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PAPELES Y FUNCIONES DE LA IMAGEN RELIGIOSA

La promozione agiografica di san Domenico in Calabria attraverso l’uso della pittura: i casi di Soriano e Taverna (secc. XVI-XVII)

The hagiographic promotion of St. Dominic in Calabria through the use of painting: the cases of Soriano and Taverna (16th-17th centuries)
La promotion hagiographique de saint Dominique en Calabre à travers l’utilisation de la peinture : les cas de Soriano et Taverna (XVIe-XVIIe siècles)
Massimo Bidotti

Résumés

L'arrivée des frères dominicains a marqué un profond changement dans l'organisation religieuse, sociale et culturelle de la Calabre. Si leur présence remonte au XIIIe siècle, ce n'est cependant qu'au XVIe siècle, dans le cadre de la Contre-Réforme, que l'ordre s'implante largement dans la région. Dans ce contexte, le culte de l'image miraculeuse de saint Dominique à Soriano Calabro (Vibo Valentia) doit être encadré. Celui-ci, à partir de 1530, traversera les frontières du territoire régional, s’étendant à de nombreuses autres régions d'Europe, faisant de la localité de la région de Vibo Valentia une destination pour de nombreux pèlerinages. Par la suite, au milieu du XVIIe siècle, une production picturale riche et particulière dédiée à saint Dominique est réalisée à Taverna (Catanzaro) dans l'église du couvent attenant, où aujourd'hui encore l’on peut admirer les œuvres de l'un des plus grands représentants du baroque italien, Mattia Preti. Les deux cas cités démontrent une habile utilisation du message iconographique par l'ordre dominicain à la fois pour promouvoir la mémoire de leur saint fondateur et pour affirmer sa présence et son activité dans les territoires où ils se sont installés.

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Texte intégral

  • 1 Cf. Antonino BASILE, «Apparizioni prodigiose e istituzioni di santuari nelle tradizioni popolari ca (...)
  • 2 Id., «Credenze sulla prodigiosa sensibilità delle immagini sacre», in Ibid., p. 279-281.

1Nella pietà popolare calabrese ci si imbatte spesso in apparizioni prodigiose di immagini sacre. Nella maggior parte dei casi tali quadri, icone o affreschi sono protagonisti di leggende sull’origine di determinati culti e la conseguente istituzione di santuari in ben precisi luoghi1. Sebbene in questi racconti vi siano riferimenti a epoche e pratiche devozionali molto diverse tra loro, quasi sempre si possono riscontrare due caratteristiche costanti. La prima è che il quadro miracoloso non intende spostarsi per alcuna ragione dal luogo prescelto e quindi vi ritorna, perché è in quel posto e non altrove che deve essere fondata la chiesa, il monastero o il santuario che accoglierà e rappresenterà il centro di irradiazione del culto. La seconda peculiarità consiste nel fatto che il personaggio sacro raffigurato, santo o Madonna che sia, compare in visione o in sogno al fedele o ai fedeli prescelti, fornendo istruzioni per fondare il santuario2.

  • 3 Sulla centralità del luogo nel racconto agiografico cf. Michel de CERTEAU, «Hagiographie», in Encyc (...)
  • 4 Eric PALAZZO, L’invenzione cristiana dei cinque sensi nella liturgia e nell’arte medievale, Napoli, (...)

2I racconti in questione sono perciò accomunati da un lato dalla centralità e, per così dire, inesorabilità del luogo prescelto3, che non può mutare per alcuna ragione, e dall’altro lato dal ruolo preponderante che riveste la dimensione visiva rispetto ad altri sensi, quali l’udito, il tatto o l’olfatto, aspetti sensoriali che pure non mancano in altri contesti leggendari e agiografici4.

  • 5 È bene evidenziare che gli esempi riportati di culto a immagini mariane fanno riferimento a devozio (...)

3Vale la pena offrire una rapida carrellata di tali culti per fornire esempi concreti di quanto detto e per meglio inquadrare il discorso, più analitico, che sarà poi riservato al culto di san Domenico in Calabria, principale oggetto d’attenzione del presente studio. La disamina sarà per forza di cose molto rapida ed essenziale e partirà dalla figura sacra maggiormente rappresentata, ossia la Madonna5.

  • 6 Rossella DI BARTOLO, La Madonna di Capocolonna. Luoghi e forme della devozione mariana a Crotone, C (...)
  • 7 Vincenzo NAPOLILLO, Storia e fede a Cosenza: la Madonna del Pilerio, Cosenza, Santelli, 2002.
  • 8 Antonella FLACHI, Pentedattilo. Storie di vita tra passato e presente, Reggio Calabria, Città del S (...)
  • 9 Ercole LACAVA, La Madonna di Porto Salvo in Melito. Storia e fede, Reggio Calabria, Calabria Press, (...)

4Nella città di Crotone gode di particolare venerazione l’icona della Madonna di Capocolonna6. Secondo la tradizione popolare tale opera pittorica venne portata a Crotone da san Dionigi dopo essere stata realizzata da san Luca evangelista. L’unico dato certo è che il dipinto risale al X-XI secolo ed è in stile siriano-bizantino. I miracoli compiuti dal quadro si legano in ogni caso alla storia della città, in avvenimenti ben datati nel corso dei secoli. Così, per esempio, il 1 giugno 1569 i Turchi sbarcano a Crotone e il dipinto cade nelle loro mani. I tentativi da questi compiuti, come bruciarlo o impossessarsene, falliscono miseramente per le proprietà taumaturgiche dell’opera d’arte, che di volta in volta si salva dalla distruzione o dal furto ad opera degli infedeli. Se a Crotone viene venerata la Madonna di Capocolonna, a Cosenza la devozione popolare è fortissima verso un’icona di stile bizantino databile al XII-XIII secolo, che raffigura la Madonna del Pilerio, patrona della città, celebrata con grande sfarzo il 12 febbraio di ogni anno. Secondo la memoria locale, l’icona medievale avrebbe salvato la città dalla peste nel ‘500 e anche dal terremoto nel 18547. Spostandoci nella provincia di Reggio Calabria, nella cittadina di Melito Portosalvo, in una chiesa campestre viene venerato un quadro che, sulla scorta del racconto popolare, sarebbe giunto dal paese limitrofo di Pentedattilo, oggi ridotto a un borgo fantasma abbandonato8: il quadro si sarebbe ogni volta spostato nella chiesetta appartenente al territorio di Melito e tutti i tentativi di riportarlo alla sua collocazione originaria sarebbero falliti. Un segno inequivocabile per la devozione popolare che esattamente in quel luogo si sarebbe dovuto costruire il santuario della Madonna di Portosalvo9.

  • 10 Aurelio SORRENTINO, La Madonna della Consolazione, Patrona di Reggio Calabria, Reggio Calabria, Lar (...)

5Una tradizione analoga si riscontra anche per la Madonna della Consolazione di Reggio Calabria10. Il dipinto – stando alla narrazione popolare locale – venne trovato da un contadino nel luogo dove poi sarebbe sorto il santuario. Trasportata ripetutamente nella cattedrale della città, l’immagine riappare tutte le volte miracolosamente ed inspiegabilmente proprio dove è stata rinvenuta, fino a quando non si decide di costruirvi l’eremo dedicato.

  • 11 Giuseppe FAZIO, Il Santuario della Vergine delle Grazie in Conflenti. Storia, culto, documenti, Rom (...)

6Una delle leggende più suggestive è quella legata alla Madonna della Quercia di Conflenti, un piccolo paese della provincia di Catanzaro11. Si narra che nel 1578 un giovane pastore riceve la visione della madre di Dio collocata su una quercia. La Madonna ordina al pastore di avvisare il parroco e il sindaco che in quel luogo, esattamente dove sorgeva una grossa quercia, in una località denominata Visora, venga costruita una chiesa in suo onore. All’inizio non si dà credito al racconto del mandriano. Tuttavia, dopo altre visioni e altri miracoli e dopo aver provveduto a tagliare la quercia e a collocarvi sul tronco un altare, si comincia a edificare il santuario su volere del vescovo e, a lavoro quasi ultimato, in data 9 luglio 1581, si rinviene il Quadro Divino, un’immagine della Madonna, su tela, dipinta da mano angelica. Tale quadro oggi è conservato sull’altare della chiesa che a sua volta poggia sul tronco della quercia su cui sarebbe apparsa la Madonna.

  • 12 Rispetto al medioevo, dove il luogo sacro è reso tale dalla presenza di un corpo santo o di una rel (...)
  • 13 Pasquale VALLONE, I santi medici di Brattirò (VV), San Nicolò di Ricadi, Thoth, 2014.
  • 14 Massimo BIDOTTI, «Il culto in Calabria di Gregorio il Taumaturgo tra religiosità colta e devozione (...)

7I racconti fin qui presentati – che costituiscono solo una ridottissima parte dei numerosi che si potrebbero citare – hanno per protagonista nella maggior parte dei casi la Vergine Maria, ma non mancano narrazioni che riguardano immagini di santi12. In particolare due storie appaiono in questa sede degne di menzione. A Brattirò, frazione del comune di Drapia, in provincia di Vibo Valentia, è grande la devozione verso un quadro, collocato in una chiesa-oratorio di campagna, che riproduce i due martiri anargiri Cosma e Damiano13. Narra la gente del posto che il quadro, portato ogni volta nella chiesa matrice di Drapia, si facesse ritrovare ogni volta nella chiesetta campestre. Altrettanto avvincente e ricca di colpi di scena è la tradizione popolare relativa al quadro di san Gregorio il Taumaturgo venerato come patrono a Laureana di Borrello, un comune della provincia di Reggio Calabria14. Anche in questo caso l’immagine sacra elegge come propria e unica destinazione una piccola cittadina del Tirreno calabrese, rifiutando addirittura di rimanere nella più popolosa e ricca città di Messina, residenza del pittore cui gli abitanti di Laureana avevano commissionato l’opera.

  • 15 Basti pensare, per fare un esempio, alla diocesi di Bova che abbandonò il rito liturgico bizantino (...)
  • 16 Sul tema della santità nel Sud Italia in epoca moderna si rimanda ai saggi fondamentali di Jean-Mic (...)

8Come detto, gli esempi si potrebbero moltiplicare, ma ci limitiamo a richiamare solo alcune di queste tradizioni per fornire un quadro di insieme che sia utile a comprendere il milieu antropologico, culturale e religioso in cui si inserisce la tradizione del quadro di Soriano così come la promozione del culto di san Domenico a Taverna. La fortuna del culto delle immagini nella regione, specie per quanto riguarda la devozione a Maria, potrebbe trovare una spiegazione nel fatto che la religiosità cristiana calabrese è stata segnata profondamente dal dominio bizantino, non solo sul piano politico, ma anche su quello ecclesiastico e culturale, un dominio durato molto a lungo e a volte protrattosi anche in piena epoca moderna15. In Calabria giunsero a partire dall’VIII secolo monaci iconoduli che scappavano dalle persecuzioni iconoclaste di Leone III Isaurico. Costoro promuovevano il culto delle immagini sacre e ciò ha pertanto segnato la religiosità calabrese in maniera profonda. Non appare in fondo così peregrino pensare che l’iconodulia bizantina possa rappresentare una sorta di sostrato culturale e antropologico entro cui va inquadrato anche il culto del quadro miracoloso di san Domenico a Soriano, la cui tradizione presenta molte affinità con le storie che sono state rapidamente ricordate. Non va poi trascurato che i fenomeni cultuali che verranno esaminati in questo contributo devono essere letti alla luce delle acquisizioni più importanti della recente storiografia sulla santità meridionale, cui si rimanda per un loro corretto inquadramento16. In questa sede, assai più modestamente, mi limiterò a descrivere due specifiche tradizioni locali del culto di san Domenico e, in particolare, tenterò di delineare la differente promozione agiografica che in tali due distinte realtà, Soriano e Taverna, sono state assegnate alla venerazione del nostro santo attraverso la rappresentazione pittorica. La devozione per san Domenico in Calabria va tuttavia collocata all’interno dei principali avvenimenti che portarono all’arrivo e alla progressiva diffusione dell’ordine dei predicatori nella regione e, in particolare, nel territorio della provincia di Vibo e di Catanzaro.

  • 17 Carlo LONGO, «I Domenicani», Almanacco della Calabria, II, 1992, p. 243. Fa eccezione la notizia de (...)

9Una diffusione capillare dei domenicani in territorio calabrese si riscontra solo a partire dal XV secolo. Come sottolineato da Carlo Longo, la Calabria del XIII e del XIV secolo, non ha le condizioni per ospitare i frati predicatori17. Da un lato, infatti, la Calabria, regione fortemente caratterizzata da un’economia pastorale e agricola e da tanti piccoli e medi insediamenti sparsi nel suo territorio, non dispone di grandi città mercantili e universitarie. Dall’altro lato non si può negare il ruolo ancora preponderante svolto dalla religiosità bizantina e soprattutto dalla presenza di una fitta rete di monasteri greci, specie nella Calabria meridionale che, almeno fino alla pressante latinizzazione che ne causa la decadenza a partire dal XIV e XV secolo, svolgono in effetti un’azione di ‘disturbo’ per la stabilizzazione di tutta una serie di nuovi ordini.

  • 18 Foca ACCETTA, «Insediamenti e strategie dell’ordine domenicano in Calabria (secc. XV-XIX)», Rivista (...)

10Nella fase iniziale del loro insediamento, nel XV secolo, i domenicani fondano i loro monasteri nelle vicinanze o direttamente all’interno dei centri di rilevanza ecclesiastica e delle principali città, come Catanzaro, Squillace, Altomonte, Cosenza, Crotone, Bisignano, Tropea, Santa Severina e Nicastro, quasi sempre grazie all’appoggio delle aristocrazie locali. In una seconda fase, invece, lungo il corso del Cinquecento, si assiste a una diffusione capillare degli insediamenti domenicani nei centri minori e lungo le periferie dei centri abitati più popolosi18.

  • 19 Cf. Giuseppe RUSSO, «Alle origini dell’Ordine domenicano dell’Osservanza in Calabria. Alcuni sconos (...)

11La fondazione domenicana di Catanzaro risalente al 1401 è la prima in Calabria e le successive fondazioni di Taverna (1464) e Soriano (1510) dipendono direttamente dall’azione di diffusione dei predicatori di Catanzaro. Nello specifico la fondazione del monastero di Taverna fu opera di frate Paolo da Mileto nel 1464, come risulta dalla Bolla di fondazione di papa Paolo II, datata al 4 gennaio di quell’anno. Il convento di Taverna è da considerarsi perciò come una delle prime fondazioni domenicane della Calabria. In tale ambito svolse un ruolo fondamentale il citato frate Paolo da Mileto, uno dei principali promotori della riforma religiosa dei conventi domenicani nel Regno di Napoli. Per le sue virtù religiose e per il grande impegno profuso nella fondazione dei primi monasteri in Calabria, frate Paolo da Mileto fu presto nominato Vicario generale della Congregazione riformata, separata nel 1445 da quella di Napoli, di cui ne divenne provinciale19. Solo in un periodo molto più tardo, in pieno Seicento, si assiste alla promozione attraverso le arti figurative del culto di san Domenico a Taverna, come meglio si vedrà nel prosieguo del presente articolo.

  • 20 Per notizie più dettagliate sulla storia del monastero di Soriano cf. M. PANARELLO, La “santa casa” (...)

12La fondazione del monastero di Soriano si collega alla seconda fase della presenza dei domenicani in Calabria. Sfuggono le esatte dinamiche che portarono alla creazione del monastero di Soriano, perché la documentazione in nostro possesso è carente20. Tuttavia, già alle sue origini, la fondazione domenicana di Soriano è collegata alla leggenda del quadro e ad altri racconti miracolosi. Tale tradizione si diffonderà oltre il territorio sorianese tuttavia solo a partire dal Seicento per effetto di un’attività di promozione del culto fortemente voluta dalle più alte gerarchie domenicane.

  • 21 Antonino BARILARO, San Domenico in Soriano, Soriano Calabro, Santuario di San Domenico, 1969, p. 15 (...)

13Secondo il racconto popolare, padre Vincenzo da Catanzaro, frate nel monastero domenicano della città oggi capoluogo calabrese e forse discepolo di padre Paolo da Mileto, nel 1510 sogna san Domenico che gli ordina di costruire un monastero per Soriano. Stando alla narrazione, il frate attende altre tre visioni del santo patriarca prima di compiere il viaggio a Soriano. Da Catanzaro padre Vincenzo si incammina così per Soriano dove arriva dopo alcuni giorni di viaggio. Quando vi giunge, i maggiorenti del posto da tempo discutevano l’opportunità di fondare un convento di religiosi. Dapprima si rivolgono ai francescani, i quali possiedono un convento nella vicina Arena, ma i francescani rifiutano l’offerta. L’arrivo di padre Vincenzo viene pertanto considerato provvidenziale dai notabili di Soriano che decidono all’unanimità di consentire nel loro territorio la creazione di un convento di domenicani. Nell’attesa di costruire una chiesa e un convento, a padre Vincenzo e ai suoi compagni viene offerta una piccola abitazione, attigua a una piccola cappella intitolata all’Annunziata. Tale cappella si trova fuori dal paese. Nel volgere di breve tempo i frati domenicani hanno la possibilità di iniziare la costruzione della chiesa e del convento in un ampio terreno messo a disposizione dagli abitanti di Soriano. Viene piantata una grossa croce sul luogo del futuro edificio. Al mattino seguente, con sorpresa di tutti, tale croce viene ritrovata presso la cappella dell’Annunziata. Nonostante altri tentativi di riportare la croce nel luogo prescelto per la costruzione del monastero, la croce ogni volta torna nei pressi della cappelletta. Si capisce allora che la volontà divina dispone che il luogo in cui sarebbe dovuta sorgere la chiesa e l’annesso convento intitolato a San Domenico è il pezzo di terreno nei pressi della cappella dell’Annunziata e lì iniziano finalmente i lavori, accompagnati da altri straordinari prodigi. Si costruisce la chiesa e il convento che sono retti da padre Vincenzo fino a tarda età, quando il frate torna a Catanzaro, dove poco tempo dopo muore. A padre Vincenzo succede padre Domenico Galiano da Soriano. Assieme a quest’ultimo fanno parte della comunità sorianese padre Stefano Natale da Soriano, padre Tommaso da Gerocarne, il fratello laico fra Lorenzo da Grotteria e il piccolo postulante Natale Sorbilli da Pungadi21.

14Depurando il racconto dagli elementi leggendari e dai miracoli narrati, è possibile ricavare alcune conclusioni abbastanza sicure sulla fondazione monastica di Soriano. Essa è certamente voluta e organizzata dai predicatori di Catanzaro, nonché appoggiata dall’Università di Soriano che offre terreni e aiuti economici per la realizzazione dell’impresa. La fondazione si colloca pertanto nella seconda fase della diffusione dell’ordine domenicano in Calabria ed è il frutto di una convergenza di interessi tra la popolazione, chi reggeva il territorio di Soriano (che rappresenta il potere laico) e la congregazione domenicana di Catanzaro (che rappresenta il potere religioso).

15La comparsa del quadro miracoloso di san Domenico avviene nella notte tra il 14 e il 15 settembre 1530, vent’anni dopo, pertanto, rispetto al racconto della fondazione del monastero risalente, come si è appena visto, al 1510. Durante quella notte di fine estate, stando alla narrazione così come tramandata dalle fonti successive, tutte risalenti al Seicento, di fra Lorenzo da Grotteria:

  • 22 Ibid., p. 18.

era sceso in chiesa per preparare l’occorrente per la recita del mattutino. Proprio nell’atto di accendere le candele dell’altare maggiore, si accorge, al loro tenue chiarore, della presenza di tre nobili signore. […] La più veneranda delle tre dame […] gli si accosta e gli chiede: «A chi è dedicata questa chiesa?» – «A San Domenico» – risponde sempre incerto e sospettoso Fra Lorenzo. «Avete – riprende la dama – qualche immagine del Santo?» «Non abbiamo che quella» – e il frate accenna a un rozzo affresco dell’abside. […] La matrona consegna al frate un rotolo e scompare insieme con le compagne nella penombra della navata. Fra Lorenzo corre dal superiore per raccontare a riferire il fatto e a consegnare l’involto22.

  • 23 Ibid.

16Il plico viene aperto da padre Galiano: si tratta di una bella immagine di san Domenico. Sorpresi dal dono, i religiosi si recano di nuovo in chiesa per ringraziare le tre donne, ma non trovano nessuno. La notte successiva appare, mentre è in preghiera, a uno dei frati della comunità di Soriano santa Caterina martire, la quale gli rivela che le tre donne viste da frate Lorenzo da Grotteria sono la vergine Maria, santa Maria Maddalena e lei stessa23. Da quel momento il quadro, che viene prontamente esposto dai frati alla devozione dei fedeli, inizia a produrre straordinari miracoli.

  • 24 Ibid., p. 9-12.
  • 25 Antonino LEMBO, Croniche del Convento di S. Domenico in Soriano, Messina, Stamperia di Vincenzo d’A (...)

17La promozione e la diffusione del culto si hanno tuttavia solo a partire dal Seicento grazie all’interessamento del Maestro Generale dei domenicani, padre Agostino Galamini. Un evento che favorisce la diffusione del culto del quadro di san Domenico oltre la realtà locale di Soriano e dintorni è rappresentato dalla visita che padre Galamini e altri alti rappresentanti dell’ordine compiono il 6 marzo 1609 a Soriano. Dinnanzi ai miracoli e ai fatti straordinari avvenuti a Soriano il Maestro Generale ordina un’inchiesta ufficiale24. Vengono convocati diversi testimoni, a quasi ottant’anni dagli eventi, e in particolare viene attentamente ascoltato don Natale Sorbilli, nativo di Pungadi, «il quale – come scrive padre Antonino Lembo – essendo stato terzino in Soriano alli servizi di quei pochi Frati più di dieci anni, si trovò allora presente al fatto», riferendo che gli «gli apparve la notte seguente il Patriarca S. Domenico, e lo riprese, imponendogli che quanto prima fosse andato a deporre quanto di verità sapeva della sua Immagine»25.

  • 26 A. BARILARO, San Domenico , op. cit., p. 55-63.

18Padre Galamini raccoglie questa e altre testimonianze. Prima di lasciare Soriano dispone che siano registrate da speciali segretari tutte le grazie operate per intercessione del quadro di San Domenico. Si deve pertanto allo zelo e all’interesse di padre Galamini se la devozione di san Domenico di Soriano varca i confini d’Italia e si diffonde rapidamente in molte aree del mondo cattolico. Le alte gerarchie domenicane che succedono a padre Galamini nei decenni successivi confermano e rafforzano con i loro provvedimenti il culto del quadro di Soriano26.

  • 27 Oltre alla già citata opera di padre Antonino Lembo, bisogna citare anche Silvestro FRANGIPANE, Rac (...)

19Parallelamente, sempre a partire dal Seicento, si sviluppa una ricca produzione a stampa che favorisce ulteriormente la diffusione e la conoscenza del culto di san Domenico27. È sempre nel XVII secolo che il culto del quadro di san Domenico viene promosso anche dal potere politico e laico. I fedeli del Regno di Napoli desiderano averlo quale loro protettore. Padre Lembo scrive al proposito:

  • 28 A. LEMBO, op. cit., p. 83.

quindi con l’occasione di un Parlamento generale di tutto il Baronaggio, essendo Vicerè il Signor Don Emanule Fonseca y Zunica, Conte di Monterey, e Sindico il Signor Giovan Vincenzo Strambone, Duca di Salza, fu determinato che si riceva il gran Patriarca S. Domenico per Protettore della Città e Regno di Napoli; ma perché si interposero alcune difficoltà non si potè per allora mettere in esecuzione fino all’anno 1640 (vd. p. 67 n. 1). E in effetti fu in quest’ultimo anno che la proposta di proclamare san Domenico protettore del Regno venne ripresa, quando era viceré don Ramiro Gusmano, Duca di Medina. Monsignor Giovan Battista Falese, Vescovo di Motola, nominato Procuratore Generale, conferitosi in Roma, sotto la guida e favore del Signor Cardinale Antonio Barberini, Protettore della Religione Domenicana, supplicò la Sacra Congregazione de’ Riti e la Santità di Nostro Signore Papa Urbano VIII, che volessero confermare la detta elezione, e concedessero per Padrone e Protettore della Città e Regno di Napoli il glorioso Patriarca S. Domenico; quali per la loro benignità condiscesero alla dimanda, in modo che uscì dalla Sacra Congregazione il Decreto favorevole, e fu subito per Breve confermato dalla Santità di Urbano VIII28.

  • 29 Ivana ČAPETA RAKIĆ, «La visione del frate Domenicano Lorenzo dalla Grotteria e gli echi dell’iconog (...)
  • 30 Da questo punto di vista particolare importanza assume la ricostruzione in grande stile del convent (...)
  • 31 Per l’influenza che sul piano artistico ha avuto l’opera di Mattia Preti sulla pittura napoletana c (...)

20Questi provvedimenti facilitano la diffusione del culto del quadro di san Domenico di Soriano oltre il territorio calabrese, che giunge così in tantissime località non solo d’Italia, ma d’Europa e del mondo, favorito senza ombra di dubbio dalle numerose copie che vengono realizzate del dipinto29. Il culto di san Domenico vive quindi nel Seicento una particolare fioritura grazie alla tradizione di Soriano e incoraggia committenze di importanti lavori artistici30, aventi a tema iconografico non solo la leggenda sorianese, ma anche altri aspetti dell’agiografia del fondatore dei predicatori. Esemplare da questo punto di vista è quanto accade a Taverna, in provincia di Catanzaro, dove esisteva da tempo un convento domenicano e dove uno dei più grandi pittori del Barocco italiano, Mattia Preti, dedica nella chiesa del convento una serie di importanti opere pittoriche a san Domenico31.

21Come osservato in precedenza, la fondazione a Taverna del cenobio dei domenicani risale all’opera di fra Paola da Mileto nel 1464. La prima chiesa è costruita in tufo e subisce gravissimi danni con il terremoto del 1662. A partire dal 1668 cominciano i lavori di ricostruzione della chiesa che terminano nel 1680. Ed è dopo questa data che Mattia Preti, nativo del paese della Sila catanzarese, offre il suo contributo con il progetto del ciclo di affreschi raffiguranti storie della vita di san Domenico, affreschi che vengono concretamente realizzati da artisti minori. Tale ciclo pittorico viene concluso nel 1693. Ancora oggi lo si può ammirare nella zona absidale e sopra le arcate della navata centrale.

22Appartiene invece a Preti l’enorme pala nota come Cristo fulminante o Visione di san Domenico, una delle opere più celebri del cavaliere calabrese. Mattia Preti realizza quest’opera durante il suo soggiorno a La Valletta, inviandola al suo paese natale nel 1680. Nella pala si può osservare Cristo, Re del Cielo, su un trono di nuvole, che impugna un fulmine con cui si prepara a colpire la terra peccatrice. A suo lato, la Vergine Maria e san Domenico, inginocchiato sotto di lui, implorano pietà. San Domenico è identificato dai suoi attributi: la regola dell’ordine, i gigli che simboleggiano la purità e il cane (domini canes) che porta una fiaccola ardente.

23Le fonti agiografiche e iconografiche domenicane alla base di questa opera non sono state ancora con chiarezza individuate. Tuttavia un passaggio della Vita dell’Inclito e Santissimo Domenico Patriarca del Sacro Ordine de Predicatori, composta da monsignor Francesco Diacceto e pubblicato a Firenze nel 1572 sembra perfettamente descrivere l’episodio raffigurato da Mattia Preti. Lo si riporta per esteso di seguito:

  • 32 Francesco DIACCETO, Vita dell’Inclito et Santissimo Domenico Patriarca del Sagro Ordine de Predicat (...)

Et tra l’altre consolazioni che gli ottenne dalla gloriosa Vergine fu che la gli apparve più volte, et lo fece godere di mirabili visioni, come intervenne nell’alma città di Roma nel Pontificato di Papa Honorio III, trovandosi egli ancora appresso alla Corte per impetrare da sua Beatitudine la confermazione dell’ordine che gli haveva instituito, come si è detto sopra. Dove orando vedde miracolosamente il figliuolo d’IDDIO tutto irato, et armato la mano di tre lancie surgere dalla destra del padre per isconfondere i peccatori della terra: et disperdere tutti quelli che superbamente adoperavano, trapassare le viscere degli avari, et finalmente trafigger’ coloro che intentamente seguivano le concupiscenze, et opere della carne, alla cui ira non potendo resistere alcuno, vedde la Regina, et madre delle misericordie correre subito a supplicare il figliuolo, che temperando la giustizia con la misericordia si degnasse perdonare a quelli che pure egli stesso eziandio col proprio sangue haveva ricomperati. Al quale poi che mostro hebbe che la sua giustizia non poteva più comportar’ piu l’infinite ingiurie, et onte che ad ogni punto in ogni luogo gli erano fatte, ne lasciare impuniti molti misfatti, et iniquità, fu da lei replicato che si come egli, a cui tutte le cose sono conte, et manifeste, sapeva chiaramente, i popoli si erano di corto per convertire, et ritornare a lui Salvatore mediante due suoi fidatissimi servi DOMENICO, et FRANCESCO mostratili da lei. I quali amendue furono dal Rè della gloria laudati; et per tale intercessione placò l’ira conceputa32.

  • 33 John Thomas SPIKE, Mattia e Gregorio Preti a Taverna: catalogo completo delle opere, Firenze, Centr (...)

24Lo stesso tema iconografico presente in questo racconto della visione si trova in un grande affresco dipinto, nel 1620, da Bernardo Strozzi, nel coro di san Domenico a Genova e andato distrutto nel 1821, ma ricordato in un bozzetto autografo33. Rispetto allo Strozzi e soprattutto rispetto al racconto agiografico citato, Mattia Preti si muove in maniera piuttosto originale, perché nella sua narrazione pittorica non compare la figura di san Francesco d’Assisi.

  • 34 Giuseppe COSENTINO, La storia della salvezza nei dipinti di Mattia Preti, Soveria Mannelli, Calabri (...)

25Alcuni studiosi ritengono che Mattia Preti nel suo quadro si sia ispirato anche a una tradizione locale, secondo cui Cristo adirato e munito di fulmini sarebbe apparso in visione a due contadini di Taverna34.

26Quanto descritto finora rappresenta due diverse modalità con cui in Calabria si è manifestata la devozione verso immagini raffiguranti san Domenico, una devozione promossa dallo stesso ordine dei predicatori. In entrambi i casi si hanno di fronte due culti locali. Nel caso del quadro di Soriano si tratta tuttavia di una devozione popolare sorta nella prima metà del Cinquecento che, grazie all’interessamento e all’opera delle alte gerarchie domenicane, diviene a partire dal XVII secolo un culto diffusissimo oltre i confini della Calabria e persino d’Italia. Quanto accade a Taverna, invece, è il risultato sì di storie e di tradizioni locali, ma anche e soprattutto l’esito artistico di una devozione personale di un grande pittore barocco che, nutrito dall’amore e dalla nostalgia per la sua terra natia, dona gratuitamente al suo paese d’origine i frutti eccelsi della sua arte. Si tratta di una venerazione tutta interiore e personale e soprattutto di un lavoro legato non a una pietà religiosa popolare – pur richiamata probabilmente sul piano iconografico, come visto in particolare per il Cristo fulminante – ma a una devozione colta, legata agli ambienti aristocratici locali di Taverna. Nella Calabria del Seicento troviamo perciò due esempi molto diversi di uso e produzione delle immagini sacre e abbiamo conferma di come la santità e il discorso agiografico possano esprimersi in maniera molto diversa, lungo traiettorie e orientamenti differenti, anche quando si usa lo stesso canale di comunicazione, nel nostro caso rappresentato dalla pittura.

27Alla fine di questo contributo restano insoddisfatte alcune domande di fondo, che potrebbero rappresentare il punto di partenza per future ricerche. Il culto di san Domenico – sia nel caso della tradizione del suo quadro miracoloso di Soriano sia nel caso del ciclo pittorico realizzato da Preti per la chiesa del convento di Taverna – permetteva sicuramente al singolo fedele di ritagliarsi uno spazio privato nel rapporto con il divino. Sarebbe interessante, al riguardo, indagare più nel dettaglio le testimonianze ex voto delle persone che ricevettero grazie dal pellegrinaggio o dalle preghiere al quadro di san Domenico. In particolare, attraverso una ricerca di questo tipo, si potrebbe meglio comprendere che cosa rappresentasse la santità per i ceti sociali più bassi, ricavandone l’immagine che la popolazione e, talvolta, anche il singolo credente ne traevano, magari attraverso un’analisi delle idee e delle emozioni, anche collettive, che si vengono a formare intorno alla figura e al culto del santo venerato. Una simile inchiesta sarebbe di aiuto per entrare a fondo nella mentalità religiosa popolare dell’uomo moderno. Allo stesso tempo, la straordinaria esperienza pittorica di argomento religioso prodotta per Taverna da Mattia Preti potrebbe essere letta sia alla luce delle fonti agiografiche su cui si basano le sue rappresentazioni iconografiche e sia alla luce delle testimonianze scritte costituite dalle sue carte: un’analisi di questo taglio, magari condotta da storici dell’arte, specialisti e profondi conoscitori dell’opera dell’artista calabrese, potrebbe forse fornire preziose informazioni sulla sua devozione privata e sulla sua spiritualità e di conseguenza consentire una migliore conoscenza della sua attività. Un confronto fra queste due ricerche consentirebbe inoltre di capire meglio punti di contatto e di distacco tra la religiosità popolare e quella colta in una stessa area geografica, la Calabria, osservata in un ben determinato arco temporale, quello che va dal Cinquecento sino alla fine del Seicento.

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Notes

1 Cf. Antonino BASILE, «Apparizioni prodigiose e istituzioni di santuari nelle tradizioni popolari calabresi», in Id., a cura di, Folklore della Calabria, Palmi, Barbaro Editore, 1990, vol. I, p. 13-22.

2 Id., «Credenze sulla prodigiosa sensibilità delle immagini sacre», in Ibid., p. 279-281.

3 Sulla centralità del luogo nel racconto agiografico cf. Michel de CERTEAU, «Hagiographie», in Encyclopaedia Universalis, Paris, Encyclopaedia Universalis France, 1978, VIII, p. 207-209; Sofia BOESCH GAJANO e Lucetta SCARAFFIA, a cura di, Luoghi sacri e spazi della santità, Torino, Rosenberg e Sellier, 1990. Sul rapporto tra santi e territorio in epoca moderna cf. Giuseppe GALASSO, «Santi e santità», in L’altra Europa. Per un’antropologia storica del Mezzogiorno d’Italia, Napoli, Guida, 2009, p. 71-119.

4 Eric PALAZZO, L’invenzione cristiana dei cinque sensi nella liturgia e nell’arte medievale, Napoli, Editrice Domenicana Italiana, 2017.

5 È bene evidenziare che gli esempi riportati di culto a immagini mariane fanno riferimento a devozioni e a memorie sacre riconducibili all’epoca successiva alla Riforma. Sulla differenza tra il culto mariano medievale e quello moderno a livello iconografico in Calabria si veda Mario PANARELLO, «L’Immacolata in Calabria nella pittura e nella scultura della fine del Cinquecento agli inizi dell’Ottocento», in Alessandra ANSELMI, a cura di, L’Immacolata nei rapporti tra l’Italia e la Spagna, Roma, De Luca Editore, 2008, p. 19-76.

6 Rossella DI BARTOLO, La Madonna di Capocolonna. Luoghi e forme della devozione mariana a Crotone, Castellana Grotte, CSA, 2016.

7 Vincenzo NAPOLILLO, Storia e fede a Cosenza: la Madonna del Pilerio, Cosenza, Santelli, 2002.

8 Antonella FLACHI, Pentedattilo. Storie di vita tra passato e presente, Reggio Calabria, Città del Sole, 2019.

9 Ercole LACAVA, La Madonna di Porto Salvo in Melito. Storia e fede, Reggio Calabria, Calabria Press, 1983, p. 1-23.

10 Aurelio SORRENTINO, La Madonna della Consolazione, Patrona di Reggio Calabria, Reggio Calabria, Laruffa, 1990.

11 Giuseppe FAZIO, Il Santuario della Vergine delle Grazie in Conflenti. Storia, culto, documenti, Roma, Aracne, 2020; Carlo MONTORO, Sacre memorie della gran madre di Dio apparsa miracolosamente nei Conflenti su la quercia di Visora, Nicastro, Francesco Bevilacqua Tipografo, 1890.

12 Rispetto al medioevo, dove il luogo sacro è reso tale dalla presenza di un corpo santo o di una reliquia famosa (si pensi a san Giacomo di Compostela o a Gerusalemme, ad esempio), nell’età moderna la presenza di un santuario è collegata in genere a un avvenimento straordinario, il più delle volte rappresentato da un’apparizione: cf. Alphonse DUPRONT, «L’antropologia religiosa», in Jacques LE GOFF e Pierre NORA, a cura di, Fare storia. Temi e metodi della nuova storiografia, Torino, Einaudi, 1981, p. 159-192; Id., «Antropologia del sacro e culti popolari», in Carla RUSSO, a cura di, Società, Chiesa e vita religiosa nell’«Ancient Régime», Napoli, Guida, 1976, p. 371. Sulle apparizioni mariane e la conseguente edificazione di santuari cf. Giulio SODANO, Il miracolo nel Mezzogiorno d’Italia dell’età moderna. Tra Santi, Madonne, guaritrici e medici, Napoli, Guida, 2010, p. 87-96; Adriano PROSPERI, «Madonne di città e Madonne di campagna. Per un’inchiesta sulle dinamiche del sacro nell’Italia post-tridentina», in S. BOESCH GAJANO e Lucia SEBASTIANI, a cura di, Culto dei santi, istituzioni e classi sociali in età preindustriale, L’Aquila-Roma, Japadre, 1984, p. 615-647.

13 Pasquale VALLONE, I santi medici di Brattirò (VV), San Nicolò di Ricadi, Thoth, 2014.

14 Massimo BIDOTTI, «Il culto in Calabria di Gregorio il Taumaturgo tra religiosità colta e devozione popolare: i casi di Borgia e Laureana di Borrello», Christianitas. Rivista di Storia, Pensiero e Cultura del Cristianesimo, VIII, 2016, p. 35-69.

15 Basti pensare, per fare un esempio, alla diocesi di Bova che abbandonò il rito liturgico bizantino su ordine del vescovo Giulio Stavriano solo nel 1572 per effetto delle nuove norme tridentine.

16 Sul tema della santità nel Sud Italia in epoca moderna si rimanda ai saggi fondamentali di Jean-Michel SALLMANN, Santi barocchi. Modelli di santità, pratiche devozionali e comportamenti religiosi nel Regno di Napoli dal 1540 al 1750, Lecce, Argo, 1996, e G. SODANO, Il miracolo nel Mezzogiorno d’Italia, op. cit.

17 Carlo LONGO, «I Domenicani», Almanacco della Calabria, II, 1992, p. 243. Fa eccezione la notizia della concessione all’ordine domenicano di una chiesa a Cosenza nel 1240 da parte del vescovo della città. Si tratta tuttavia di un fatto isolato che non prova nulla sulla effettiva presenza dei domenicani in Calabria nel XIII secolo: cf. Ornella MILELLA, «I domenicani in Calabria», in Id., a cura di, I domenicani in Calabria. Storia e architettura dal XV al XVIII secolo, Reggio Calabria, Gangemi Editore, 2004, p. 14.

18 Foca ACCETTA, «Insediamenti e strategie dell’ordine domenicano in Calabria (secc. XV-XIX)», Rivista storica calabrese. Nuova serie, XXI, 2000, p. 223-258; Luigi Guglielmo ESPOSITO, I Domenicani in Calabria. Ricerche archivistiche, Napoli-Bari, Edizioni Domenicane Italiane, 1997.

19 Cf. Giuseppe RUSSO, «Alle origini dell’Ordine domenicano dell’Osservanza in Calabria. Alcuni sconosciuti documenti dei secoli XIV-XV per il convento di san Domenico di Altomonte», Archivio Storico per la Calabria e la Lucania, LXXX, 2014, p. 49-50.

20 Per notizie più dettagliate sulla storia del monastero di Soriano cf. M. PANARELLO, La “santa casa” di San Domenico in Soriano Calabro. Vicende costruttive di un grande complesso barocco, Soveria Mannelli, Rubbettino 2001, e Id., Il grande cantiere del santuario di S. Domenico di Soriano. Scultura, marmi e argenti, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2010.

21 Antonino BARILARO, San Domenico in Soriano, Soriano Calabro, Santuario di San Domenico, 1969, p. 15‑17.

22 Ibid., p. 18.

23 Ibid.

24 Ibid., p. 9-12.

25 Antonino LEMBO, Croniche del Convento di S. Domenico in Soriano, Messina, Stamperia di Vincenzo d’Amico, 1687, p. 11.

26 A. BARILARO, San Domenico , op. cit., p. 55-63.

27 Oltre alla già citata opera di padre Antonino Lembo, bisogna citare anche Silvestro FRANGIPANE, Raccolta de' miracoli et grazie adoperate dall'immagine del padre S. Domenico di Soriano, Messina, Stamperia di Pietro Brea, 1621. Entrambe le opere ebbero moltissime ristampe.

28 A. LEMBO, op. cit., p. 83.

29 Ivana ČAPETA RAKIĆ, «La visione del frate Domenicano Lorenzo dalla Grotteria e gli echi dell’iconografia del miracolo di Soriano in Dalmazia», Ikon. Journal of the iconographic studies, VI, 2013, p. 199-212.

30 Da questo punto di vista particolare importanza assume la ricostruzione in grande stile del convento di Soriano, distrutto dal terremoto del 1659, alla cui realizzazione attese l’architetto certosino Bonaventura Presti per volere del viceré dell’epoca, il conte di Peñaranda: cf. Luigi ABETTI, «Bonaventura Presti architetto certosino», Ricerche sull’arte a Napoli in età moderna, 2015, p. 106-132, in particolare p. 110 sq. Sul ruolo che i diversi ordini religiosi ebbero nell’architettura e nell’urbanistica delle città calabresi cf. Elisa NOVI CHAVARRIA, «Ordini religiosi, spazi urbani ed economici nella Calabria spagnola», in A. ANSELMI, a cura di, La Calabria del viceregno spagnolo. Storia, arte, architettura e urbanistica, Roma, Gangemi, 2009, p. 537‑545.

31 Per l’influenza che sul piano artistico ha avuto l’opera di Mattia Preti sulla pittura napoletana cf. Roberto Carmine LEARDI, «La pittura a Napoli prima e dopo la “maniera grande e terribile” di Mattia Preti», in Giuseppe PORZIO e Giuseppe VALENTINO, a cura di, Forme magnifiche e gran pieghe de’ panni. Modelli e riflessi della maniera di Mattia Preti a Napoli, Napoli, Arte’m, 2019, p. 55-68. Sulla pittura di argomento religioso prodotta a Taverna prima di Mattia Preti cf. Giorgio LEONE, «Esiti della ‘pittura devota’ nel primo trentennio del Seicento a Taverna», Bollettino del Museo Civico di Taverna, II, 1999, p. 3-15.

32 Francesco DIACCETO, Vita dell’Inclito et Santissimo Domenico Patriarca del Sagro Ordine de Predicatori, In Fiorenza, Appresso Bartolomeo Sermartelli, 1572, p. 121-122.

33 John Thomas SPIKE, Mattia e Gregorio Preti a Taverna: catalogo completo delle opere, Firenze, Centro Di, 1997, p. 73. Sul successo che l’iconografia di san Domenico di Soriano ebbe nel Seicento ligure cf. Laura STAGNO, «La fortuna a Genova e in Liguria delle iconografie legate all’immagine acheropita di San Domenico di Soriano», in A. ANSELMI, a cura di, La Calabria del viceregno, op. cit., p. 719-739.

34 Giuseppe COSENTINO, La storia della salvezza nei dipinti di Mattia Preti, Soveria Mannelli, Calabria Letteraria Editrice, 2006, p. 64.

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Pour citer cet article

Référence électronique

Massimo Bidotti, « La promozione agiografica di san Domenico in Calabria attraverso l’uso della pittura: i casi di Soriano e Taverna (secc. XVI-XVII) »Atlante [En ligne], 15 | 2021, mis en ligne le 01 octobre 2021, consulté le 07 novembre 2025. URL : http://journals.openedition.org/atlante/5858 ; DOI : https://doi.org/10.4000/atlante.5858

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Auteur

Massimo Bidotti

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