• 1 Cfr. Roberta Cavicchioli, Andrea Pietrantoni (a cura di), «La somatizzazione della precarietà», in (...)

1Era il 2007 quando con alcuni amici ho condiviso un percorso di riflessione sulla precarietà da un punto di vista politico, antropologico e sociologico1. Pochi anni dopo, inaspettatamente, si è strutturato un rapporto di collaborazione, mai interrotto, con un’organizzazione sindacale, impegnandomi proprio nella tutela dei lavoratori atipici. Nel tempo, curiosità, vissuto e professione si sono intrecciate, portandomi a stretto contatto con gli enormi stravolgimenti che hanno interessato il lavoro, da un punto di vista strutturale ed economico, e conseguentemente (già, perché resto fedele a questo tipo di causalità…) giuridico, sociale e culturale. Da circa vent’anni anni tento di orientarmi fra le contraddizioni del mondo del lavoro italiano.

• 2 Aris Accornero, San Precario lavora per noi. Gli impieghi temporanei in Italia, Milano, Rizzoli, 20 (...)

2Il dibattito pubblico era ancora aperto al contributo di quegli studenti e giovani lavoratori che si definivano “precari” : penso, fra gli altri, a movimenti che si erano sarcasticamente battezzati San Precario o Santa Insolvenza². Nati attorno alle principali Università italiane, questi movimenti si proponevano di fornire delle chiavi di lettura per comprendere i processi di destrutturazione che interessavano il lavoro, affinché le soggettività interessate potessero rappresentarsi e strutturare pratiche di resistenza individuale e collettiva. Per chi avesse coscienza della portata politica del fenomeno precarietà, era imperativo affrontare uno choc culturale, uno strappo che avrebbe avuto effetti durevoli, non solo sulla sfera materiale dell’esistenza, ma più ancora sull’identità personale e sulla progettualità, individuale e collettiva.

• 3 Andrea Bajani, Mi spezzo ma non m’impiego. Guida di viaggio per lavoratori flessibili, Torino, Eina (...)

3Come avrete capito, appartengo alla generazione che, per prima, si è familiarizzata con la moltiplicazione dei contratti di lavoro, definiti con linguaggio tecnico atipici, o con eufemismi creativi, non standard, speciali, flessibili ; abbiamo appreso il lessico che descriveva il lavoro del Terzo Millennio. Per rispondere a un banale annuncio di lavoro, abbiamo dovuto implementare le nostre conoscenze giuridiche, dando prova di saperci destreggiare fra lavoro a tempo parziale, lavoro intermittente, contratto a progetto o collaborazioni continuate e continuative, lavoro in somministrazione e stages. La paradossale discontinuità delle carriere lavorative ha ispirato saggi illuminanti e persino qualche romanzo goliardico dedicato alle prime storie di ordinaria precarietà3.

• 4 Raccomando la visione di un film di Gianni Amelio, L'intrepido (2013) interpretato dall’attore comi (...)

5A un tratto, il posto fisso era scomparso dalle opzioni disponibili per giovani e meno giovani. Cessava di essere riconoscibile il luogo di lavoro che poteva mutare incessantemente, così come l’orario di lavoro, la qualifica e le mansioni svolte dal lavoratore. Facevano da cornice a questa trasformazione, un certo discorso politico, figlio del berlusconismo, che invitava ciascuno a “mettersi in gioco”, a farsi imprenditore delle proprie capacità4. Per qualche tempo, si è realmente creduto che ciascuno potesse fare tutto e si è persino creduto nelle potenzialità emancipatorie di questo appello, mentre assistevamo al blocco dell’ascensore sociale in Italia.

• 5 Rinvio a un articolo del leader sindacale ed ex Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, «Senza (...)

8Certo, senza la fiammata dell’Autunno caldo non saremmo arrivati all’approvazione del cosiddetto Statuto dei lavoratori, la legge 300 del 1970 « Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento ». La forte influenza esercitata dalla Contestazione sul movimento operaio italiano nel biennio 1968/69 ha, di fatto, prodotto le condizioni per una tutela reale del lavoro e dato impulso a una nuova scuola di giuslavoristi illuminati, da Gino Giugni a Gianni Ferrara5.

• 6 Luciano Gallino, Il lavoro non è una merce. Contro la flessibilità, Bari, Laterza, 2007.
• 7 Rimando per un’analisi puntuale all’interessante ricostruzione dell’evoluzione storico-giuridica de (...)

9Questa golden age è, però, destinata ad avere vita breve. Con il primo shock petrolifero, inizia la lenta, ma inesorabile, parabola discendente del sistema garantistico, attraverso quello che è stato, efficacemente, definito il lungo processo di smontaggio dei diritti dei lavoratori6. Uno smantellamento che assume, inizialmente, il volto della « flessibilità controllata », ma già apre un’importante breccia sulla diffusione del contratto a termine con la legge n. 56 del 28 febbraio 1987. Sono gli anni Ottanta, e la « via italiana alla flessibilità » sembra decisamente mitigata rispetto ai venti neoliberali che soffiano nel mondo anglosassone7.

• 8 Ricordo che, nel 2001, in attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lav (...)

11Dall’inizio degli anni ’90, il mercato del lavoro nazionale si trasforma a partire da questa costante richiesta di flessibilità, che finirà col selezionare le forme di occupazione temporanee e precarie. Ed è così che, già nel 1993, si risponde ad una congiuntura di crisi con un Protocollo d’Intesa fra organizzazioni sindacali e datoriali che, di fatto, apre la strada al lavoro atipico. È il governo di centro-sinistra guidato da Romano Prodi a tradurre gli auspici di quel protocollo in una vera e propria rivoluzione, con l’entrata in vigore del “Pacchetto Treu”, legge 1997, n. 196, intitolata « Norme in materia di promozione dell’occupazione ». Giurista e professore universitario, Tiziano Treu, in un sol colpo, abolisce il divieto di intermediazione, che ancora vigeva in Italia, introducendo il lavoro interinale e ripensando la regolamentazione degli orari nel part-time. I contratti di formazione sono gli elementi più dirompenti del suo progetto. Tali riforme si inserivano, per altro, in un processo di respiro europeo che invocava interventi uniformi nei paesi membri, rispetto al lavoro a termine e agli strumenti di flessibilità8.

• 9 Marco Biagi, Istituzioni di diritto del lavoro, Milano, Giuffrè, 2004, p. 147. Vedi pure F. Nespoli(...)

13Si trattava di rompere con il paradigma del lavoro dipendente, come condanna a un’esistenza faticosa, ripetitiva e priva di prospettive di crescita, a stento controbilanciata dalla certezza dell’impiego e del salario. Lo stesso Marco Biagi, giurista noto ai tecnici quale estensore della Legge 30/2003, e conosciuto dai più come il padre della precarietà, non era mosso da finalità bieche e, al contrario, immaginava la legge a cui aveva lavorato e per la quale ha perso la vita, come il graduale approssimarsi a un nuovo e più inclusivo « Statuto di tutti i lavori »9. In realtà, dobbiamo amaramente constatare che le sperimentazioni giuridiche e sociali di quegli anni hanno accresciuto la vulnerabilità dei lavoratori subordinati tipici e atipici nei confronti del datore di lavoro, diminuendo drasticamente il potere contrattuale dei lavoratori, sfumando la distinzione fra lavoro autonomo e dipendente.

• 10 Sofia Torre, Cagne di Paglia, Torino, Einaudi, 2003.

14D’altro canto, si credeva ancora che nelle pieghe di una destrutturazione potessero delinearsi percorsi emancipatori ed emergere una propositività politica antagonista ma razionale ; non solo, si scommetteva sulle potenzialità delle generazioni più giovani, istruite, internazionali e intraprendenti che percorrevano la via delle professioni intellettuali o del lavoro autonomo, con un rinnovato desiderio di protagonismo sociale. Le aspettative che si riponevano in questa « meglio gioventù » erano elevate. Grandi speranze archiviate col sopraggiungere della maturità e l’inevitabile incasellamento degli stessi in percorsi e carriere di carattere istituzionale : i talenti dei Millenials sono appassiti nei faldoni di recruiter e formatori professionisti. Bene dice Sofia Torre, « proprio la precarietà, che avrebbe dovuto innescare una resistenza politica e culturale, ha decretato la fine di tutto : nessuno può più permettersi di perdere tempo per qualcosa di collettivo »10.

• 11 Maurizio Sacconi, Libro Bianco. La vita buona nella società attiva, 2009.

Quello che segue è una deriva iperliberista, ben rappresentata dalle considerazioni del Ministro del Lavoro e Politiche sociali, Maurizio Sacconi, che, nel 2009, inserisce nel documento programmatico : « Dopo le recenti innovazioni apportate dalle leggi Treu e Biagi è palese l’insofferenza verso un corpo normativo sovrabbondante e ostile che (…) intralcia inutilmente il dinamismo dei processi produttivi e l’innovazione nella organizzazione del lavoro »11.

• 12 La « riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita » è stata introdotta con la Legg (...)

15Le ripercussioni della crisi finanziaria internazionale del 2008 hanno costituito un punto di non ritorno per lo smantellamento dei diritti sociali. Lungi dall’opporsi a questo processo, i partiti della sinistra istituzionale se ne fanno portatori, disconoscendo definitivamente il rapporto storico con l’elettorato povero dei lavoratori dipendenti e pensionati. Tant’è che nella medesima scia si inseriranno dapprima la Riforma della Ministra Elsa Fornero nel 201212, con cui si ridimensionano i trattamenti pensionistici, poi nel 2014 il Jobs act, fortemente voluto da Matteo Renzi, che abroga l’articolo 18 della legge 300/70, riducendo drasticamente le tutele risarcitorie per i rapporti di lavoro costituiti dopo quella data.

• 13 Cfr. Massimo Franchi (a cura di), Il sindacato al tempo della crisi. Analisi e proposte per un camb (...)

16Il sindacato confederale subisce un pesante contraccolpo dallo scenario recessivo e ne resta tramortito : il modello della concertazione subisce un significativo vulnus, che ne mina profondamente la rappresentatività e il rapporto di fiducia con gli iscritti. Alle organizzazioni sindacali si contesta l’incapacità di rispondere alle trasformazioni del mercato del lavoro, di assumere una posizione forte per restituire voce e dignità ai lavoratori non tutelati, (partite IVA, lavoratori parasubordinati e autonomi)13. Com’era ovvio, la marginalizzazione del movimento sindacale, ha creato un terreno fertile per un vero e proprio ricatto occupazionale ai danni dei lavoratori più fragili. Una riscrittura dei diritti del lavoro che assume e ha assunto i tratti di ciò che avremmo definito, con un linguaggio antico, una vendetta di classe e un tentativo di restaurare l’ordine sociale preesistente.

• 14 Andrea Donini, «Il lavoro digitale su piattaforma», in Labour&Law Issues, vol. 1 n. 1, 2015;

17Ne è scaturita una forma di precarietà multidimensionale e trasversale ai diversi comparti, una frontiera che si sposta continuamente e ingloba nuove sperimentazioni, nella direzione del lavoro on demand, in cui il datore di lavoro si trasforma in un mero intermediario e il lavoratore in un prestatore d’opera, destinati a non incontrarsi mai. Epifenomeno del cambiamento dilagante è l’esplosione delle piattaforme digitali nei servizi avanzati14.

• 15 Mi riferisco al Decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 e convertito dalla Legge 9 agosto 2018, n. 96, (...)

Poco ha potuto, l’azione di contrasto con cui il governo pentastellato guidato da Giuseppe Conte, ha tentato di riaffermare la prevalenza del lavoro a tempo indeterminato. La riforma animata dal nobile proposito di « restituire diritti ai giovani precari sfruttati », ha, in realtà, ispirato nelle aziende una maggiore prudenza e, in qualche, caso alimentato dinamiche di aggiramento della norma15.

• 16 Nicolò Giangrande, «La precarietà occupazionale e il disagio salariale in Italia. Le conseguenze de (...)

21Nel 2022 ISTAT ha segnalato il record storico dei contratti a termine : 3 milioni e 166mila, è il trend delle attivazioni dei rapporti di lavoro in cui il Tempo Determinato si conferma come forma prevalente, con un 68,9 %. Per il numero degli occupati dipendenti a termine si tratta del dato più alto dal 1977, inizio delle serie storiche. A questi si aggiungono 1,3 milioni di contratti in somministrazione e i 300 mila tirocini extra-curriculari attivati nell’anno16. Numericamente, parliamo di 3,2 milioni lavoratori precari : 4,8 milioni a part-time o tempo determinato involontario oppure occupati sospesi, in cassa integrazione o inattivi, 9,1 milioni se a questi aggiungiamo anche i disoccupati.

• 17 Cfr. ISTAT, Rapporto Annuale 2023, https://www.istat.it/storage/rapporto-annuale/2023/Capitolo-1.pd (...)

La precarietà lavorativa si traduce in una condizione di crescente precarietà esistenziale ed economica. Il tributo più alto lo pagano le ragazze e i ragazzi dai 15 ai 34 anni che, in cinque casi su dieci, sono lavoratori non-standard, ma in un mercato del lavoro dove l’età media sale, due su dieci tra i 35-49enni, e poco più di uno su dieci tra gli over 5017.

• 18 Chiara Saraceno, Il lavoro non basta. La povertà in Europa negli anni della crisi, Milano, Feltrine (...)

22Nelle parole di Chiara Saraceno, il lavoro discontinuo è sempre lavoro mal retribuito, una povertà che si trasmette alle generazioni future nella forma di una perpetua insufficienza di strumenti e opportunità ; sono aumentati i cosiddetti “cattivi lavori”, sia perché non sempre un reddito da lavoro in sé adeguato, ma modesto, è sufficiente a mantenere una famiglia18.

• 19 Ibid.
• 20 ISTAT, I tempi della vita quotidiana. Lavoro, conciliazione, parità e benessere soggettivo, 2019, p (...)

24Al lavoro discontinuo si associa spesso una retribuzione inferiore, ritmi di lavoro febbrili o al contrario ad un orario settimanale insufficiente con ripercussioni sulla conciliazione, l’accudimento dei figli e parenti19. Lo scarso controllo sui due fattori fondamentali quali le risorse economiche disponibili e del tempo a disposizione determinano un disagio permanente e muta il lavoro in un fattore di incertezza20.

• 21 Chiara Sgreccia, «Giovani, formati e con stipendi da fame: lo sfogo sui social contro lo sfruttamen (...)

26Fra i giovani va, invece, affermandosi un’attitudine battagliera che non va sottovalutata : rimbalzano sul web gli appelli di pagine come Gentilissima Rivolta o Riordine degli Architetti, animate da giovani professionisti in lotta contro la discriminazione salariale21.

• 22 Michela Bompani, in La Repubblica, 05 02 2023.

27Dalla mia città, Genova, è partita la protesta virale di una giovane ingegnera, Ornela Casassa che, dopo aver rifiutato una retribuzione pari a 750 euro mensile, ha dichiarato beffarda : « Davvero vi sorprendete che i giovani siano sottopagati ? In fondo, nel video ho detto che la terra è tonda, mi colpisce il boom mediatico che ha suscitato »22. Al solito, il re nudo ha destato stupore e meraviglia.