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Introduction

Performatività, addomesticamento e resistenze memetiche

Vita e vitalità dei meme (vol. 2)
Laurence Allard , Irene De Togni , Fabrizio Defilippi , Lucas Fritz , Adrien Péquignot  et Gabriele Stera
Traduction de Gabriele Stera
Cet article est une traduction de :
Performativités, domestications et résistances mémétiques [fr]
Autre(s) traduction(s) de cet article :
Performativity, domestication and resistance in memes [en]
Performatividade, domesticações e resistências meméticas [pt]

Texte intégral

1. Politiche della battaglia memetica: a che bussola affidarsi?

  • 1 Diversi video sono stati condivisi inizialmente da Crawly (@crawl.possessed) su Tiktok e Instagram, (...)
  • 2 Per il tema musicale si veda: https://www.youtube.com/watch?v=LWi_wCtLW90 (consultato il 30/04/2025 (...)
  • 3 La lore, abbreviazione di folklore, è l’universo (in senso esteso) che compone un oggetto culturale (...)
  • 4 Alcuni profili hanno persino creato dei video e delle saghe molto complesse per spiegare lo svolgim (...)

1Se avete frequentato TikTok o Instagram attorno alla metà del 2024, vi sarà forse capitato di veder scorrere dei video che mettevano in scena degli strani combattimenti tra gnomi e cavalieri. In una serie di video diventata presto virale, intitolata Crawly The Green Wizard Gnome1, si vede un uomo barbuto vestito d’un mantello verde, con un cappello bianco da mago sulla testa e finte sopracciglia; appare improvvisamente nel negozio di un’insegna di fast fashion e vi semina il caos sgusciando dappertutto, persino nelle zone riservate al personale. L’uomo che incarna lo gnomo in questione si muove accovacciato e tiene in mano uno strano utensile, una specie d’acchiappafarfalle, che brandisce come fosse un’arma o una bacchetta magica. Il più delle volte lo gnomo verde saltella al ritmo di una musica2 che sembra animarlo, come se la creatura fosse evocata dalle misteriose forze del Web grazie a quest’inquietante melodia. A volte pronuncia frasi incomprensibili, con una voce acuta e perturbante. Spesso è accompagnato da un manipolo di suoi simili che lo aiutano a seminare il panico nei negozi, prima che i membri dello staff intervengano. In questa serie di video appare anche un secondo personaggio, altrettanto enigmatico: il cavaliere (Knight). I cavalieri incarnano il nemico giurato degli gnomi in una battaglia di cui non si conoscono né le cause né le regole. Muniti di brillanti armature d’alluminio, questi uomini di grande statura s’incaricano di rincorrere gli gnomi per impedirne le malefatte. Rapidamente, questa trama è stata ripresa da molteplici pagine e profili, creando ogni sorta di contenuti per alimentare la lore3 di quest’inimicizia immaginaria4.

2A prima vista, questo trend memetico si mostra come una semplice querelle virtuale tra gnomi bizzarri e cavalieri cosplayer. Tuttavia, sotto l’apparente leggerezza si dissimulano dinamiche sociali più profonde: tra gli innumerevoli trend che emergono ogni settimana, quello detto Gnomes vs Knights ci sembra illustrare perfettamente l’ambiguità delle battaglie memetiche (Arkenbout & Scherz, 2022) in cui si lanciano gli internauti.

3Gli spazi sociali generati dai media informatizzati non sono unicamente abitati da gattini [chatons mignons] (Simon, 2024) o da personaggi tragicomici come El Risitas (Marcoccia, 2024), servono anche come supporto all’espressione di conflitti e controversie che possono provocare conseguenze nefaste sulle nostre vite online e offline. In alcuni casi, le intenzioni degli autori e delle autrici dei meme in questione vanno ben al di là della risata, benché le dinamiche dei trend memetici, così come il loro contesto d’interazione (Wagener, 2022, p. 9), non siano sempre chiari per l’insieme degli internauti.

4I meme, nella molteplicità dei loro andirivieni tra spazi connessi e disconnessi, possono diventare un potente vettore ideologico capace di polarizzare e politicizzare. Vettori di significazioni sociali condivise (Defilippi & Fritz, 2022), fanno emergere delle comunità (precarie e provvisorie) che possono costruirsi « in negativo », contro precisi obiettivi (categorie, idee e visioni del mondo indesiderate). La lotta tra gnomi e cavalieri mette in scena un desiderio individuale e collettivo di « prendere posizione », contro qualcosa prima di tutto, seguendo tendenze sociali più legate all’affettività che al ragionamento: dinamiche che caratterizzano una buona parte della produzione memetica contemporanea.

5Da questo punto di vista, la battaglia tra gnomi e cavalieri ci invita a riflettere su due punti principali. Il primo concerne la presenza di vari personaggi secondari (fate, maghi, elfi, animali, esseri umani, etc.) che prendono parte alla battaglia annunciando di aver « scelto da che parte stare »—« The Magicians chose Gnomes ». Nel conflitto, ognuno è chiamato a una scelta di campo e non vi si può sottrarre, come se il destino del mondo ne dipendesse: la scelta non è opzionale, ma necessaria. Il fenomeno riflette e incoraggia la polarizzazione online e offline, con utilizzatori e utilizzatrici che si ripartiscono in fazioni, simbolizzando una tendenza crescente al tribalismo digitale. Pur fondandosi sull’umorismo, questo tipo di meme mette in scena alcune tensioni sociali contemporanee, e diventa a volte il supporto di polemiche e discorsi codificati. L’obbligo di prendere parte, di battagliare contro l’avversario, metaforizza una condizione contemporanea, quella della polarizzazione imposta dal discorso dominante, che dietro la scelta binaria suggerisce una mancanza apparente di alternative in diversi ambiti dell’azione politica e cittadina. Questa polarizzazione maschera altre forme di vita possibili, in cui una moltitudine di punti di vista potrebbero coesistere, in cui questa stessa moltitudine potrebbe essere percepita come una ricchezza, e in cui ognuno potrebbe tentare di identificare la propria « cecità all’aspetto » (Wittgenstein, 2021, p. 280) nella comprensione del punto di vista altrui, anziché affermare che il proprio sia naturalmente (e quindi incontestabilmente) il migliore e che dunque debba prevalere (Saemmer et al., 2022).

6Il secondo punto concerne l’evoluzione del meme e della battaglia. I meme legati al Green Wizard Gnome, come molti altri, hanno rapidamente subìto una certa istituzionalizzazione, con l’apparizione di video che mostrano gnomi in divertenti scene di vita quotidiana, relativamente disconnesse dalla lore bellicosa. Inoltre, il successo del meme ha spinto certe marche a produrre dei contenuti che lo strumentalizzano trasformandolo in supporto pubblicitario attraverso una risemantizzazione; gli gnomi diventano così delle mascottes pubblicitarie5.

  • 6 È questo il caso nel video qui citato, in cui uno gnomo e un cavaliere perturbano l’attività di un (...)
  • 7 I situazionisti tentavano, attraverso pratiche sovversive, di superare l’arte realizzando situazion (...)
  • 8 La formulazione riprende la celebre formulazione di Jack Goody (Goody, 1977) L’addomesticamento del (...)
  • 9 Il primo numero della rivista L’Internationale Situationniste insisteva sul fatto che « La nozione (...)

7Le incursioni degli gnomi nei negozi e nei ristoranti cambiano senso: non sono più una perturbazione dell’ordine capitalista6, eredità (incosciente) di pratiche situazioniste7, ma diventano al contrario uno strumento che permette di rinforzare le logiche della promozione commerciale. Queste forme di uso strategico dei meme possono condurre a una professionalizzazione del campo, interferendo con la spontaneità del movimento, bloccandone il senso, addomesticandone il potenziale selvaggio8, andando di fatto a opporsi alla circolazione e alla risemantizzazione che caratterizzano la forma culturale del meme (Jost, 2022). Ritroviamo qui le dinamiche, descritte nello specifico dai situazionisti, all’opera nelle tensioni tra un movimento creativo e la sua istituzionalizzazione9.

8Si assiste quindi a un passaggio, rischioso e potenzialmente problematico, dal « bricolage memetico » animato da uno spirito di partecipazione, a delle forme di « ingegneria memetica » al servizio di finalità commerciali e politiche. Come per la battaglia tra gnomi e cavalieri, ogni performance, persino la più ingenua, potrà essere presa nei meccanismi di cattura capitalisti o istituzionali. Al contempo, la ripresa dei trend memetici da parte di attori commerciali o istituzionali ci sembra essere il sintomo di una presa di coscienza del potere stesso dei meme.

2. Dalla rinascita alla riproduzione dei meme, tra performance, addomesticamento e resistenze

9Il numero di Hybrid dedicato ai meme che avete sotto gli occhi è il seguito di un primo volume intitolato Nascita e rinascita dei meme. Vita e vitalità dei meme (vol. 1) apparso nel novembre del 2024. Questo primo numero si concentrava sulla definizione dei meme, sui loro perimetri, sulle diverse forme di vita memetiche che popolano i nostri spazi di comunicazione, e sui processi di creazione che ne sono alla base. In questo secondo volume, abbiamo voluto far entrare questo oggetto di comunicazione sulla scena della ricezione. Osserviamo più da vicino l’evoluzione delle rappresentazioni memetiche, delle loro vite sociali e delle pratiche che vi si associano.

10Nel primo volume, abbiamo preso una posizione risolutamente pragmatista, attenta alle transazioni socio-memetiche, per rinnovare una ben nota teoria estesa della biologia dell’evoluzione, all’origine stessa della nozione del meme. In effetti, il gesto iniziale di Richard Dawkins nel Gene Egoista (1976) intronava la biologia come scienza capace non solo di spiegare la vita degli esseri viventi, ma anche quella delle forme culturali, tra replicazione e selezione naturale. Queste nozioni ispirate dal campo della biologia hanno contribuito allo sviluppo di varie metafore, come quella della « viralità » o del « contagio delle idee », che lasciano pensare che individui e comunità possano trovarsi passivamente infettati da entità digitali come i meme.

11Non abbiamo abbandonato un certo posizionamento vitalista; ma abbiamo scelto di fondare le nostre riflessioni non tanto sul vitalismo biologizzante di Dawkins, quanto su quello, politico, di Dewey, per cui l’esperienza dell’aisthesis è quella della vita stessa; i meme, i nostri compagni di vita digitali, sono compresi in questa dinamica.

12Nel tentativo di ripensare insieme i meme e la vita, di uscire dall’opposizione binaria tra immagini e corpi organici, gli autori e le autrici riunite nel primo volume ci hanno invitate a restituire quelle « storie parziali e multispecifiche » (Haraway, 2019) che fanno nascere i meme, che ne caratterizzano lo spostamento, l’attività combinatoria e la morte. « Make memes not babies! » era lo slogan del volume precedente (n.12), facendo eco alla formulazione di Donna Haraway in Staying with the trouble (2016): « Making kin not babies! ». Le entità memetiche, tra creature e creazioni, ibride e agenti, generative e persistenti, che infestano le nostre vite digitali e ci rilegano a tanti altri, devono essere riconsiderate dalla prospettiva di una nuova concezione delle parentele socio-digitali. Così tentavamo di abbozzare una nuova cosmo-ontologia memetica, cyborg e relazionale, tra organicità e socialità, vibratoria e simpoietica. Con l’ambizione di osservare i dispiegamenti della vitalità memetica come sistemi tecno-culturali al di fuori della favola della selezione naturale e al di là della separazione tra tecnica e cultura. Ognuna delle tre parti del numero 12 era quindi dedicata a una sequenza cronologica della vita dei meme: la formazione o generazione, la reinvenzione o reincarnazione, la replicazione o trasmissione.

13Questo secondo volume è dedicato invece alla ricezione memetica: una ricezione creativa, attraverso la quale ogni utilizzo riattiva il potere d’azione del meme e ne riconfigura il significato. Se osserviamo i meme come giovani creature sfuggenti, animate da una vitalità istintiva, provenienti dall’ecosistema dell’Internet libero, non possiamo forse considerarne i processi di professionalizzazione e di istituzionalizzazione come segni di maturità, come il passaggio a una fase « adulta » di un movimento di creazione?

14Se il meme perde gradualmente la sua innocenza, la scena della ricezione diventa l’arena di una guerra memetica (Lolli, 2017), in cui si affrontano le strategie dei potenti—i cavalieri—e le tattiche dei deboli—gli gnomi. E questo si può osservare nelle poiesis spontanee degli usi privati quanto nella strumentalizzazione commerciale o istituzionale.

15I gesti situati all’origine delle pratiche memetiche perdono gradualmente la loro innocenza ludica: i meme diventano strumenti di costruzione identitaria o armi di persuasione; possono subire processi di appropriazione culturale quando la loro riproduzione o il loro utilizzo calcolato a monte sono diretti a delle finalità specifiche, commerciali o pedagogiche.

  • 10 Pensiamo nello specifico al ruolo dei meme durante le elezioni statunitensi del novembre 2024. Si v (...)

16Da un lato, i meme partecipano al gioco politico dell’influenza10: appaiono ormai anche nei dibattiti sui canali televisivi, ben lontano dal loro ecosistema digitale d’origine. Integrati alle evoluzioni dei conflitti geopolitici, accompagnano l’evoluzione industriale e le campagne di marketing, sorreggono i discorsi e le partizioni ontologiche dei gruppi sociali dominanti alla televisione, in radio o nei libri, e contribuiscono così a delimitare le arene delle controversie sociotecniche (Akrich et al., 2006). Partecipano ormai attivamente alla costruzione dei rapporti di potere e di conoscenza tra attori e attrici politicamente impegnati, e all’elaborazione di un nuovo arsenale retorico fatto di immagini pop e di posture ironiche.

  • 11 L’arcitesto, tratto dalla semiotica delle scritture schermologiche [écrits d’écran], designa le « m (...)

17Da un altro lato, i meme subiscono anche un processo di standardizzazione, con lo sviluppo di template da personalizzare. Le variazioni formali si stabilizzano progressivamente, poiché la loro riproduzione rimane inquadrata dall’arcitesto11 dei programmi di composizione maggioritari, e le loro evoluzioni si svolgono all’interno di pratiche produttive socialmente regolate.

18L’uso ludico del meme si accavalla quindi a una modalità di riproduzione strategica, in vitro, parallelamente agli usi in vivo delle performance ancora libere, benché di certo non ingenue, fondate sull’orizzontalità e l’agentività popolare. Si tratta quindi di un gioco di affordance digitali, una rimessa in questione permanente del potere d’azione delle forme sociali, dei loro limiti, del loro superamento, degli angoli ciechi delle loro riproduzioni.

19Queste strumentalizzazioni nel contesto dei media informatici generano delle propagazioni difficili da comprendere e delle forme di vitalità composite. Tra capacitazione del pubblico e influenza strategica, i meme diventano mezzi d’espressione, strumenti pedagogici o di controllo della parola stessa. Si stratificano in matrici, caratterizzate da una creatività legata al prefisso « ri » della ripetizione, alla riproduzione computazionale e alla circolazione sociale (Colas-Blaise & Tore, 2021).

20Gli interrogativi sollevati dagli articoli di questo numero ci portano quindi a considerare la dimensione dell’ecologia mediatica. Mettono in esame gli ambienti digitali e extra-digitali dove si svolgono le battaglie memetiche, ma anche le materialità e le tecniche degli scontri, gli strumenti di creazione e i profili dei partecipanti implicati. L’analisi messa in atto porta quindi sulla performatività (come capacità di mobilizzazione) e sull’efficacia dei risultati ottenuti. Si concentra sugli attori sociali che ne modulano le dinamiche, ma esamina anche in che maniera i dispositivi e gli spazi di comunicazione stessi sono trasformati dai conflitti memetici.

21La questione della performance dei meme implica al contempo lo studio dei suoi effetti, della sua efficacia, dei giochi d’influenza e persuasione. Gli articoli qui inclusi si dedicano quindi non soltanto all’osservazione degli attori e alle attrici sociali che partecipano a questi processi, ma anche alle modificazioni dei dispositivi e degli spazi di comunicazione che risultano dalle battaglie memetiche. La distinzione tra meme in vivo e in vitro ci permette di osservare la produzione memetica alla luce delle tensioni sociotecniche, delle logiche dell’industria, delle lotte culturali e delle guerre in corso (Biardzka et al., 2023).

22In questo senso, invece di indicare due essenze memetiche, una delle quali sarebbe più autentica dell’altra, la terminologia messa in gioco in questo volume insiste sulla svolta « naturalista » della produzione e dell’analisi memetica: dal momento che ormai i meme sono studiati, prodotti e generati « in laboratorio »—che si tratti di laboratori di ricerca scientifica, come quelli a cui apparteniamo, o di utilizzi da parte di professionisti della comunicazione, con l’obiettivo di ottimizzare, facilitare e organizzare i discorsi e i comportamenti di coloro ai quali si rivolgono.

23La razionalizzazione dell’analisi memetica alla quale contribuiamo risuona con la razionalizzazione degli strumenti di produzione, che sono forse meno degli utensili di concezione d’immagini che degli strumenti di comunicazione strategica. Pensando i meme come « specie compagne » (Haraway, 2020) che sfuggono alle strumentalizzazioni degli utilizzatori e delle utilizzatrici modello (Gantier, 2015), non staremmo forse entrando in una fase in cui i meme « compagni » e i meme « addomesticati » coabitano e si aggrovigliano in una sfera pubblica i cui contorni sono sempre più complessi?

24Ripartendo dall’opposizione tra in vivo e in vitro, questo numero tenta di mettere a fuoco l’intrico della scienza e dell’industria alla luce di tensioni storiche a durata multipla, dello spettro delle guerre e delle « sofferenze della Storia » (Haraway, 2020), dei rapporti di sfruttamento e di dominazione dei non-umani, ma anche della corporalità e della biologia umana. Questo volume offre anche l’occasione di riflettere sul posizionamento del linguaggio scientifico e della sua razionalità nell’alterazione dell’ecosistema memetico—e, infine, di affrontare l’auto-modificazione collettiva dei corpi dei ricercatori e delle ricercatrici attraverso il prisma dei giochi memetici (non così innocenti) e dei loro dispositivi di produzione, che si tratti di conversazioni WhatsApp o di dialoghi museali.

3. I meme, in vivo

25La prima linea di riflessione affrontata in questo volume risponde agli interrogativi sulla condizione naturale e libera dei meme dopo la loro professionalizzazione e standardizzazione, sul ruolo sociale della produzione spontanea, sul potere che i creatori e le creatrici conservano. Beninteso, i meme selvaggi si trovano ancora nell’ecosistema digitale, sussistono nella loro forma vitale, ma come posizionarsi davanti a questi oggetti info-comunicazionali quando sono addomesticati?

26Albin Wagener e Erica Lippert propongono uno studio della ricezione dei meme. La loro ricerca si iscrive in una prospettiva analitica che combina analisi del discorso e analisi lessicografica. Analizzano le emozioni e gli immaginari suscitati da un corpus di meme dedicati al riscaldamento climatico. I risultati del loro studio mostrano che, da un lato non è sempre necessario avere accesso ai riferimenti culturali o di contesto propri a un meme per comprenderne il messaggio principale; d’altra parte, i meme possono giocare un ruolo significativo nella sdrammatizzazione di temi gravi e complessi come il cambiamento climatico, grazie all’uso dell’umorismo.

27Valentyna Dymytrova interseca performance memetica e marcia marziale. Appoggiandosi sull’analisi del ruolo dei meme nella riconfigurazione delle comunità affettive, studia la coreografia corporale in contesto di guerra (e in questo caso della guerra in Ucraina). Nello specifico, l’articolo insiste sul modo in cui la guerra alteri le condizioni di produzione memetica, come le cornici analitiche: ci invita così a riconsiderare i legami tra derisione e destabilizzazione, tra messa in scena del corpo e resistenza alla violenza e alla morte. L’autrice mostra come i meme contribuiscano non soltanto allo sviluppo sociodigitale di un’arte offensiva della guerra, ma anche a delle forme coreografiche di resistenza collettiva—nello specifico vocali—attraverso le quali il grido di guerra e i suoi affetti tanatopolitici—l’aggressività, del rifiuto e della collera—si tramutano in racconti di vita e di solidarietà.

28Jorge Sosa si propone di seguire le tracce iconiche e memetiche del Malandro, figura paradossale del folklore venezuelano, attraverso cui ci mostra il ruolo che giocano i meme nell’evoluzione delle pratiche religiose e culturali in Venezuela. Reinserendo il meme nella sua vitalità iconologica, evoca le particolarità sociotecniche della produzione di meme realizzati in un territorio non europeo e non statunitense. Questo decentramento culturale apre a numerosi interrogativi epistemologici legati all’analisi dei meme e della loro vitalità: l’articolo mostra il modo in cui la produzione e l’analisi memetica restano tributarie, in primo luogo, di una certa cultura della potenza d’azione delle immagini, o anche della loro dimensione sacra—della capacità delle immagini di infondere la vita e di ridefinirne i contorni—e in secondo luogo, di una certa cultura della capacità di agire (e di patire) dei corpi stessi—e nello specifico della violenza che informa e dà vita ai meme, in contrappunto alla loro dimensione umoristica.

29Maximilian Schlüter presenta la « messa in meme » del corpo egemonico e mascolino in un genere di meme popolare, chiamato « Reject Modernity, Embrace Masculinity » (RMEM). L’analisi porta su un corpus di brevi video che emergono, attorno al 2021, da comunità mascoliniste militanti. Schlüter ne esplora la costruzione narrativa e fa emergere l’esistenza di discorso sul corpo fondato sulla cultura del bodybuilding, volto a incitare all’esercizio fisico e al fitness. Seguendo il tropo del « corpo in sovrappeso », questa narrazione dalle decise tendenze mascoliniste, è incorporata e trasmessa dal meme e svela una dimensione corporea di queste produzioni digitali che l’autore osserva « through the Lens of Bodies ».

4. I meme, in vitro

30La seconda linea direttrice interroga gli utilizzi pedagogici e istituzionali dei meme. Riprendendo la metafora delle armi biologiche, si passa da una biotica delle forme a una vita sintetica in laboratorio, controllata, studiata, strategica. Gli attori commerciali, professionali e istituzionali prendono diverse posizioni di fronte ai pubblici digitali, proponendo dei casi di addomesticamento dei meme, approfonditi in vario modo dagli articoli qui raccolti. Il laboratorio non è soltanto il teatro dell’appropriazione razionale, ma anche quello della sperimentazione e dell’ingegneria. Dalla necropolitica alle politiche della vita, incarna il ruolo del controllo sulle forme di vita e di morte dei meme.

31Cécile Velley e Sarah Cordonnier osservano la diffusione della creazione memetica nel contesto dei musei, attraverso lo studio intersecato di diverse istituzioni patrimoniali francesi e canadesi. Le autrici mostrano come i meme facciano ormai parte delle strategie di comunicazione e di mediazione delle collezioni, sottolineando una svolta umoristica nella mediazione patrimoniale che sembra indicare un ammorbidimento della frontiera tra visitatori e internauti. L’apertura delle istituzioni alla memificazione delle opere diventa oggi una modalità d’attivazione digitale delle collezioni, e quindi uno strumento di diffusione pedagogica e d’innovazione delle pratiche di mediazione patrimoniale. I meme, in contesto museale, vitalizzano le opere e, prolungando i discorsi istituzionali che ne gestiscono la conservazione, suscitano un nuovo pubblico.

32Stéphanie Marty offre uno scorcio dell’incontro tra meme e marketing, attraverso lo studio delle produzioni di sei marche che ne hanno fatto uno strumento di branding. La produzione memetica si mostra qui come un nuovo campo della strategia pubblicitaria, dove i meme diventano dei modulatori essenziali degli ecosistemi promozionali. Il racconto pubblicitario si trova riconfigurato dalle dinamiche di controllo operate dalle marche, ma anche dalle operazioni di trasformazione degli internauti. La vita virale dei meme s’interseca con l’interesse commerciale e con le dinamiche di federazione pubblicitaria, diventando un laboratorio delle strategie di cattura dell’attenzione e della narrazione dei prodotti di consumo.

33In « Vocaux croisés sur expériences vécues » [Vocali incrociati su esperienze vissute], Étienne Candel e Gustavo Gomez-Mejia portano avanti un dialogo scientifico iniziato da tempo attraverso le voci e le vie della ricerca-creazione. Hanno scelto, per questa pubblicazione, di lavorare sulla memoria dei meme, che i due autori concepiscono al centro del « sensorium della nostra epoca tecno-barocca » (players, GIF, screenshots). Il loro approccio della ricerca-creazione prende la forma di una discussione orale asincrona emulata su WhatsApp: una successione di note vocali e di scambi successivi e non sequenziali. Esplorano così la relazione tra la memoria intima dei meme e le strutture sociali di una memoria apparecchiata da diversi dispositivi tecnosemiotici. Anche se Étienne Candel e Gustavo Mejia Gomez esprimono di non essere in pieno accordo sulla validità scientifica di questa « realizzazione »—che si tratti di un lavoro concluso o di una discussione preliminare da concretizzare —, hanno desiderato condividere il carattere « vissuto » di queste esperienze (ordinarie, accademiche, creative), preservando una « vitalità » nelle loro modalità d’analisi.

34Infine, per concludere la raccolta, Louis Le Corno recensisce retrospettivamente Meme Tacticality, il secondo volume del Critical Meme Reader (2022), coordinato da Chloë Arkenbout e Laurence Scherz, che sviluppa una riflessione sulla performatività dei meme concepiti come armi e strumenti potenziali messi al servizio di diverse cause. Prendendo sul serio il potere dei meme, questo volume ne interroga la capacità di modificare gli immaginari collettivi e politici, sollevando importanti riflessioni sulla difficoltà del lavoro di creazione degli attori e attrici che vi si impegnano. Inoltre, il dialogo che si apre qui, in relazione agli altri articoli, ci permette di rimettere in luce il nostro interrogativo iniziale, cioè cosa « ci fanno » i meme, aggiungendo forse una domanda più programmatica per il futuro: cosa ci permettono di fare?

5. Sfasamenti e resistenze memetiche

35Questo numero ci offre infine un’occasione di autoriflessione sulla possibilità di mettere i meme in vitro: in che maniera, in quanto ricercatori e ricercatrici, possiamo affrontare le dinamiche memetiche che sembrano sfuggire a ogni tentativo di razionalizzazione, che resistono a ogni formalizzazione e che evolvono in maniera rapida e poco prevedibile? Abbiamo tentato di fornire degli elementi di risposta durante la giornata di studi No(u)s Mèmes che abbiamo organizzato nell’ottobre del 2022, e poi, in dialogo con gli autori e le autrici, nei numeri 12 e 13 di Hybrid.

36Gli articoli pubblicati tentano, ognuno alla sua maniera, di afferrare la complessità dei fenomeni osservati senza tuttavia appiattirli, cercando di trovare degli approcci metodologici adatti. Questi bricolage metodologici, aperti alla ricerca-creazione, rappresentano al tempo stesso uno stato della ricerca e un punto di partenza per le future ricerche su questo tema. Gli sfasamenti esistenti tra le realtà memetiche e i nostri sforzi di comprensione ci mostrano che, in fin dei conti, la produzione di meme è ancora molto viva: nonostante i tentativi di normalizzazione delle dinamiche di creazione popolare, i meme invece di piegarsi alle forme di standardizzazione e di strumentalizzazione, si reinventano continuamente.

  • 12 Potremmo anche aggiungere che lo studio dei meme implica un certo lavoro mentale, un mental labor ( (...)

37Questa resistenza vale tanto per gli usi commerciali dei meme quanto per i nostri tentativi accademici di circoscriverne l’oggetto. Da questo punto di vista, se abbiamo senza dubbio « fatto qualcosa » ai meme mettendoli provvisoriamente in vitro, i meme hanno di certo avuto un impatto sulle nostre maniere di pensare e di praticare la ricerca12, spingendoci a adottare approcci più flessibili, ibridi e creativi. È una relazione di « doppio détournement » (Deleuze, 1966) quella che si costituisce tra queste ricerche e il loro oggetto; gli autori, le autrici e le loro pratiche, ne escono trasformate. Obbligandoci a navigare tra rigore scientifico e intuizione, tra analisi formale e immersione in pratiche culturali spesso sfuggenti, i meme non sono più semplicemente un oggetto di studio, ma diventano co-attori della ricerca, catalizzatori di nuovi modi di concepire le dinamiche culturali nell’era digitale.

38In tal senso, questo lavoro non si chiude con questo numero, ma apre un ventaglio di prospettive per esplorare la maniera in cui i nostri immaginari collettivi modificano e sono modificati dalle forme espressive e interattive. In definitiva, i meme ci ricordano che una parte essenziale della loro forza risiede nella loro capacità di sfuggire a ogni cattura definitiva, e restare sempre un passo avanti, come gnomi che rivaleggiano ingegnosamente per sfuggire ai cavalieri.

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Bibliographie

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Bril, M. (2022). « Memes in the gallery: A party inside an image ecology », Critical Meme Reader II. Memetic Tacticality. Institute of Network Cultures.

Certeau (de), M. (1980). Linvention du quotidien. 1. Arts de faire. Gallimard.

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Defilippi, F., Fritz, L. (2022). « Mèmes extra-muros: une étude des imaginaires territoriaux français sur Facebook », Doctorales de la SFSIC.

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Goody, J. (1981). L’addomesticamento del pensiero selvaggio. Traduzione di Vito Messana. Franco Angeli Editore.

Haraway, D. (2019). Chthulucene: sopravvivere su un pianeta infetto, traduzione di Clara Durastanti e Clara Ciccioni. Nero.

Jeanneret, Y., Souchier, E. (1998). « Pour une poétique de l’écrit d’écran », Xoana, 6.

Jost, F. (2022). Est-ce que tu mèmes. CNRS éditions.

Lolli, A. (2017). La guerra dei meme. Fenomenologia di uno scherzo infinito. Effequ.

Marcoccia, M. (2024). « El Risitas: itinéraire d’un même, en ligne et hors ligne », Hybrid, 12. https://journals.openedition.org/hybrid/4333

Neghabat, A., Miesenberger, C. (2022). « Every meme maker we know is exhausted », Critical Meme Reader II. Memetic Tacticality. Institute of Network Cultures.

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Saemmer, A., Tréhondart, N., Coquelin, L. (2022). Sur quoi se fondent nos interprétations ? Introduction à la sémiotique sociale appliquée aux images dactualité, séries télé et sites web de médias. Presses de l’Ensib.

Simon, J. (2024). « Le tournant musical des mèmes ? Le cas des Meow Cat Memes », Hybrid, 12. https://journals.openedition.org/hybrid/4440

Wagener, A. (2022). Mèmologie. Théorie postdigitale des mèmes. UGA éditions.

Wittgenstein, L. (2021). Ricerche filosofiche. Einaudi.

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Notes

1 Diversi video sono stati condivisi inizialmente da Crawly (@crawl.possessed) su Tiktok e Instagram, a partire dalla fine del mese di giugno 2024. Per una storia più dettagliata di Gnomes vs. Knights, si veda: https://knowyourmeme.com/memes/gnomes-vs-knights (consultato il 07/02/2025).

2 Per il tema musicale si veda: https://www.youtube.com/watch?v=LWi_wCtLW90 (consultato il 30/04/2025).

3 La lore, abbreviazione di folklore, è l’universo (in senso esteso) che compone un oggetto culturale: si tratta certamente dei personaggi che lo abitano, ma anche dei valori che istilla.

4 Alcuni profili hanno persino creato dei video e delle saghe molto complesse per spiegare lo svolgimento della battaglia. Si Vedano per esempio le creazioni su Instagram di @gossipgoblin: https://www.instagram.com/reel/C9H-R2zIra1/?igsh=MXNmdXdpemhkaW91aw%3D%3D; e di @Wothius: https://www.instagram.com/reel/C9Ca8sGiTzH/?igsh=YzRvNG1jeWtsbmIy. Il conflitto si è anche svolto su altre piattaforme, come Reddit: https://www.reddit.com/r/GnomesVsKnights/ (link consultati il 12/02/2025).

5 Si veda ad esempio il video di KFC: https://www.instagram.com/reel/C9Al7Ryi8jO/?igsh=MW8yaWRyb3JmeHl6OA%3D%3D; o anche di Ryanair: https://www.instagram.com/reel/C9Ig8XRhe7h/?igsh=cml3cHhweHdzaWYw (link consultati il 12/02/25).

6 È questo il caso nel video qui citato, in cui uno gnomo e un cavaliere perturbano l’attività di un Mc Donald’s: https://www.youtube.com/shorts/pFGgIt9vc24 (consultato il 12/02/25).

7 I situazionisti tentavano, attraverso pratiche sovversive, di superare l’arte realizzando situazioni pratiche (détournements, derive, etc.). Queste situazioni erano in rottura con la vita quotidiana ordinaria e miravano una forma di riappropriazione della stessa (Debord, 2006).

8 La formulazione riprende la celebre formulazione di Jack Goody (Goody, 1977) L’addomesticamento del pensiero selvaggio (1981 per l’edizione italiana). Pensiamo per esempio alle esposizioni di meme in gallerie d’arte (Bril, 2022).

9 Il primo numero della rivista L’Internationale Situationniste insisteva sul fatto che « La nozione di situazionismo è evidentemente concepita dagli anti-situazionisti » (Debord, 2006, p. 358).

10 Pensiamo nello specifico al ruolo dei meme durante le elezioni statunitensi del novembre 2024. Si veda: https://theconversation.com/memes-photojournalism-and-television-debates-3-images-that-defined-the-2024-us-election-242689 (consultato il 08/02/2025).

11 L’arcitesto, tratto dalla semiotica delle scritture schermologiche [écrits d’écran], designa le « modalità standardizzate che, negli strumenti digitali, guidano le pratiche espressive » (Saemmer, 2018). A riguardo, si veda anche (Jeanneret & Souchier, 1998).

12 Potremmo anche aggiungere che lo studio dei meme implica un certo lavoro mentale, un mental labor (Neghabat & Miesenberger, 2022) che non concerne unicamente i creatori e le creatrici di meme, ma anche i ricercatori e le ricercatrici che si confrontano con questi oggetti al contempo spassosi e spossanti.

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Pour citer cet article

Référence électronique

Laurence Allard , Irene De Togni , Fabrizio Defilippi , Lucas Fritz , Adrien Péquignot  et Gabriele Stera, « Performatività, addomesticamento e resistenze memetiche »Hybrid [En ligne], 13 | 2025, mis en ligne le 28 avril 2025, consulté le 23 mai 2025. URL : http://journals.openedition.org/hybrid/5006 ; DOI : https://doi.org/10.4000/13ut4

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Auteurs

Laurence Allard 

Laurence Allard (università Lille/IRCAV-Paris 3) è professoressa associata in Scienze della Comunicazione all’Università di Lille - Dipartimento Culture e all’IRCAV-Paris Sorbonne Nouvelle. È sociologa degli usi del digitale. Antropologa e traduttrice di Donna Haraway con Delphine Gardey et Nathalie Magnan, Manifeste Cyborg. Sciences-Fictions-Féminismes, Exils, 2007. Ultimo libro pubblicato : Écologies du smartphone, Le Bord de l’Eau, 2021 con Alexandre Monnin et Nicolas Nova. 

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Irene De Togni 

Irene De Togni (università Paris Nanterre/Dicen-IdF) è dottoranda in scienze dell’informazione e della comunicazione. Lavora sulle scritture digitali partecipative sulle piattaforme di critica culturale e più specificamente sulla lista come forma digitale di strutturazione e d’organizzazione della partecipazione. Si interessa inoltre ai rapporti tra genere e generazione nelle scritture digitali.

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Fabrizio Defilippi 

Fabrizio Defilippi (università Paris Nanterre/Dicen IdF) è dottorando in scienze dell’informazione e della comunicazione, con una tesi sugli immaginari sociotecnici del futuro. Le sue ricerche portano sugli immaginari dell’Antropocene e sulla produzione discorsiva degli scenari sociotecnici nel territorio francese. Si interessa anche ai meme come vettori di significazioni sociali condivise.

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Lucas Fritz 

Lucas Fritz (università Paris Nanterre /Dicen-Idf/IRIS-EHESS) è dottorando in scienze dell’informazione e della comunicazione e in sociologia, con una tesi sulla « neurodiversità » e sulle « neuronorme »: il militantismo della differenza neurologica e psichica, e l’evoluzione delle norme di comunicazione e delle esperienze di « disturbi » all’era dell’emergenza congiunta del digitale e delle neuroscienze. Si interessa ai meme attraverso la questione dell’accessibilità delle modalità d’informazione e di comunicazione (digitale e non) e dei paradossi che ne derivano.

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Adrien Péquignot 

Adrien Péquignot (università Paris 8/EUR ArTeC/CEMTI) è dottorando in scienze dell’informazione e della comunicazione all’Università Paris 8. Le sue ricerche portano sulla trasformazione delle relazioni indotta dalla digitalizzazione di alcune pratiche sociali.

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Gabriele Stera

Gabriele Stera (università Paris 8/EUR ArTeC/Fablitt) è ricercatore, traduttore e artista, attivo in Francia e in Italia. È attualmente dottorando all’Università Paris 8 dove svolge una tesi in letteratura dedicata agli usi creativi del sottotitolaggio audiovisivo. Le sue ricerche portano sulle relazioni tra testo e immagine e sull’usa creativo dei dispositivi paratestuali utilitari.

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