecc., il secondo scenario, al contrario, promuoverebbe nuove figure professionali chiamate a lavorare sul fine vita dei materiali, sulle loro possibilità di reimpiego, in un mercato costruito più sulla circolarità che sulla nuova produzione. Una transizione dalla tradizione dell’homo consumens a un ritrovato homo faber (Bauman, 2007). In questo articolo, per semplicità e limiti di spazio ci si limiterà a riportare due casi studio esemplificativi dei due scenari.

Metodologia dello scenario

10Lo scenario costituisce la cornice di senso entro la quale si possono collocare le differenti ipotesi di progetto. L’urbanistica, negli ultimi decenni, ci ha allenato al what if come strumento critico del progetto per rappresentare futuri potenziali, plausibili, auspicabili. La costruzione di scenari, di visioni e di immaginari ha una tradizione fertile: il cosa succederebbe se rispondesse alla necessità di visualizzare nel medio e lungo periodo, a partire dalla contemporaneità, scelte progettuali che hanno vivide ricadute nello spazio.

11La teorizzazione e lo sviluppo sistematico di scenari è un fenomeno relativamente recente. Gli studi strategici sul futuro sono nati in ambito militare negli anni Cinquanta del Novecento, nelle fasi iniziali della Guerra Fredda, quando emerse che nella nuova situazione le usuali tecniche di pianificazione non sarebbero state sufficienti. L’analisi di trend, il forecast, non bastava più. Serviva qualcosa che funzionasse più a lungo termine, poi chiamato foresight, capace di far vedere non solo la continuazione dei cambiamenti già in corso, ma anche le novità, le sorprese, gli imprevisti, i punti di rottura. Herman Kahn, uno dei padri fondatori degli Studi di futuro, parlava esplicitamente di una capacità di pensare l’impensabile thinking the unthinkable (Kahn, 1962). Quello che oggi è impensabile perché è totalmente diverso dalla nostra esperienza e dai nostri quadri mentali, domani sarà realtà. Se vediamo in anticipo quello che potrebbe succedere, possiamo provare a prepararci, sia per diminuirne gli eventuali impatti negativi, sia per poter accrescere gli effetti eventualmente positivi. Le intuizioni di Kahn sui vantaggi dell’uso degli scenari come strumenti di pianificazione strategica si estesero oltre le questioni militari e il pensiero di scenario iniziò a diffondersi nei diversi ambiti dalla politica all’economia e, dagli anni Settanta del Novecento, ha cominciato ad affermarsi nel dibattito internazionale attraverso i temi dei limiti dello sviluppo, dell’esaurimento delle risorse e della sicurezza del territorio.

Fig. 1

Fig. 1

Scenario normativo: infrastruttura per i combustibili alternativi sulla rete stradale TEN-T, con indicate le stazioni di ricarica elettrica (verde) e di idrogeno (bianche).

Fonte: elaborazione su dati della Commissione Europea.

Urbanizzazione dei 15 minuti nel Nord Est: uno scenario di adattamento attivo

12Il segmento di studio che analizza la filiera della mobilità prende avvio dalla costruzione dello scenario normativo per visualizzare l’entità della trasformazione richiesta dal territorio. In seguito, alla luce dell’imponenza del dispendio richiesto, elabora uno scenario parallelo di tipo adattivo-attivo.

13Scenario normativo: i numeri del Green Deal attribuiscono al settore dei trasporti il 25% delle emissioni climalteranti, riconoscendo al solo trasporto su ruota la responsabilità del 70% di quella quota. A contrasto dell’impatto, il Green Deal introduce una stretta sui limiti delle emissioni di auto e furgoni (COM/2021/556 final), incentivando il passaggio a fonti elettriche o all’idrogeno attraverso sgravi e attraverso la costruzione di apposite infrastrutture di ricarica o rifornimento (COM/2021/559 final). Tradotta in numeri effettivi del territorio, il Nord Est dovrà attrezzarsi di almeno una stazione di ricarica elettrica ogni 60 km e una di idrogeno ogni 200 km entro il 2025 per aumentare di numero negli anni successivi. Considerando le autostrade facenti parte della rete stradale transeuropea dei trasporti (TEN-T), si prevede la costruzione di 25 stazioni di ricarica elettrica, 7 stazioni di rifornimento di idrogeno e punti di rifornimento di metano liquefatto secondo le quantità previste dalla direttiva europea. Alla trasformazione del parco veicoli corrisponde inoltre la necessità di rottamare i 3,4 milioni di auto in circolazione nel territorio, per la maggior parte alimentate a benzina e gasolio. Un dispendio economico e un conseguente impatto ambientale importante.

Fig. 2

Fig. 2

Aree a 15 minuti dalle stazioni ferroviarie per densità di popolazione residente contrapposte alle e aree urbanizzate non coperte dalla mobilità ferroviaria.

14Scenario di adattamento attivo: la particolare configurazione urbana sparsa e diffusa del Nord Est, caratterizzata da un deposito strutturale minuto di strade e linee ferroviarie (Secchi, 2010) che nel tempo è divenuto il principale supporto nei processi di dispersione insediativa e dipendenza di massa dall’automobile, pensata all’inverso può rappresentare un supporto nella promozione di politiche di decrescita e adattamento. Ci sono più ragioni infatti per considerare la ferrovia regionale l’infrastruttura dalla quale partire per una revisione radicale del sistema della mobilità: energetiche, di razionalità dei trasporti, di significativa valorizzazione del capitale sociale e infrastrutturale costruito. In Veneto la strada ferrata è infatti l’infrastruttura che, un secolo prima dell’automobile, consentì la mobilità di cose e persone su un territorio vasto ed endemicamente disperso. Nell’infrastruttura ferroviaria si sono consolidate le prospettive e le aspettative sociali, economiche e di innovazione tecnologica di una rilevante stagione dello sviluppo del territorio italiano.

15Lo studio si è dunque concentrato sulla mobilità pubblica garantita dalla rete ferroviaria, assumendo le stazioni come centri di alta accessibilità rispetto al tessuto urbano circostante. A partire dalle stazioni ferroviarie esistenti, che nel caso studio si ipotizzano rafforzate e ben connesse tra loro dal servizio ferroviario locale, si è avviata la costruzione di uno scenario di comunità di un quarto dora individuando gli spazi che vi ruotano attorno con un sistema di mobilità dolce. Attraverso la mappatura di isocrone, che hanno per centro la stazione ferroviaria, sono state individuate le aree contenute entro una percorrenza massima di 15 minuti a piedi, in bicicletta e in bici a pedalata assistita.

16L’obiettivo è quello di individuare nuclei funzionalmente autonomi perché dotati di servizi di prossimità, all’interno del macro-paesaggio della città diffusa. Al proprio interno, la maggior parte dei nuclei può già oggi garantire un presidio sanitario coincidente con l’attuale farmacia locale da potenziare a livello medico e un punto di approvvigionamento alimentare. La sempre maggiore possibilità di lavorare in remoto rende questo scenario progressivamente più attuale (Parametri della strategia nazionale aree interne SNAI). Dall’elaborazione delle isocrone ottenute in ambiente GIS con i dati del Censimento della popolazione e delle abitazioni 2011 dell’ISTAT, nell’area individuata come ad alta accessibilità ferroviaria risiede il 63% della popolazione del Triveneto se si considera l’uso della bicicletta; si raggiunge il 70% con la bicicletta a pedalata assistita; il 22% considerando i soli spostamenti a piedi. La concentrazione edilizia, in virtù della storia stessa del territorio, rispecchia la distribuzione della popolazione e oltre il 50% delle abitazioni del Triveneto si trovano entro il raggio delle stazioni raggiungibili in bicicletta, il 18% a piedi.

17Lo scenario così individuato consente di ipotizzare un diverso impatto per le politiche europee del parco veicoli rispetto alle diverse aree del territorio. Nelle aree di alta accessibilità al trasporto ferroviario, si ipotizza di limitare il parco veicoli complessivo distinguendo tra i territori serviti dal treno e quelli scoperti.

Fig. 3

Fig. 3

Distribuzione del parco veicoli rispetto alle aree di accessibilità al treno in bicicletta.

Fonte: elaborazione su dati ACI.

18Il nuovo parco veicoli ipotizzato, calcolato sui dati 2022 (ACI, 2022), considera inalterato il numero di auto private rapportate alla popolazione che risiede nei territori che non hanno un’alta accessibilità alla rete ferroviaria, mentre per quelle ricadenti al suo interno si è stimato un fattore di riduzione del 50%.

19Alla popolazione residente che può facilmente accedere alla mobilità ferroviaria a piedi o in bici corrispondono rispettivamente 0,7 e 2,1 milioni di auto che potrebbero essere dimezzate con un passaggio alla mobilità pubblica. Le aree fuori dai territori ad alta accessibilità ferroviaria corrisponderebbero invece a circa 1 milione di veicoli ai quali possono essere più rapidamente applicate politiche per il passaggio all’elettrico o ai combustibili alternativi.

Conversione del comparto industriale in idrogeno: esempio di scenario normativo

20L’Italia si colloca al terzo posto come produttore di energie rinnovabili in Europa (rapporto Enel 2020). Alla scala del Triveneto, le rinnovabili rappresentano il 50% della produzione lorda di energia elettrica (Terna, 2022) e derivano principalmente dall’idroelettrico e dalla produzione fotovoltaica.

21L’avanzare della crisi climatica e la crescente incertezza geopolitica relativa alla distribuzione dell’energia e alla definizione del prezzo richiedono oggi con urgenza una strategia per il raggiungimento dell’indipendenza energetica e la transizione verso un sistema produttivo sostenibile soprattutto per quanto riguarda i settori hard-to-abate.

22A tale proposito, l’Unione Europea promuove tramite lo EU Green Deal un significativo aumento della produzione elettrica da fonti rinnovabili e favorisce – tramite l’Hydrogen Strategy – l’investimento sull’idrogeno come vettore per un uso efficace delle rinnovabili per sopperire all’intermittenza che le caratterizza.

23La ricerca si è dunque concentrata sulle conseguenze e sulle trasformazioni che queste spinte verso una maggior produzione di rinnovabili potrebbero comportare nel territorio del Triveneto, per l’uso diretto di elettricità che ne deriva o per la produzione di idrogeno verde.

24Lo studio incrocia le indicazioni del Green Deal contenute nel pacchetto RePowerEU (2022), l’Hydrogen Strategy con la ricezione italiana nella Strategia Nazionale per l’Idrogeno e la “Direttiva rinnovabili”. Ripercorrendo sinteticamente le strategie prese a riferimento. RePowerEU pone come obiettivo la copertura del 45% dell’energia lorda consumata con le rinnovabili entro il 2030; la Hydrogen Strategy favorisce lo sviluppo e la promozione del mercato e dell’infrastruttura per l’idrogeno (COM/2021/804). Obiettivo UE entro il 2030 è quello di produrre 10 mln di tonnellate di idrogeno rinnovabile con 40 gigawatt di capacità di elettrolisi grazie alle tecnologie per la produzione di idrogeno blu e verde. Nella declinazione italiana, la Strategia Nazionale per l’Idrogeno prevede alla scadenza del 2030 una penetrazione dell’idrogeno almeno del 2% nella domanda energetica finale, ed entro il 2050 prevede una penetrazione dell’idrogeno del 20%.

25Per spazializzare le conseguenze delle implementazioni di misure atte a raggiungere gli obiettivi proposti dalle strategie appena menzionate, è stato ipotizzato uno scenario energetico per il Nord Est. Per quanto riguarda l’idroelettrico, che a oggi predomina nel panorama delle rinnovabili del Triveneto, si immagina il mantenimento costante dell’attuale produzione. Non è stato previsto un aumento della produzione da idroelettrico, perché avrebbe un impatto negativo sugli habitat e sullo stato di salute dei corsi d’acqua. Considerato il contesto in cui si opera, caratterizzato da ridotta ventosità e con moniti circa la produzione da biomassa (per conflitti potenziali con la produzione agricola e per le emissioni di PM), immaginiamo che la nuova produzione da rinnovabili per il raggiungimento del 45% richiesto dallo EU Green Deal e richiesto per la produzione di idrogeno (verde) venga interamente coperta dalla produzione di energia elettrica tramite sistemi fotovoltaici. Dunque il lavoro si organizza in tre step progressivi: stima dell’energia elettrica da produrre da rinnovabili al 2030; stima della superficie necessaria per produrla tramite sistemi fotovoltaici; mappature delle superfici a disposizione in Triveneto per capire se la transizione sia possibile senza implicare ulteriore consumo di suolo.

26Per quantificare l’obiettivo di copertura del 45% dell’energia elettrica con fonti rinnovabili entro il 2030 richiesto dalla Direttiva europea sulle rinnovabili è stato in primo luogo necessario indagare la stima del futuro fabbisogno elettrico del Triveneto. In continuità con una tendenza già in atto, si prevede infatti una maggiore elettrificazione degli usi finali (Confindustria, 2023) che sono stati calcolati a partire dalla serie storica dei dati Terna dal 1931 al 2022 per le tre regioni in esame (Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto-Adige). La stima proietta dunque al 2030 lo stesso trend di crescita consumo avvenuto dal 1931 a oggi e prevede così il passaggio da un fabbisogno di energia elettrica di 46.906 GWh in Triveneto nel 2022 a 51.798 GWh per il 2030 (Terna, 2022a).

27Sulla proiezione finale al 2030 è stato dunque possibile calcolare la percentuale del 45% di energia da fonti rinnovabili richiesta, pari a 23.309 GWh.

Fig. 4

Fig. 4

Produzione e consumi di energia elettrica in Triveneto. Fonte: elaborazione su dati Terna.

28In parallelo, sulla proiezione dei consumi è stata applicata la percentuale del 2% di penetrazione dell’idrogeno sui consumi finali prevista dalla Strategia Nazionale per l’idrogeno ottenendo i GWh elettrici che copriranno l’obiettivo: 1.036 GWh entro il 2030.

29Il fabbisogno di energia elettrica “nuova” da produrre da rinnovabili per raggiungere gli obiettivi al 2030 è quindi la differenza tra la quota da raggiungere e l’energia elettrica già prodotta nel Triveneto da rinnovabili, costituita da 9.611 GWh da idroelettrico e 16.270 GWh da altre fonti rinnovabili (Terna, 2022b). A ciò aggiungiamo la quota necessaria per l’idrogeno verde (1.036 GWh). Il risultato mostra che l’energia da produrre tramite sistemi fotovoltaici in Triveneto a 2030 ammonta a 18.991 GWh.

30Sulla base della quantità di energia mancante è stata dunque calcolata la superficie necessaria per produrre rinnovabili per il raggiungimento del target del 45% previsto dallo EU Green Deal e per la produzione del 2% da idrogeno verde. Secondo il metodo illustrato in Zardo et al. (2024), l’equivalenza tra GWh elettrici e mq di fotovoltaico è stata calcolata considerando l’impiego di un pannello serie Sunpower E20 series con una superficie di 1,63 m2, l’utilizzo annuo, dato dal prodotto tra le ore medie di funzionamento di un impianto fotovoltaico in nord Italia (1073 ore), l’efficienza dell’impianto (0,22 x 0,84, celle per totale impianto) e un fattore dust (prudenziale). In estrema sintesi, la proporzione che ne deriva ipotizza la produzione di 3.327 GWh tramite 1m2 di superficie fotovoltaica.

31Ne risulta che in Triveneto entro il 2030 occorreranno 3.446.763 mq di fotovoltaico per la sola produzione di idrogeno verde e 63.185.473 mq per la produzione della restante energia elettrica (per il raggiungimento del 45%, sempre a 2030) .

Fig. 5

Fig. 5

Target di produzione di energia elettrica fissati dalla strategia dello EU Green Deal e contenuti nella Strategia Nazionale per l’Idrogeno e nella Direttiva europea sulle rinnovabili.

Fonte: elaborazione delle autrici su dati Terna.

Fig. 6

Fig. 6

Superfici costruite del Triveneto per tessuto e superfici disponibili per la potenziale installazione di fotovoltaico.

Fonte: elaborazione delle autrici sulla CLC Corine Land Cover aggiornata al 2018.

32Per individuare quali e quante superfici potrebbero essere destinate al fotovoltaico è stato infine incrociato l’edificato delle tre regioni con la Corine Land Cover aggiornata al 2018. Individuata la superficie di edificato corrispondente alle voci della copertura del suolo, è stata posta particolare attenzione a quelle ricadenti nel tessuto urbano discontinuo, in quello industriale, negli edifici destinati a sport e servizi e alle superfici autostradali, indicate come riferimento nella Strategia europea per l’energia solare (European Commission, Directorate-General for Energy, 2022). Gli edifici ricadenti nelle aree di tessuto denso, coincidenti con i centri storici, sono state esclusi in virtù dei vincoli paesaggistici che vietano l’installazione di pannelli fotovoltaici. Alla superficie complessiva dei restanti edifici è stato invece applicato un fattore di riduzione del 25% (Zardo et al., 2024), per considerare il grado di utilizzabilità medio dei tetti a falde.

33Ne emerge che i 66 milioni circa di mq complessivi richiesti sono già disponibili se si pensa a un impiego di tetti e aree già impermeabili nel Triveneto. Le sole coperture presenti nel tessuto urbano discontinuo sarebbero sufficienti al raggiungimento della quota di rinnovabili al 2030 mentre le superfici degli edifici in aree industriali coprirebbero la produzione di idrogeno verde anche per la successiva scadenza del 2050. La conclusione è che si possono coprire i nuovi fabbisogni di produzione di rinnovabili senza costruire impianti a terra e dunque senza sottrarre superfici utili ad altri usi.

Fig. 7

Fig. 7

Superfici necessarie per l’installazione del fotovoltaico in Triveneto in prospettiva 2030 solo per l’idrogeno.

34I risultati ottenuti consentono di elaborare un nuovo scenario territoriale per la produzione energetica. La metodologia è sintetica e non vuole proporre un approccio valutativo, presenta infatti semplificazioni importanti in termini di conversione di energia da fotovoltaico a idrogeno, ad esempio. Inoltre, non sono qui presi in esame temi fondamentali per il funzionamento del sistema, quale la messa a punto di batterie e dispositivi per lo storage e l’aggiornamento della rete per far fronte ai nuovi picchi di energia che la produzione decentralizzata da fonti rinnovabili comporta. Nonostante queste semplificazioni, lo studio mette in luce una considerazione delle politiche e dei target messi a punto a livello europeo e nazionale e uno scenario preliminare di ciò che la spazializzazione di tali target può significare per il territorio. In particolare, lo scopo dello scenario normativo, qui, è quello di quantificare e visualizzare la significativa produzione di dispositivi richiesta dalle direttive europee per la generazione di energia rinnovabile mostrando, indirettamente, come questo indirizzo possa potenzialmente trasfigurare e compromettere il territorio, per esempio attraverso l’esteso uso di agrivoltaico, se non si progetta di volta in volta l’atterraggio della transizione nelle specificità di ogni territorio.

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Bibliography

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List of illustrations

Title Fig. 1
Caption Scenario normativo: infrastruttura per i combustibili alternativi sulla rete stradale TEN-T, con indicate le stazioni di ricarica elettrica (verde) e di idrogeno (bianche).
Credits Fonte: elaborazione su dati della Commissione Europea.
URL http://journals.openedition.org/ardeth/docannexe/image/4417/img-1.jpg
File image/jpeg, 744k
Title Fig. 2
Caption Aree a 15 minuti dalle stazioni ferroviarie per densità di popolazione residente contrapposte alle e aree urbanizzate non coperte dalla mobilità ferroviaria.
URL http://journals.openedition.org/ardeth/docannexe/image/4417/img-2.jpg
File image/jpeg, 765k
Title Fig. 3
Caption Distribuzione del parco veicoli rispetto alle aree di accessibilità al treno in bicicletta.
Credits Fonte: elaborazione su dati ACI.
URL http://journals.openedition.org/ardeth/docannexe/image/4417/img-3.jpg
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Title Fig. 4
Caption Produzione e consumi di energia elettrica in Triveneto. Fonte: elaborazione su dati Terna.
URL http://journals.openedition.org/ardeth/docannexe/image/4417/img-4.jpg
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Title Fig. 5
Caption Target di produzione di energia elettrica fissati dalla strategia dello EU Green Deal e contenuti nella Strategia Nazionale per l’Idrogeno e nella Direttiva europea sulle rinnovabili.
Credits Fonte: elaborazione delle autrici su dati Terna.
URL http://journals.openedition.org/ardeth/docannexe/image/4417/img-5.jpg
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Title Fig. 6
Caption Superfici costruite del Triveneto per tessuto e superfici disponibili per la potenziale installazione di fotovoltaico.
Credits Fonte: elaborazione delle autrici sulla CLC Corine Land Cover aggiornata al 2018.
URL http://journals.openedition.org/ardeth/docannexe/image/4417/img-6.jpg
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Title Fig. 7
Caption Superfici necessarie per l’installazione del fotovoltaico in Triveneto in prospettiva 2030 solo per l’idrogeno.
URL http://journals.openedition.org/ardeth/docannexe/image/4417/img-7.jpg
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References

Bibliographical reference

Lorenzo Fabian, Susanna Pisciella and Chiara Semenzin, “Neutralità del paesaggio costruito del Nord Est, due ipotesi a confronto”Ardeth, 13 | 2023, 177-193.

Electronic reference

Lorenzo Fabian, Susanna Pisciella and Chiara Semenzin, “Neutralità del paesaggio costruito del Nord Est, due ipotesi a confronto”Ardeth [Online], 13 | 2023, Online since 01 December 2024, connection on 12 November 2025. URL: http://journals.openedition.org/ardeth/4417

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About the authors

Lorenzo Fabian

Università IUAV – lfabian [at] iuav [dot] it

Susanna Pisciella

Università IUAV – pisciella [at] iuav [dot] it

Chiara Semenzin

Università IUAV – csemenzin [at] iuav [dot] it

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