La creazione della res privata: revisione preliminare delle fonti
Résumés
Il presente contributo offre un riesame delle fonti su cui si basa la ricostruzione della formazione della res privata nell’età dei Severi (193-235). Si discute come il convergere di fonti disparate verso una narrazione univoca sembri semplificare eccessivamente un quadro altrimenti meno lineare. Emerge soprattutto come alcune presunte innovazioni severiane siano già presenti in nuce in età tardo-antonina.
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Il presente contributo rielabora spunti presentati in seminari e conferenze tenute all’Università Libera di Bruxelles, a Trento e a Roma 3. Ringrazio gli ospiti di quelle occasioni per le loro critiche e commenti. Un ringraziamento particolare a Vito Loré per avermi proposto di pubblicare in questa sede, e per gli stimoli intellettuali e la pazienza di cui ha voluto farmi dono. Elio Lo Cascio ha discusso con me, con la consueta generosità e intelligenza, i contenuti del presente saggio. Considero il presente articolo un ideale seguito di Maiuro 2020, e mi ripropongo di analizzare la res privata nel tardo III secolo e nella prima metà del IV in uno scritto di prossima pubblicazione.
Texte intégral
- 1 Zuiderhoek 2015, p. 1: «In a sense, the history of the Roman land is the history of the Roman state (...)
- 2 Lo Cascio 2015, p. 70; l’articolo è la migliore sintesi sui problemi qui toccati.
- 3 In una sezione di Maiuro 2012a mi avventuro, cosciente del carattere speculativo dell’esercizio, in (...)
1Se è corretta l’osservazione di A. Zuiderhoek per cui «in un certo senso, la storia della terra romana è la storia dello stato romano», la storia della proprietà terriera degli imperatori rende la sua affermazione ancor più cogente.1 E. Lo Cascio giustamente sottolinea che «è impossibile persino fornire ordini di grandezza» riferendosi alla dimensione, alla crescita o alla riduzione delle pertinenze fondiarie del fisco.2 In effetti, le pertinenze fondiarie del fisco costituiscono uno dei fattori cruciali che hanno plasmato l’economia e la performance economica dell’Impero Romano; d’altra parte, pochi esercizi si rivelano più frustranti del tentativo di assegnare semplicemente una cifra o un ordine di grandezza a concetti che sono tanto correttamente descrittivi quanto euristicamente vaghi, come crescita, declino, riduzione, ecc.3
2C’è un ostacolo ulteriore, se vogliamo più tradizionale, in questo campo di studio già accidentato, per il quale le nostre prove non sono necessariamente scarse, ma intrinsecamente difficili da valutare con i nostri parametri giuridici e tale ostacolo concerne la natura giuridica e, di conseguenza, l’amministrazione e la protezione di quelle risorse. Non ci si può dilungare qui a ripercorrere un dibattito lungo più di un secolo. La portata e il contenuto del presente contributo sono assolutamente modesti. Cercherò di valutare la validità di alcune importanti prese di posizione storiografiche riguardanti i presunti cambiamenti epocali nella storia delle proprietà imperiali in età severiana, riesaminando un set il più possibile completo di documenti pertinenti, alcuni dei quali di recente pubblicazione. Mi propongo di confrontare quei documenti che sono stati invocati e analizzati per provare o confermare ciò che le fonti letterarie sembrano dire in oggetto per il periodo severiano. Finirò per sollevare alcuni dubbi sul modo in cui il filone prevalente di studi ha di fatto voluto far concorrere dati di origine disparata in un quadro storico che, a mio parere, è meno chiaro e lineare di quanto si sostenga di solito. Solleverò quindi dubbi piuttosto che scioglierli, e questo è, temo, il limite maggiore del presente contributo.
Quadri contradditori, traiettorie non lineari
- 4 Lo Cascio 2005a; ma già Lo Cascio 1971-1972; Letta 1991; Birley 1988.
- 5 L’orazione di Pertinace in Senato in cui fornisce la drammatica cifra di un milione di sesterzi qua (...)
- 6 In generale, da ultimo Maiuro 2018 con bibl. precedente.
3Il consenso degli studiosi è grosso modo il seguente:4 la dinastia dei Severi – e il suo fondatore in primis – affrontò la drammatica carenza di fondi imperiali5 introducendo alcune drastiche ed efficaci riforme.6 Settimio Severo svilì il fino della moneta d’argento, abbassando il contenuto argenteo del denario a circa il 50%, e finanziando attraverso tale riduzione un generoso programma di spesa pubblica (compreso un aumento dei salari dei soldati, un nuovo ambizioso programma di edilizia pubblica – a Roma e altrove – e un aumento del numero complessivo di posti salariati nell’amministrazione imperiale). Creò un nuovo ramo nell’amministrazione del fisco imperiale, responsabile della gestione del conto privato dell’imperatore, la res privata; grazie al lavoro dei grandi giuristi della cui collaborazione si avvalse, diede cogenza e coerenza alla legislazione speciale che proteggeva l’amministrazione finanziaria imperiale, il cosiddetto ius fisci; e infine, confiscò le proprietà, vale a dire aggregò alla massa fondiaria dei beni già imperiali i beni terrieri dei suoi avversari nelle guerre civili, cioè Didius Iulianus, Pescennius Niger e Clodius Albinus insieme a quella dei loro sodali, e così facendo mise il comparto finanziario alimentato da beni immobili appartenenti al suo fisco su una nuova, più solida base, in termini di dimensioni e, di conseguenza, di entrate fiscali.
- 7 Nesselhauf 1964; Masi 1971; Lo Cascio 1971-1972 tiene una posizione diversa, qui seguita.
4Il dossier letterario concernente tali riforme è scarno. Non apprendiamo molto su di esse da Cassio Dione, la cui narrazione per il periodo è conservata solo in escerti, e ciò che raccogliamo da Erodiano è piuttosto generico. La nostra fonte di informazioni più esplicita riguardo alle riforme imperiali in materia di fisco e sua amministrazione è l’Historia Augusta, la cui affidabilità è, nel migliore dei casi, dubbia, e che si rivela spesso, alla prova della documentazione parallela, completamente o parzialmente falsa. E, di fatti, sia Nesselhauf, sia Masi, due degli invero pochi studiosi che si sono avventurati in questi temi nel corso del secondo dopoguerra, hanno finito per screditare completamente la Historia Augusta.7
- 8 In generale, per le costituzioni sino al 197, v. Coriat 2014; fondamentale Coriat 1997.
- 9 Il de iure fisci et populi di Callistrato è stato attribuito solitamente al periodo tra il 193 e il (...)
- 10 Il de iure fisci di Paolo è da datare poco dopo il 211; il de portionibus quae liberis damnatorum c (...)
- 11 Il de delatoribus è datato o poco dopo il 217 (da ultimo Puliatti 2020, p. 164) ovvero in età di Ca (...)
- 12 La paternità ulpianea del fragm. de iure fisci è difesa in letteratura da Cervenca 1981; Cerami 197 (...)
- 13 Rimane fondamentale Cerami 1973; Lenz 1994; Puliatti 2020 che supera Puliatti 1992.
- 14 Fondamentali i lavori di Coriat 1997; Coriat 2014. Unica menzione di un procurator rationis privata (...)
- 15 Ovviamente questa osservazione, seppure corretta, non prova nulla circa la rilevanza delle riforme (...)
5Al contrario, le nostre fonti giuridiche del periodo,8 sia le costituzioni imperiali sia i frammenti dei giuristi, sono relativamente abbondanti, estremamente rilevanti, e costituiscono l’ossatura di qualsiasi analisi seria e approfondita dei modi in cui l’amministrazione finanziaria risolveva i casi o affrontava i problemi che si ponevano a quella branca del diritto che, proprio in quei decenni, trovava una definizione quale tertium genus tra diritto privato e diritto pubblico, vale a dire il diritto formatosi a protezione del fisco imperiale. Infatti, fu durante il regno di Settimio Severo e poi di Caracalla che Callistrato,9 Paolo,10 Marciano,11 quindi probabilmente Ulpiano12 scrissero i trattati de iure fisci (ovvero de portionibus di Paolo, de delatoribus di Marciano), monografie dedicate ai diritti speciali dello Stato in materia di controversie legali, arretrati e crediti al fisco, status personale degli schiavi imperiali, limiti e ambiti di applicazione per i quali poteva essere ammessa una delatio, vale a dire di una denuncia a nome del fisco; infine, e punto davvero cruciale, il plesso di regole concernenti le obbligazioni dei contraenti con il fisco, materia delicatissima per la quale un numero notevole ed eterogeneo di soggetti prestanti opere per lo Stato poteva essere interessato.13 Le nostre fonti normative e giurisprudenziali per i temi in oggetto e per il periodo di cui stiamo discutendo sono relativamente abbondanti; si leggono diverse decine di costituzioni che trattano di questioni fiscali, e i frammenti di giuristi raccolti nel Digesto la cui materia riguarda, direttamente o indirettamente, il fisco e le risorse imperiali sono nell’ordine delle centinaia. È importante tuttavia notare che né le costituzioni severiane, né i frammenti dei giuristi, contengano alcuna informazione rilevante sulle riforme ritenute cruciali portate avanti da Settimio Severo e dai suoi figli.14 In breve, quanto leggiamo nelle fonti storiografiche a proposito di riforme fiscali e quanto pervenuto dei provvedimenti imperiali e della giurisprudenza a proposito del medesimo campo di azione imperiale (il fisco, il suo diritto, i suoi privilegi) non sembra avere chiari punti di contatto.15
- 16 L’ultimo elenco completo di attestazioni epigrafiche di personale (procuratores, tabularii, dispens (...)
- 17 Ti. Claudius Zeno Ulpianus: CIL 11.6337 = D. 1422 (Pflaum 1960, n. 228); Q. Valerius Romulus, CIL 6 (...)
- 18 Si v. le tabelle riassuntive in Pflaum 1960 e Pflaum 1982.
- 19 Per le regiones e la loro istituzione in età flavia, Maiuro 2012b e Maiuro 2014; una lista completa (...)
6Al contrario, la documentazione epigrafica – le iscrizioni monumentali poste in onore dei membri dell’ordine senatorio e, soprattutto, dell’ordine equestre – sembra confermare quanto altrimenti noto dalle testimonianze letterarie. Per quanto riguarda l’amministrazione del fisco imperiale, abbiamo diverse iscrizioni che si riferiscono a funzionari responsabili della ratio privata, un ramo separato dal patrimonium, e questo è stato tradizionalmente preso come il nostro miglior indizio per la creazione della rerum privatarum procuratio, secondo l’espressione del biografo di Settimio Severo nella Historia Augusta.16 Una procuratela speciale, anche se di breve durata, fu creata dopo confische apparentemente estese, cioè il procuratore ad bona damnatorum.17 E alcune importanti funzioni incaricate della gestione dei demani imperiali furono create in tutta Italia e nell’Impero, rendendo verosimilmente più efficace e diffusa la presenza di funzionari ad hoc.18 Non dobbiamo dimenticare, tuttavia, che la nostra conoscenza dell’esistenza di tali cariche è casuale e dovuta all’alea del ritrovamento epigrafico; inoltre, il motivo della loro stessa creazione ci rimane ignoto. È possibile ipotizzare che si siano create nuove regiones o distretti patrimoniali periferici per una più efficiente gestione locale delle proprietà, dei redditi e delle rendite associati, con procuratores, dispensatores, tabularii e arcarii preposti alla loro amministrazione. Impossibile tuttavia dimostrare che essi siano davvero stati creati, in gran numero, in età severiana.19 Inoltre, la moltiplicazione delle cariche e dei posti è un fenomeno che abbraccia ogni altro settore dell’amministrazione romana del periodo severiano, e non deve essere letto come indicativo di un cambiamento sostanziale in questo particolare ramo, né prova di per sé un nuovo atteggiamento specifico dell’amministrazione imperiale nei confronti di questo comparto.
- 20 Ma v. Carandini 1993 per un’esplicita comparazione.
- 21 Non è possibile neanche accennare agli sviluppi storiografici qui sommariamente descritti. V. per u (...)
- 22 Fondamentale Vera 1995; Carrié – Rousselle 1999, p. 558-560; Carrié 2017, p. 20-21.
7Una ben radicata tradizione di studi ha cercato di leggere i cursus equestri trasmessi per via epigrafica insieme alle fonti letterarie, del tutto comprensibilmente, e in effetti queste due classi, anche se lacunose e silenziose sui dettagli, hanno rafforzato vicendevolmente la ricostruzione di una narrazione storica che si è imposta come un fatto provato. Questo è un caso in cui è presente il rischio di un’argomentazione circolare: la creazione della res privata è dimostrata dal dato epigrafico e il dato epigrafico può essere interpretato grazie alla Historia Augusta; le massicce confische sono provate dai procuratori ad bona damnatorum, e costoro devono essersi occupati delle confische dei nemici di Severo. Tutto ciò è stato letto quale prova che un salto nella dimensione quantitativa delle proprietà imperiali ha avuto luogo durante i primi anni di Settimio Severo. Costruendo ulteriori ipotesi su questa base, altre classi di prove sono state invocate per confermare il quadro, o sono state interpretate secondo il seguente modello generale: i bolli e i tituli picti sulle anfore di olio d’oliva accumulate a Testaccio sono stati letti come una chiara prova che i Severi entrarono massicciamente nella produzione dell’olio d’oliva grazie alle proscrizioni (i bolli), e si assunsero i costi del suo trasporto (i tituli picti); i nomi dei privati sui bolli relativi a produzioni di mattoni dal suburbio di Roma scomparvero del tutto nel periodo severiano, e anche questo è stato letto come conseguenza di una politica ben pianificata. Un fantasma storiografico incombe ancora su tali ricostruzioni, ed è la teoria secondo la quale il periodo dei Severi portò un deciso spostamento verso un sistema economico in cui lo Stato era molto più presente, in alcuni casi monopolizzando interi settori della produzione e della distribuzione: un passo decisivo verso il cosiddetto stile economico della tarda antichità, dipinto a sua volta come un sistema dominato dallo Stato. Inutile dire che questo quadro generale è frutto di suggestioni e di condizionamenti novecenteschi (le economie pianificate, le loro inefficienze, la loro elefantiasi burocratica e infine il loro tracollo fungono da modello raramente esplicitato per simili ricostruzioni)20 ed è stato infine contestato, e non vi è più consenso sulla traiettoria dell’economia post-antonina e tardoantica, se mai questa espressione abbia oggi un qualche senso.21 Quindi, non vi è necessità di fare dell’epoca dei Severi un passo necessario verso un mondo completamente diverso, visto tradizionalmente come molto meno sviluppato dell’epoca del Principato. Inoltre, una contraddizione logica riguardante il ruolo che si suppone abbia avuto il latifondo imperiale in questa traiettoria di presunta decadenza economica ne mina la verosimiglianza. È ampiamente ammesso che, a partire da Costantino, se non da un cinquantennio prima, lo Stato avviò un processo di alienazione, o privatizzazione, di parte del suo patrimonio immobiliare. L’alienazione di beni fondiari sarebbe provata dalla pratica di cedere titoli di proprietà a soggetti emergenti (le basiliche cristiane, la nuova aristocrazia, i barbari insediati) o di vincolarne lo sfruttamento con contratti a lunghissimo periodo come quelli enfiteuticari o salvo canone;22 la contraddizione nel modello storiografico risiede nel fatto che il periodo severiano avrebbe posto le basi per un’economia dominata dallo Stato, ampliando il suo capitale fisso e rafforzando il suo ruolo, e tuttavia tale capitale ma non il suo ruolo sembra essersi contratto nel periodo immediatamente successivo. Pertanto, o la storia della terra imperiale non è più storia dello Stato romano, per parafrasare la suggestione da cui abbiamo preso le mosse, o qualcosa nelle ricostruzioni avanzate deve essere soggetto a revisione. È quanto ci si propone di fare in queste note.
Una storia più lunga, una continuità più forte
- 23 SHA, Vita Severi, 12, 1-4.
8In particolare, dobbiamo le nostre conoscenze sulla creazione della res privata – anzi, secondo il tardo biografo, della rerum privatarum procuratio – a un noto passo che collega questa nuova, importante carica (che potenziò l’amministrazione dei demani imperiali, se non creò una nuova categoria giuridica di terra imperiale, come molti studiosi ancora credono), alla confisca delle proprietà dei nemici di Settimio.23
- 24 Jacques 1992; sul genere della Historia Augusta, sui bogus names e sulla volontà delle biografie di (...)
- 25 Si noti, inoltre, che il biografo non sembra voler scrivere che tutte le proprietà furono incorpora (...)
- 26 I rapporti tra res privata e patrimonium, le loro reciproche sfere di competenza, infine la natura (...)
9Un’intera generazione di storici, prosopografi ed epigrafisti ha cercato di accertare l’attendibilità di una lunga sezione della biografia (vita Severi, 13) in cui sono elencati i nomi dei senatori le cui proprietà furono confiscate, vale a dire che furono incorporate nel patrimonio fondiario del fisco. F. Jacques dimostrò che la maggior parte dei nomi della lista erano maldestre invenzioni, bogus names.24 Secondo il tardo biografo, le confische furono massicce in Spagna, nelle Gallie e in Italia, evidentemente riferendosi alla guerra civile contro Clodio Albino; scrive che questi beni furono accantonati nell’aerarium, anche se questo riferimento al tesoro pubblico appare un anacronismo che deve riferirsi al vocabolario amministrativo di IV secolo.25 Parte di queste nuove risorse finanziò un aumento delle paghe militari, e fu allora che venne creata la nuova procuratela, il che significa che la res privata affiancò il patrimonium quale secondo resort patrimoniale.26
- 27 CIL 10.6657 = D. 1387 (Antium); AE 1945, 80 = ERC App. II, 2 = EDR073515; Aquilius è menzionato anc (...)
- 28 Nesselhauf 1964.
- 29 AE 1961, 80.
10Proverò qui ad analizzare le varie classi di fonti separatamente, ciascuna per i propri meriti, ciascuna con i propri strumenti filologici, lasciando alle conclusioni una lettura d’insieme. Iniziamo con l’epigrafia monumentale: tre documenti, uno pubblicato nel 1945, un secondo nel 1961 e il terzo nel 2014, hanno arricchito e in qualche modo profondamente alterato la ricostruzione tradizionale. La dedica a M. Aquilius Felix rinvenuta presso Canusium reca un cursus i cui uffici sono elencati nella stessa sequenza di un’altra dedica da tempo nota e proveniente da Antium;27 egli sarebbe stato proc(urator) rat(ionis) patr(imonii) nel primo, proc(urator) patr(imonii) nel secondo; prima (o in concomitanza) della carica di procuratore del patrimonio ottenuto per una seconda volta, egli risulta proc(urator) rat(ionis) priv(atae) Aug(usti) n(ostri) nel primo, proc(urator) hered(itatium) patrim(onii) privat(-i vel ae) nel secondo. Questa differenza nella nomenclatura degli stessi uffici è indicativa; il patrimonium della ratio privata poteva essere derivato dalle hereditates, e questa incertezza nella nomenclatura degli uffici tenuti già dall’inizio del regno di Settimio Severo (193) potrebbe provare che fu in quel momento che l’ufficio della res privata fu creato.28 Infatti, il cursus di T. Aius Sanctus, noto da un’iscrizione urbana pubblicata nel 1961,29 testimonia che la procuratio rationis privatae esisteva, come ramo separato dal patrimonium, già negli anni di Marco, molto probabilmente intorno al 170-5, se si segue la cronologia di Nesselhauf o di Pflaum.
- 30 Editio princeps: Nonnis 2014; Maiuro 2020.
11Ancora più importante è l’iscrizione di recente pubblicata su un altare funerario molto più modesto, appartenente a un procuratore imperiale di rango libertino, liberato da Traiano, che servì prima come procurator praediorum Tiburtinorum, poi come procurator rationis privatae. Ho illustrato altrove le ragioni per cui ritengo che la nuova procuratela sia stata creata nella seconda decade del secondo secolo.30
- 31 Wickert 1954; Sen., de ben., 7, 6, 1; Plin., Pan., 50, 2; Ulp., 68 ad ed. (Dig., 43, 8, 2, 4). Sul (...)
- 32 Bibl. in Maiuro 2020 e ampia dimostrazione del punto in oggetto.
12Qui ripercorro alcuni punti generali: privatus non può riferirsi all’origine di tale conto o al suo particolare status giuridico: tutto ciò che si trova nel fisco può essere definito come privato dell’imperatore, secondo il famoso passo del de beneficiis di Seneca, o tutto ciò che è in possesso di Cesare è come se fosse privato dell’imperatore, secondo un altro frammento altrettanto famoso di Ulpiano.31 Questo basterebbe ad escludere una delle teorie più popolari sull’origine della ratio privata: che servisse a mettere da parte i fondi e i beni immobili che erano appartenuti agli imperatori prima della loro ascesa alla porpora. Inoltre, privatus è un aggettivo che non è mai associato all’imperatore nella letteratura del Principato. In una dimostrazione classica, Wickert ha evidenziato il tema ricorrente lungo tutta la letteratura, greca e latina, del Principato, fino alla tarda antichità, secondo cui l’unica persona dell’Impero che non può essere definita privatus è l’Imperatore; egli è l’unico non-privatus dell’Impero.32
- 33 Lo Cascio 1971-1972.
- 34 CIL 8.27459, commentato da Nesselhauf 1964 in merito al momento della istituzione della res privata(...)
- 35 Sulle proprietà di Matidia, Andermahr 2000, p. 332-336, ad n. 331; sulla donna, PIR2 M 368; delle f (...)
13E in effetti, l’innovazione nella nomenclatura del ramo del fisco è piuttosto sorprendente, e senza dubbio essa deve essere stata prodotta all’interno della burocrazia per fini pratici e amministrativi, senza alcuna corrispondente innovazione del quadro giuridico o ideologico. A mio parere, l’aggettivo privata riferito alla ratio può solo significare che il nuovo conto è stato creato per coprire alcune spese non pubbliche sostenute dal fisco, vale a dire per la corte e l’amministrazione della domus Augusta. Come sosteneva Lo Cascio già mezzo secolo fa,33 in modo del tutto convincente, la ratio privata era in origine solo una ratio, un conto tra i tanti all’interno dell’ufficio dell’a rationibus, e aggiungerei che privata doveva indicare all’inizio della sua istituzione la destinazione e lo scopo di tale conto, non la sua origine o qualità giuridica. Infatti, la sua creazione nel periodo tardo traianeo-inizio adrianeo passò completamente inosservata nelle fonti letterarie, giuridiche e, prima del testo di recente pubblicato, era ignota anche dalle fonti epigrafiche. Le iscrizioni di Aquilius Felix effettivamente indicano che questo conto era permanentemente dotato di fonti di reddito e rendita rilevanti, di un patrimonium, una massa fondiaria aggregata in forma stabile al conto amministrativo, e molto probabilmente derivata da proprietà lasciate in eredità agli imperatori. Questo spiegherebbe la doppia nomenclatura della carica rivestita da Aquilius Felix: procurator rationis privatae o procurator hereditatium patrimonii privat(-i vel -ae). La medesima carica prenderebbe il nome dal conto o, in alternativa, dalla fonte di reddito che alimentava il conto, il patrimonio delle eredità del conto privato. Così, nei circa cinquanta anni tra Traiano e Marco Aurelio, il procurator rationis privatae crebbe di importanza, e potremmo supporre che quello che era stato solo un conto amministrativo responsabile di un comparto limitato delle spese imperiali divenne lentamente un ufficio responsabile anche della gestione di beni immobili. Un indizio di questo sviluppo che precede i Severi potrebbe essere visto nella particolare concentrazione di attestazioni di proprietà fondiarie in capo alla ratio privata in Mauretania, dove sono stati rinvenuti diversi cippi di confine, fatti porre anche da procuratori della ratio privata, di cui uno datato all’età di Antonino Pio,34 e che racchiudono un territorio di notevole estensione, quasi certamente un lascito ereditario da parte di Matidia la Giovane. Un lascito enorme all’imperatore da parte della cognata di Adriano fu destinato ad accrescere, per ragioni che né conosciamo né possiamo divinare, il patrimonio della ratio privata, invece di ricadere nell’amministrazione della ratio patrimonii.35
- 36 Molto studiato: Manacorda 1977; Lomas – Saez 1981; Mata Soler 2020.
- 37 Kalendarium Velianum: D. 9470 = AE 1910, 169; per la cronologia, Ch. Habicht, in IvPergamon, 8.3.89 (...)
- 38 Kalendarium Caesianum: SEG 44 (1997), 553, su cui Nigdelis 1994.
14In effetti, negli ultimi trent’anni del periodo antonino alcune grandi fortune lasciate in eredità agli imperatori furono gestite come conti separati; il più famoso è il kalendarium Vegetianum in Baetica,36 su cui torneremo tra poco, ma anche il kalendarium Velianum, istituito probabilmente nell’età di Commodo a Laodicaea Combusta,37 e il kalendarium Caesianum di Tessalonica testimoniato in età severiana38 ne sono altrettanti esempi. Non sappiamo come e perché questi agglomerati di proprietà e denaro fossero gestiti separatamente, mantenendo una propria struttura finanziaria separata; potrebbe essere stato il risultato di una decisione presa dagli uffici del patrimonium (o della ratio privata), o, più probabilmente, la loro gestione era in qualche modo dettata dalla volontà del defunto ex proprietario.
15Ciò che è interessante notare è che, anche nel tardo periodo antonino o all’inizio del periodo severiano, le eredità rimasero una delle principali – se non la principale – fonte di ampliamento del patrimonio del fisco imperiale, e ciò è tutto fuorché sorprendente.
- 39 Maiuro 2012a.
16Come si è argomentato altrove, confiscare e incorporare i beni di senatori condannati per motivi politici rimase un evento raro ed eccezionale nella storia del Principato, fino a Settimio Severo.39 In questo la nostra documentazione letteraria è totalmente fuorviante e tendenziosa. La regola, che quasi non conosce eccezioni sino al II secolo inoltrato, era quella di confiscare e vendere tali proprietà, anche quelle senatorie. E in effetti, la lunga e complessa storia amministrativa della ratio privata ci insegna la lezione che questo ramo fu, almeno fino ai primi anni di Settimio Severo, alimentato con le eredità.
- 40 Lo scioglimento col(oni) è, a mio avviso, più probabile di col(onia) o c(onductores) ol(elari): v. (...)
- 41 Moros Diaz et al. 2010.
17Si è sostenuto che la nostra migliore prova di ampie confische in Spagna durante l’età di Settimio Severo è fornita dai bolli sulle anse delle anfore Dressel 20 e dai tituli picti sulla pancia di tali anfore. Lo studio della cronologia e della sequenza dei bolli non è giunto a una soluzione definitiva, e una diversa lettura dei dati potrebbe portare a ricostruzioni anche sensibilmente diverse; tre figline, la Barba(-) e la Grume(n)se, lungo il fiume Guadalquivir (Baetis), la Caeparia nella valle del Genil, producono anfore a diverse decine di chilometri l’una dall’altra, in territori appartenenti a tre conventus differenti (rispettivamente di Corduba, di Hispalis e di Astigi), e tuttavia recano, pur essendo unità di produzione discrete, una medesima serie di domini; è certo, infatti, che i duo Aurelii Heraclae, pater et filius, timbrano anfore in tutte e tre le figline; che i (tres, poi duo, infine un solo) Augusti nostri timbrano Dressel 20 nelle tre figline, e infine che i col(oni) appartenenti al kalendarium Vegetianum producano tali contenitori, tutti contemporaneamente.40 Il consenso pressoché unanime sino ad anni recenti voleva che che i bolli dovessero essere letti in una sorta di successione, quindi che non potessero essere contemporanei. Qualunque l’ordine che si voglia adottare, il duo Aurelii, i tres Augusti e i coloni avrebbero gestito le tre figline come un’unica proprietà, ma in tre momenti diversi. Solo la scoperta presso un’altra figlina – la Paterna – del dato per cui le anfore erano lì timbrate contemporaneamente dai tres Augusti e da un imprenditore privato ha rimesso giustamente in dubbio l’intero edificio interpretativo.41 In realtà, i timbri, salvo prove esterne che possono dedursi dalla stratigrafia del Testaccio, potrebbero benissimo essere stati impressi nello stesso momento, e il timbro certificherebbe e distinguerebbe, in questo caso, la proprietà del lotto di anfore nella fornace, o nel tegularium dove sono essiccate, o nell’horreum dove sono stoccate, non la proprietà della fornace stessa.
- 42 Remesal Rodrìguez 1996; teoria ripresa da molti altri studiosi. Si vorrebbe vedere nei bolli IIMVSA (...)
- 43 Remesal Rodrìguez 2013.
- 44 Remesal Rodrìguez 2018.
- 45 Dati in Moros 2014 e Remesal Rodrìguez 2018. CIL 15.2572 trovato al Testaccio in associazione ad un (...)
- 46 Idea avanzata, senza alcuna prova, da Remesal Rodrìguez 2013; Remesal Rodrìguez 2018: si pensa ad u (...)
18Ciò che però è più importante nell’economia del nostro discorso è il tentativo che viene fatto di leggere tali timbri come prova di ampie confische dopo la morte di Albino42. Sorgono subito due ordini di problemi: innanzitutto la cronologia. Anche se accettassimo che gli Augusti tres possano aver fatto timbrare i loro nomi prima che Geta fosse nominato Augusto, nel 209, è difficile immaginare che questa fosse la formula adottata già nel 197 o 198 (il momento delle presunte confische), quando Geta aveva 8 anni. Inoltre, se la timbratura fosse iniziata nel 197, ci aspetteremmo di avere un numero di bolli in cui figurano i tre Augusti molte volte maggiore dei bolli con due soli Augusti (certamente relativi al solo anno 211, dato che una G e una N sono cancellate), o un solo Augusto (dal 212, due G e due N cancellate), il che non è il caso. In breve, tutto sembra indicare che i tre Augusti devono aver avuto il loro nome impresso negli anni 205-211, dato che nel cumulo del Testaccio essi sembrano comparire al più presto in scarichi relativi all’anno 20543 e quasi un decennio sarebbe quindi trascorso tra le presunte confische e la prima apparizione degli Augusti sui timbri apposti sulle anse dei contenitori. Inoltre, mi sembra che nessuno tra gli studiosi che hanno studiato i timbri ha enfatizzato debitamente il fatto che la prima apparizione dei timbri imperiali è con i tre Augusti, e non c’è nessun sigillo di nuova fattura con i nomi dei due Augusti (Caracalla e Geta) o con un solo Augusto (Caracalla) – solo vecchi sigilli con G e N cancellate. Questo, a mio parere, è un forte indicatore che la timbratura con i nomi degli imperatori fu di breve durata, probabilmente non molto più di un lustro, come detto. E, soprattutto, fu sporadica se non si ebbe la necessità di rinnovare i punzoni ma semplicemente di riusare quelli già disponibili. Non a caso, pochi sono i timbri di età severiana con il nome degli imperatori dal Monte Testaccio e altrove, soprattutto se confrontati con i numerosi altri di privati.44 Questo dato è indubbiamente rilevante: le presunte grandi confische non sembrano aver mutato la proporzione tra anfore con bollo imperiale e bollo di privati. Ma l’obiezione più seria alla lettura oggi prevalente di tali timbri nasce dall’occorrenza dell’abbreviazione del K(alendarium) V(egetianum), un ramo dell’amministrazione fiscale che esisteva al più tardi dagli anni sessanta del II secolo come entità amministrativa gestionale separata dal resto del patrimonio imperiale della provincia. I bolli con menzione del Kalendarium sembrano comparire in anni più tardi, dopo il 211, rispetto alle altre due serie:45 l’aporia è stata risolta immaginando che le tre figline fossero gestite dal kalendarium solo dopo essere state incorporate come proprietà confiscate nella ratio privata.46 In breve, si immaginano grandi confische che avrebbero alimentato la ratio privata, quindi un passaggio delle stesse al Kalendarium Vegetianum nel momento stesso, tra l’altro, in cui per lo stesso kalendarium non possediamo più nomi di procuratori.
- 47 Moros 2014 con la storia dell’interpretazione da Dressel al 2014.
- 48 Un punto su cui mi è capitato di insistere molto a proposito della bollatura binominale dei lateres(...)
- 49 Sulla tertia che il colonus deve per gli olivi e oleastri messi a coltura nei subseciva come appare (...)
19La lettura che qui vorrei molto sommessamente proporre è diversa: le tre serie non provano nulla della proprietà della terra su cui insistono le figline e ove è prodotto l’olio, vale a dire che timbrare con il nome dei duo Aurelii, dei tres Augusti, o dei col(oni) del Kalendarium Vegetianum, qualsiasi il loro ordine, che siano tra loro contemporanei o vi sia un qualche décalage temporale, nulla dice della proprietà della terra e delle relative, supposte confische. Moros da ultimo,47 ma già altri prima di lui, ha giustamente argomentato che i duo Aurelii Heraclae possano ben essere stati liberti procuratori imperiali che avevano in gestione (parte del)la proprietà. Liberti o non liberti, qui ovviamente non cambia, che nel bollo vi sia espresso il nome del conductor, vale a dire dell’affittuario in regime di locatio rei con il locator (in questo caso il fisco, quasi certamente qui il kalendarium Vegetianum), è a mio avviso un’ipotesi del tutto coerente con quanto altrimenti possiamo dire della bollatura su instrumentum di età imperiale;48 ugualmente KV significa dire proprietà imperiale, il conto e l’amministrazione presso il quale i col(oni) devono sottoscrivere (contrahere) i propri contratti di locazione: la figlina e/o l’olio possono essere stati interamente dei coloni se il pagamento dell’affitto, la merces, era pattuito totalmente in denaro, ovvero dei coloni e del fisco se la colonìa era parziaria con pagamento di partes in natura, come del resto testimoniato proprio per l’olio dai testi delle grandi iscrizioni africane, sia di Henchir Mettich, sia di Ain-el-Djemala, Lellia Drebblia e Ain-Wassel.49 Particolarmente interessante potrebbe essere proprio il confronto con l’iscrizione di Ain-Wassel, di età severiana, in cui si riporta il sermo procuratorum di età adrianea, a riprova del fatto che forme di gestione all’interno delle grandi proprietà imperiali erano di norma consuetudinarie, anche qualora interveniva una legislazione ad hoc a regolarne o migliorarne la gestione. Una divisione di parti di prodotto, olio in questo caso, potrebbe inoltre contribuire a spiegare la contemporaneità di bolli dell’imperatore e di privati, come nella figlina Paterna, e come ipotizzato per le tre qui in discussione. In tutte le serie testimoniate dalle figline ispaniche qui in discussione il dominus, il proprietario ultimo, sembra essere ovunque l’imperatore, e pertanto i bolli nulla possono dirci in merito alle confische. Il fatto poi che appaia, seppure forse ultimo in ordine di tempo nella serie, il marchio KV testimonia come le figline siano state gestite dal Kalendarium Vegetianum; l’esistenza stessa di un ufficio separato cui pertiene una massa fondiaria, un archivio organizzato ed un libro di conti con debiti e crediti rende a mio avviso improbabile che questo comparto amministrativo si sia ingrandito o abbia subito smembramenti nel tempo. La separatezza e singolarità della gestione del Kalendarium rispetto alla massa fondiaria in gestione al patrimonio imperiale iberico rende probabile che tale unità sia rimasta tale per decenni: ragion per cui, ritengo che le figline in questione siano, con molta verosimiglianza, state sin dall’origine parte della gestione separata del Kalendarium Vegetianum. Quindi, i bolli – questa è la mia lettura – non provano di per sé alcun trasferimento di proprietà. Le figline potrebbero essere state già imperiali diversi decenni prima che il nome dei tre Augusti apparisse sulle anse e la timbratura con il nome dei tre Augusti può essere illustrata come fatto episodico di breve durata, dalle funzioni di controllo per noi difficilmente ricostruibili, e quasi certamente attestante la titolarità dell’olio, non della terra, altrimenti scontata, e che poteva ben essere data in affitto in regime di locatio rei (timbri degli Aureli duo, dei col(oni) del KV), ovvero gestita direttamente (timbri degli Augusti nostri), o in regime mezzadrile (timbri di entrambi nello stesso momento).
- 50 CIL 2.1180 (dedica degli scapharii Hispalenses a Iulius Possessor); AE 1983, 976 (dedica di una sta (...)
20E, in effetti, abbiamo alcuni indizi importanti sull’attenzione speciale data da Marco Aurelio all’olio di Baetica e alla valle del Guadalquivir. Il cursus equestre di Possessor, che servì prima a Ostia come adiutor praefecti annonae ad oleum Afrum et Hispanum recensendum, e fu poi nominato primo procuratore ad ripas Baetis negli anni Settanta, è notissimo agli studiosi di annona e di olio50 e prova l’interesse e forse la nuova organizzazione delle proprietà imperiali nella regione olearia, ben prima del periodo severiano.
21E, come detto, il kalendarium Vegetianum è un conto separato del fisco già esistente nello stesso periodo. Per concludere questa sezione, non si può avanzare alcun argomento convincente circa l’accrescimento dei demani imperiali in età severiana attraverso la confisca. Al contrario, quello che possiamo dire è che la politica fu quella di continuare a produrre, possibilmente in qualche modo più efficiente, nei possedimenti terrieri che erano già stati acquisiti in tempi precedenti. Il titulus Beta che attesta la responsabilità del fiscus rationis patrimoni provinciae Beticae (e anche Tarraconensis) sembra attestare la presa in carico da parte dell’amministrazione imperiale del trasporto trasmarino dell’olio nel periodo di Caracalla, e per circa un decennio. Il ritorno dei privati nel titulus Beta in età di Alessandro Severo proverebbe la breve durata dell’innovazione. Anche in questo caso, non mi sentirei di far discendere da questa occorrenza, significativa ma limitata nel tempo, alcuna teoria generale sulla monopolizzazione del commercio dell’olio da parte dello Stato romano. Qualsiasi la ragione, mi sembra che l’innovazione sia stata episodica.
- 51 Fondamentali, Steinby 1974-1975 e Steinby 1986. Lo Cascio 2005b è ugualmente fondamentale.
- 52 Maiuro 2012a, app. 6, p. 381-396; v. Steinby 1974-1975.
- 53 Un’interruzione di circa 30 anni, dal 165 al 195 di grandi progetti edilizi pubblici e la profonda (...)
22Lo stesso vale per i bolli laterizi della valle del Tevere. Anche in questo caso una teoria da tempo consolidata51 vuole che sotto Settimio Severo tutte le maggiori figline fossero di proprietà del fisco imperiale, oppure che avessero cessato la loro produzione. In realtà, la concentrazione di figline nel fisco imperiale è un fenomeno che precede ampiamente i Severi. Le maggiori produzioni appartenenti a grandi figline erano già passate per eredità al fisco imperiale, e tale processo sembra essere quasi completamente compiuto durante i regni di Marco e Commodo.52 Non sappiamo di nessuna grande figlina acquisita da Settimio Severo; molte delle figline, imperiali e private, attive in età antonina cessano la bollatura in età severiana. Ma ancora una volta, sarei cauto nell’enfatizzare eccessivamente questo dato. Timbrare è una cosa diversa dal produrre. E in effetti, i grandiosi progetti edilizi pubblici severiani a Roma, tutti costruiti in mattone, devono aver stimolato un picco produttivo, dopo un periodo più che ventennale di stagnazione caratterizzato da una cessazione pressoché totale di qualsiasi attività edilizia pubblica durante Marco e Commodo. La riduzione del numero di bolli ha verosimilmente poco a che fare con un presunto monopolio: e se volessimo vedere qui un monopolio, esso si sarebbe stabilito nel tardo periodo antonino, non in età severiana. La cessazione della timbratura da parte di molte importanti figline potrebbe semplicemente essere dovuta ad un diverso modo di controllare la produzione e la commercializzazione durante o subito dopo un periodo di riduzione della domanda che durò un’intera generazione.53 Ovvero, al fatto che non si rendeva più necessaria una timbratura per il riconoscimento delle partite di mattoni nella fase di cottura nei forni, o nella fase di stoccaggio a monte o a valle, vale a dire negli horrea della media valle del Tevere o in quelli di Roma. Del resto, una drastica semplificazione dei processi produttivi, con un numero molto ridotto di domini e officinatores rispetto all’epoca precedente, e una riduzione contestuale del numero delle figline doliari, deve aver reso la timbratura meno necessaria ai fini dell’organizzazione della produzione.
- 54 Alessandrì 2017a, spec. p. 83-87; Alessandrì 2017b.
23Infine, occorre menzionare alcuni papiri che ci informano sul quotidiano dell’amministrazione, a livello di nomos e a livelli più alti della gerarchia statale della provincia di Egitto. Siamo in possesso di alcuni documenti altamente informativi che forniscono preziosi dettagli sul modo in cui gli archivi locali registravano vari procedimenti e transazioni. È stato sostenuto in modo convincente che non ci sono stati grandi cambiamenti durante l’età severiana.54 In particolare, vorrei sottolineare che il sequestro e l’occupazione delle proprietà date in pegno da persone che trattano con il fisco, i liturghi o gli affittuari, chiamati tecnicamente genematografi, sembra aver funzionato nello stesso modo nel periodo severiano rispetto alle epoche precedenti. La proprietà è occupata dal fisco (e in effetti, i genematografi si impegnano in una pratica che equivale all’incirca all’occupatio latina), finché il debitore non paga interamente il suo debito. Rimane formalmente di proprietà del vecchio proprietario, anche se questi deve pagare parte delle entrate (genetemata) e delle tasse connesse (prosodoi, demòsia). Solo se il proprietario non può pagare il debito, per qualsiasi motivo, la proprietà viene sequestrata e immediatamente venduta. I documenti su papiro del periodo severiano sembrano indicare una sostanziale continuità nella pratica amministrativa con i secoli precedenti, malgrado il fisco potesse in teoria confiscare i beni dati in pegno all’indomani dell’ingiunzione del pagamento del debito. In breve, non vediamo qui alcuna spia di un interesse ad ampliare il patrimonio del fisco a spese dei suoi debitori. Abbiamo un indizio positivo dalla vasta attività archivistica in età severiana che coinvolgeva le amministrazioni locali nei rapporti con gli uffici responsabili della gestione dei beni del fisco: il dioiketes, il procuratore dell’ousiakos logos o procuratore usiacus, il procuratore ad Mercurium, e il procuratore dell’idios logos – tutti erano responsabili di varie categorie di terreni e trattavano con debitori del fisco, e tutti interagivano con i komogrammateis e gli ufficiali locali.
- 55 P.Vindob. inv. G. 24568 + inv. G. 257 + inv. G. 29791, edito da Sijpesteijn – Worp 1993; interpreta (...)
- 56 Edizione di P.Marm. in Norsa – Vitelli 1931; anche Gallavotti – La Pira 1931; revisione radicale de (...)
- 57 P.Boub. I-II, editi da Frösén – Hagedorn 1989; Hagedorn 1983; Alessandrì 2017a, p. 29-49.
- 58 Giusta l’interpretazione di Alessandrì 2015, p. 93.
24Il Papiro di Pheretnouis,55 il Papiro Vaticanus Graecus 11 recto,56 e i papiri carbonizzati di Bubastos57 sono i tre documenti più lunghi e dettagliati che possediamo e che riportano liste di proprietà, o nell’ultimo caso, lettere scambiate tra il dioiketes e lo strategos sui possedimenti terrieri, che venivano valutati, riassegnati ai fittavoli, o venduti. I tre documenti sono datati rispettivamente nel 191/2-95/6, a poco dopo il 211 con riferimento agli anni 207-11, quindi al 232; si riferiscono a territori di dimensioni limitate (per esempio il papiro di Pheretnouis elenca proprietà solo nel settore nord-occidentale del villaggio), e a un arco di tempo limitato (i papiri di Boubastos contengono la corrispondenza dell’ufficiale locale con i dioiketes solo per pochi mesi), e nonostante la loro natura frammentaria, tutti elencano decine di casi. In breve, il numero di transazioni e di casi per cui il fisco era chiamato ad agire doveva essere enorme in tutto l’impero, se possiamo generalizzare dai casi dei piccoli villaggi egiziani. E questa è, credo, la più forte documentazione parallela che possediamo per valutare l’importanza della proprietà dello Stato come si riflette nelle costituzioni imperiali dell’epoca e negli scritti dei giuristi. I casi trattati nei tre papiri si riferiscono quasi esclusivamente a piccoli poderi, terre improduttive e vigneti di dimensioni limitate: una miriade di piccole proprietà possedute in precedenza da una vasta gamma di proprietari che, per un motivo o per l’altro, erano diventati debitori del fisco. Alcuni casi riguardano gli evasori (anakechorekotes) o fuggitivi dopo malversazioni non specificate, che evadevano le imposte locali o le tasse personali o fondiarie e il cui patrimonio era gestito dalla dioikesis; altri sono aphaneis, persone scomparse, i cui beni vengono dichiarati adespota, e gestiti dall’idios logos:58 75 di questi casi sono testimoniati dal papiro viennese, frammentario e che si riferisce ad un fazzoletto di terra della meris occidentale di Pheretnouis. Le entrate cumulative che il fisco poteva estrarre da tali transazioni dovevano essere rilevanti, anche se i costi amministrativi di tale complessa macchina dovevano essere cospicui. Ad ogni modo, solo in Egitto possiamo avere contezza del quotidiano amministrativo degli addetti alla gestione dei negozi del fisco e ciò che emerge dalla nostra frammentaria ma preziosa documentazione è per l’appunto la sua enorme rilevanza quantitativa.
Conclusioni preliminari ed ipotesi di lavoro
- 59 Letta 2014, che supera e integra Jacques 1992 e Okoń 2013. Anche se dessimo credito alle stime di O (...)
- 60 Si vedano i contributi in Lo Cascio 2012a per la peste antonina e i suoi possibili effetti macro-ec (...)
- 61 In Delmaire 1989, alla cui analisi e conclusioni qui si aderisce, c’è tutto il dibattito precedente (...)
- 62 Sulla incorporatio e la procedura complessa alla sua base, abbiamo due costituzioni imperiali del 1 (...)
25Alcune conclusioni preliminari si impongono, malgrado il quadro che si ricava dai dati così rapidamente abbozzati sia tutt’altro che coerente. Secondo la stima più recente (Letta, che corregge Okoń e Francois Jacques), 105 senatori hanno perso la vita o sono stati oggetto di confisca dall’imperatore in età severiana.59 Il numero è enorme, e una repressione così crudele e sistematica è in qualche modo unica nella storia imperiale. Altrove ho cercato di stabilire, sulla base di una serie molto elaborata, anche se fragile, di ipotesi e varianti, quale potesse essere il tasso di crescita del patrimonio degli imperatori nei 200 anni tra Azio e la peste Antonina. Ho lasciato da parte il periodo successivo per due ragioni principali: la peste, qualunque sia stata la sua gravità, ha fermato la crescita della popolazione in tutto l’Impero, e di conseguenza il rapporto tra lavoro e capitale deve aver invertito la curva della funzione di produzione. In teoria, i prezzi della terra devono essere scesi e i salari si saranno apprezzati; molte terre marginali devono essere state abbandonate.60 Questa nuova condizione per cui è il lavoro e non la terra a giovarsi di una domanda più forte deve aver alterato profondamente il quadro economico generale rispetto ai due secoli precedenti, caratterizzati da una domanda di terra crescente e da margini di profitto e produttività del lavoro calanti. Se lo scenario economico complessivo è cambiato, e in modo drammatico, avrebbe poco senso ragionare con lo stesso insieme di presupposti. Brevemente, ho sostenuto, e ne sono ancora convinto, che la peste antonina fu uno spartiacque della macrostoria economica dell’Impero. Per quanto riguarda il tema cruciale della proprietà fondiaria imperiale, ero persuaso che la loro scala o il loro ordine di grandezza fosse cambiato durante il periodo severiano, seguendo la lettura tradizionale. E questo è stato il secondo motivo per cui non mi sono avventurato oltre le colonne d’Ercole della peste antonina. Oggi, dopo un riesame dei dati che hanno finora formato la nostra ricostruzione, sosterrei che le grandi confische potrebbero essere state un fatto reale dei primi cinque anni di regno di Settimio Severo, ma non abbiamo alcuna prova chiara per dimostrarlo; soprattutto, il sequestro delle proprietà non deve necessariamente essere finito nel patrimonio imperiale. Parti di esse potrebbero essere state vendute, anche se, dato quanto si è detto ora, deve essere stato economicamente più redditizio e razionale, in via del tutto generale, incamerare i terreni in un periodo di presunta bassa domanda, piuttosto che venderli. La rerum privatarum procuratio, se davvero fu creata in seguito alle confische decise alla fine delle guerre civili, non alterò senz’altro la natura giuridica del rapporto tra gli imperatori e le loro risorse, o la natura delle proprietà imperiali rispetto alle proprietà di qualsiasi altro soggetto nell’Impero. Fu, nella pratica, una riforma amministrativa, la cui natura e ragion d’essere eludono l’analisi e restano impossibili, allo stato attuale delle nostre conoscenze, da accertare, ma la cui fase formativa durò più di 50 anni. Se, come sembra, la res privata è la massa patrimoniale che rifonde la ratio privata, cui viene assegnato un intero settore amministrativo parallelo al patrimonium al tempo di Settimio Severo, sfugge la logica attraverso cui parti di questa massa patrimoniale furono assegnate alla gestione dell’uno o dell’altro ressort amministrativo. A meno di non pensare che, come dimostrabile per il IV secolo, sia già operativa una distinzione tra patrimonium, ciò che diverrà le sacrae largitiones, che gestisce beni già da tempo incorporati nella massa fondiaria del fisco, e res privata cui è demandata la funzione della presa in gestione di tutti i beni che si decide di aggregare alla massa già costituita, e che derivano da lasciti ereditari, confische o altro.61 In breve, e con una generalizzazione molto grossolana, al patrimonium (in analogia con quanto sappiamo per le sacrae largitiones in epoca successiva) sarebbe spettata la gestione della massa fondiaria consolidata, alla res privata la gestione di quella di recente acquisizione (e pertanto con una funzione di scelta e indirizzo di cosa fare delle nuove proprietà, oltre che con un apparato amministrativo in grado di gestire l’incorporazione dei beni da poco disponibili). Se una simile divisione fosse stata adombrata già dall’azione di Settimio Severo, potremmo allora forse sciogliere l’aporia tra una procuratio rationis privatae che può dirsi anche procuratio hereditatium patrimonii privat(i vel ae) nel titolo di M. Aquililus Felix, che sembra pertanto indicare nei beni arrivati da lasciti ereditari l’origine del patrimonio fondiario della procuratela di recente fondazione, e il passo della Historia Augusta e i titoli dei procuratores ad bona damnatorum che invece gettano luce sui beni dei condannati quale ragion d’essere della nuova procuratela. Ora, i beni dalle eredità e quelli dei condannati, seppure la ragione ultima del loro entrare nelle pertinenze del fisco è radicalmente diversa, hanno tuttavia in comune il fatto concreto ai fini dell’amministrazione imperiale di dover essere incorporati nella massa fiscale prima di essere messi a frutto; vale a dire, devono essere inventariati, misurati, devono essere computate le pertinenze (in termini di beni mobili, instrumenta, animali, schiavi), devono accertarsi possibili ipoteche e pegni, debiti e crediti.62 La complessità nella gestione della fase di incorporazione è senz’altro molto maggiore di quella dei beni da tempo nella disponibilità del patrimonio, solitamente affittati a conduttori con contratti di locazione rinnovati tacitamente o dietro asta pubblica. Un possibile indizio di quanto qui accennato è appunto il fatto che, proprio nel periodo in questione, a partire dal regno di Marco e per i 50 anni successivi, alcuni ricchissimi patrimoni senatori entrino nelle disponibilità del fisco come kalendaria, come unità contabili, finanziarie ed amministrative cui fu concesso di mantenere una propria struttura e organizzazione indipendente dal resto delle proprietà fiscali: una simile occorrenza può forse giustificarsi proprio in ragione della complessità e delle difficoltà che una incorporazione alla massa patrimoniale del fisco avrebbero comportato. Lasciare in vita un sistema di gestione complesso affidando la supervisione ad un procuratore avrebbe probabilmente reso la fase di presa in gestione amministrativamente meno complessa e dispendiosa.
26Al di là della creazione della res privata, ciò che è veramente notevole in questo periodo – anche se non è necessariamente da assegnare alla politica di un singolo imperatore, ma a un processo molto più graduale e progressivo – è l’onnipresenza del fisco in qualsivoglia transazione, maggiore o minore, sia nelle nostre fonti giuridiche sia in quelle papirologiche. La gamma di attività economiche o atti giuridici (per esempio nel diritto di successione o delle obbligazioni) per i quali si poteva diventare debitor fisci, e avere i propri beni dati in pegno, occupati, venduti o confiscati, è così ampia che nessuno studioso moderno ha mai provato a descriverla. Gli anni problematici di Marco e Commodo, con le loro notevoli difficoltà nella politica di bilancio (principalmente a causa di un numero drasticamente ridotto di contribuenti e quindi di transazioni economiche), devono, di conseguenza, aver fatto aumentare notevolmente il numero dei debitori. Quindi, a mo’ di conclusione preliminare e provvisoria si può dire che le nostre fonti, così concentrate sul rapporto tra Senato e Imperatore, possono essere distorsive. In realtà, un salto nell’ordine di grandezza del patrimonio degli imperatori potrebbe essere stato una realtà quale risposta economica razionale alle nuove condizioni dell’epoca post-peste; ma tutto vi concorreva, non solo il rapporto più teso tra Imperatore e Senato, che era, molto probabilmente, una conseguenza di queste nuove condizioni, non una causa di esse. Vi concorreva anzitutto la straordinaria varietà di fattispecie negoziali per cui si poteva incorrere nei rigori della giurisdizione fiscale; vi concorreva una più capillare presenza di amministratori periferici; infine, le rinnovate esigenze del budget imperiale, con maggiori spese e un numero di contribuenti ridotto facevano sì che le risorse dell’impero dovessero di necessità essere messe a frutto.
Notes
1 Zuiderhoek 2015, p. 1: «In a sense, the history of the Roman land is the history of the Roman state etc.»
2 Lo Cascio 2015, p. 70; l’articolo è la migliore sintesi sui problemi qui toccati.
3 In una sezione di Maiuro 2012a mi avventuro, cosciente del carattere speculativo dell’esercizio, in un complesso calcolo circa il tasso di crescita delle pertinenze fondiarie del fisco imperiale. V. infra per un’illustrazione della logica che mi aveva portato a escludere l’età severiana.
4 Lo Cascio 2005a; ma già Lo Cascio 1971-1972; Letta 1991; Birley 1988.
5 L’orazione di Pertinace in Senato in cui fornisce la drammatica cifra di un milione di sesterzi quale residuo di cassa alla morte di Commodo è in Dio., 74, 5, 4; 8, 3. Al di là dell’esagerazione retorica, probabilmente parte di una studiata strategia di comunicazione nei confronti di corpi sociali che richiedevano un premio, non è da mettersi in dubbio la gravità della situazione in cui versava la finanza pubblica.
6 In generale, da ultimo Maiuro 2018 con bibl. precedente.
7 Nesselhauf 1964; Masi 1971; Lo Cascio 1971-1972 tiene una posizione diversa, qui seguita.
8 In generale, per le costituzioni sino al 197, v. Coriat 2014; fondamentale Coriat 1997.
9 Il de iure fisci et populi di Callistrato è stato attribuito solitamente al periodo tra il 193 e il 197, ovvero attorno al 197, ad ogni modo nella prima parte del principato di Settimio Severo.: v. da ultimo, discussione delle proposte e analisi dei dati in Puliatti 2020, p. 20; Puliatti (da ultimo 2020, p. 26), e già Bretone 1982, p. 292 propongono una datazione attorno al 211, alla fine del periodo di co-reggenza di Settimio Severo e Caracalla.
10 Il de iure fisci di Paolo è da datare poco dopo il 211; il de portionibus quae liberis damnatorum conceduntur non è databile con certezza.
11 Il de delatoribus è datato o poco dopo il 217 (da ultimo Puliatti 2020, p. 164) ovvero in età di Caracalla (Dursi 2018, p. 12; Orestano 1968, p. 254-255).
12 La paternità ulpianea del fragm. de iure fisci è difesa in letteratura da Cervenca 1981; Cerami 1973, p. 290; scettico ad es. Boulvert 1982, p. 819 n.16.
13 Rimane fondamentale Cerami 1973; Lenz 1994; Puliatti 2020 che supera Puliatti 1992.
14 Fondamentali i lavori di Coriat 1997; Coriat 2014. Unica menzione di un procurator rationis privatae in una costituzione di età severiana è CJ 2, 1, 7 di Alessandro Severo (225) e concernente gli instrumenta describenda facultatem, su cui Masi 1971, 46.
15 Ovviamente questa osservazione, seppure corretta, non prova nulla circa la rilevanza delle riforme in discussione, né può servire quale argomento per tentare, come qui si sta facendo, una rilettura revisionista. La ragione ultima per cui tale argumentum e silentio non può essere in alcun modo probante risiede fondamentalmente nella nostra ignoranza circa i criteri che presiedettero alla selezione del materiale escerpito nel Digesto e nelle raccolte di costituzioni imperiali, per i quali ad ogni modo è difficile immaginare che si selezionassero testi nei quali si desse conto di riforme amministrative. V. anche infra.
16 L’ultimo elenco completo di attestazioni epigrafiche di personale (procuratores, tabularii, dispensatores) della ratio privata in Nonnis 2014; qui bibl. precedente.
17 Ti. Claudius Zeno Ulpianus: CIL 11.6337 = D. 1422 (Pflaum 1960, n. 228); Q. Valerius Romulus, CIL 6.6337 = D. 1423 (Pflaum 1960, n. 239); Lollianus, CIL 14.5344. E tuttavia, v. anche il posto di [proc. ad bona coge]nda in Africa (CIL 3.7127 = D. 1421) rivestito dopo la procuratela d’Asia da Ti. Claudius Xenophon, e interpretato senza tentennamenti da Pflaum 1960, 592 ad n. 222 come «pour effectuer le saisie des domaines privés des sénateurs qui avaient été les antagonistes du nouveau Prince».
18 Si v. le tabelle riassuntive in Pflaum 1960 e Pflaum 1982.
19 Per le regiones e la loro istituzione in età flavia, Maiuro 2012b e Maiuro 2014; una lista completa delle regiones in Italia in Maiuro 2012a.
20 Ma v. Carandini 1993 per un’esplicita comparazione.
21 Non è possibile neanche accennare agli sviluppi storiografici qui sommariamente descritti. V. per una prima disamina delle novità emerse negli ultimi decenni, Maiuro 2018; v. i contributi fondamentali in Vera 2020a.
22 Fondamentale Vera 1995; Carrié – Rousselle 1999, p. 558-560; Carrié 2017, p. 20-21.
23 SHA, Vita Severi, 12, 1-4.
24 Jacques 1992; sul genere della Historia Augusta, sui bogus names e sulla volontà delle biografie di ingannare/divertire/giocare con il lettore, un saggio recente a mio avviso lucidissimo, che smonta radicalmente le pretese di affidabilità storica troppo ottimisticamente attribuite all’opera, è Cameron 2014.
25 Si noti, inoltre, che il biografo non sembra voler scrivere che tutte le proprietà furono incorporate nel patrimonio del fisco, come invece solitamente si intende.
26 I rapporti tra res privata e patrimonium, le loro reciproche sfere di competenza, infine la natura giuridica dei beni appartenenti ai due resorts fiscali sono stati la croce interpretativa di almeno un secolo di dibattito storiografico, risolto a mio avviso in modo definitivo da Lo Cascio 1971-1972, e, per gli aspetti attinenti alle categorie giuridiche implicate, da Orestano 1968; per gli sviluppi di IV secolo soprattutto, Delmaire 1989. Il lettore può trovare una sintesi e discussione delle posizioni storiografiche sino alla fine degli anni ‘60 del XX secolo in Masi 1971; anche Valera 1983.
27 CIL 10.6657 = D. 1387 (Antium); AE 1945, 80 = ERC App. II, 2 = EDR073515; Aquilius è menzionato anche in CIL 6.1585b = D. 5920 = Bruns7 144b = FIRA2 III, 110b = EDR111374, su cui, da ultimo, con bibl. precedente, G. Alföldy, CIL 6.8.3, ad n. 1585b, p. 4715-6. Il personaggio è menzionato in SHA, Did. Iul., 5.8. Da ultimo Mongelli 2017 con una ricostruzione della cronologia. Kłodziński 2020 ipotizza, a mio avviso senza elementi cogenti, una distinzione tra una procuratio rationis patrimonii e una procuratio patrimonii in questo frangente, vale a dire nel 193.
28 Nesselhauf 1964.
29 AE 1961, 80.
30 Editio princeps: Nonnis 2014; Maiuro 2020.
31 Wickert 1954; Sen., de ben., 7, 6, 1; Plin., Pan., 50, 2; Ulp., 68 ad ed. (Dig., 43, 8, 2, 4). Sul passo, Orestano 1968, p. 249.
32 Bibl. in Maiuro 2020 e ampia dimostrazione del punto in oggetto.
33 Lo Cascio 1971-1972.
34 CIL 8.27459, commentato da Nesselhauf 1964 in merito al momento della istituzione della res privata. I cippi della Mauretania Sitifensis che delimitano terre di proprietà imperiali (tra cui una defenitio (!) agrorum Matidiae: CIL 8.8812 = D. 5956, un castellum Matidianum: CIL 8.9382: v. n. seguente) sono, da ultimo, raccolti da Cortès Barcena 2013, ad nn. 70, 71, 76, 78.
35 Sulle proprietà di Matidia, Andermahr 2000, p. 332-336, ad n. 331; sulla donna, PIR2 M 368; delle favolose ricchezze e del testamento nel 162 parla Fronto, ad Ant. Imp., 2, 1; ad am., 1, 14, su cui Champlin 1991, p. 71-72. Nota bene: la data di morte di Matidia Aug.f., il 162, e quindi verosimilmente dell’acquisto delle sue proprietà mauretanie alla ratio privata sembra di necessità successiva al titolo CIL 8.27459 che è dell’età di Antonino Pio, e che mostra già presenti in loco proprietà fondiarie del medesimo conto finanziario. La ricostruzione è probabilmente meno lineare di quanto lasci pensare un semplice trasferimento di beni successivo al 162.
36 Molto studiato: Manacorda 1977; Lomas – Saez 1981; Mata Soler 2020.
37 Kalendarium Velianum: D. 9470 = AE 1910, 169; per la cronologia, Ch. Habicht, in IvPergamon, 8.3.89 e n.2.
38 Kalendarium Caesianum: SEG 44 (1997), 553, su cui Nigdelis 1994.
39 Maiuro 2012a.
40 Lo scioglimento col(oni) è, a mio avviso, più probabile di col(onia) o c(onductores) ol(elari): v. da ultimo per le varie proposte, da Dressel sino ai nostri giorni, la rassegna in Moros Diaz 2014.
41 Moros Diaz et al. 2010.
42 Remesal Rodrìguez 1996; teoria ripresa da molti altri studiosi. Si vorrebbe vedere nei bolli IIMVSAPS e IIMVSETPR datati agli anni 145-150 circa sigle che nascondono il nome di Mummius Sisenna cos. suff. 146 antenato del Mummius Secundinus, primo della lista di SHA, Vita Sev. 13, originario della Betica. L’ipotesi secondo cui il bollo PMSC – sciolto come se identificasse un P(ubli) M(ummi) S(ecundini) (ex figlina) C(aeparia) – fosse quello impresso poco prima delle presunte confische e l’unico in cui appariva il nome della figlina (altrove assente), è stata dimostrata falsa da Bourgeon 2021, p. 498: il bollo è di età flavia. Inoltre, nessuno ci dice che, anche qualora i due bolli summenzionati possano essere riferiti ai Mummi (Sisenna e Secundinus), essi fossero da collegare alla figlina Caeparia presso cui sono stati trovati (men che meno alle altre due). Inoltre, e lo si dica qui semplicemente per stimolare ulteriore ricerca, nella sigla IIMVSAPS e IIMVSETPR potrebbe anche celarsi il nome di L. Mummius Niger Valerius Vegetus Severinus Caucidius Tertullus – M(ummi) V(egeti) S(everini) -, con quasi assoluta certezza colui che diede il nome, ed ultimo possessore privato, del Kaledarium Vegetianum, su cui infra.
43 Remesal Rodrìguez 2013.
44 Remesal Rodrìguez 2018.
45 Dati in Moros 2014 e Remesal Rodrìguez 2018. CIL 15.2572 trovato al Testaccio in associazione ad uno scarico del 246-247; v. la tabella in Bourgeon 2021, p. 505.
46 Idea avanzata, senza alcuna prova, da Remesal Rodrìguez 2013; Remesal Rodrìguez 2018: si pensa ad un doppio passaggio di gestione dei beni confiscati ai sodali di Albino: alla ratio privata dapprima (bolli con AUGGGNNN), quindi al patrimonium (bolli con KV).
47 Moros 2014 con la storia dell’interpretazione da Dressel al 2014.
48 Un punto su cui mi è capitato di insistere molto a proposito della bollatura binominale dei lateres urbani, laddove, contrariamente all’ipotesi Steinby, ritengo che l’officinator sia, quanto meno nelle produzioni imperiali, ovunque il locator rei e non operis, e che quindi il prodotto finale, il mattone, appartenga all’officinator e non all’imperatore: v. Maiuro 2012a, app. 6. Fondamentale per gli aspetti di metodo nella lettura dei bolli, Manacorda 2000.
49 Sulla tertia che il colonus deve per gli olivi e oleastri messi a coltura nei subseciva come appare nel regolamento del saltus imperiale detto Villa Magna sive Mappalia Siga, secondo la consuetudo Manciana, v. Kehoe 1988; ovvero che la medesima proporzione sia dovuta dal colono che intenda mettere a frutto le centuriae elocatae in alcuni saltus imperiali della valle del Bagradas secondo il dettato del sermo procuratorum che legge e interpreta la lex Hadriana de rudibus agris, v. per il testo ora Bordas – France 2017; per il carattere del tutto consuetudinario di queste norme, Maiuro 2021. Nulla impedisce di pensare che un caso simile, di colonia parziaria su grandi proprietà, possa applicarsi anche alle piantagioni di olivo della Betica.
50 CIL 2.1180 (dedica degli scapharii Hispalenses a Iulius Possessor); AE 1983, 976 (dedica di una statua ad Apollo Patrius Augustus dal nostro); CIL 8.620 = AE 2011, 1546 (dedica di una statua di Diana da parte del nostro); Remesal Rodríguez 1991; Christol 2003; Migliorati 2011, p. 506-510; Christol 2021. In questi contributi ulteriore bibliografia.
51 Fondamentali, Steinby 1974-1975 e Steinby 1986. Lo Cascio 2005b è ugualmente fondamentale.
52 Maiuro 2012a, app. 6, p. 381-396; v. Steinby 1974-1975.
53 Un’interruzione di circa 30 anni, dal 165 al 195 di grandi progetti edilizi pubblici e la profonda crisi dell’evergesia privata che caratterizzano gli anni di Marco e Commodo devono aver cambiato in profondità anche le linee di produzione e rifornimento del materiale da costruzione, e aver costituito comunque una cesura nei processi di produzione.
54 Alessandrì 2017a, spec. p. 83-87; Alessandrì 2017b.
55 P.Vindob. inv. G. 24568 + inv. G. 257 + inv. G. 29791, edito da Sijpesteijn – Worp 1993; interpretazione diversa del contenuto Rathbone 1995; da ultimo Alessandrì 2015.
56 Edizione di P.Marm. in Norsa – Vitelli 1931; anche Gallavotti – La Pira 1931; revisione radicale della cronologia e fondamentali osservazioni circa la natura del documento in Alessandrì 2013; anche Bastianini 2011.
57 P.Boub. I-II, editi da Frösén – Hagedorn 1989; Hagedorn 1983; Alessandrì 2017a, p. 29-49.
58 Giusta l’interpretazione di Alessandrì 2015, p. 93.
59 Letta 2014, che supera e integra Jacques 1992 e Okoń 2013. Anche se dessimo credito alle stime di Okoń 2017 per cui il numero complessivo medio di membri del Senato sotto Settimio Severo e i suoi figli fu di molto maggiore dei 600 normalmente stimati, la proporzione di coloro che persero la vita sul numero totale dei senatori risulterebbe comunque molto alta.
60 Si vedano i contributi in Lo Cascio 2012a per la peste antonina e i suoi possibili effetti macro-economici.
61 In Delmaire 1989, alla cui analisi e conclusioni qui si aderisce, c’è tutto il dibattito precedente riguardo alla distinzione tra fundi patrimoniales e fundi rei privatae. Fondamentale Burdeau 1972. Conto di ritornare su questi temi in un saggio dedicato alla res privata nel III e nel IV secolo.
62 Sulla incorporatio e la procedura complessa alla sua base, abbiamo due costituzioni imperiali del 169: Cod.Iust. 10.10.3 = CTh. 10.9.1; Cod.Iust. 9.49.7 = CTh. 9.42.7 su cui Burdeau 1966, p. 199-203; Delmaire 1989, p. 606 sq.; Maiuro 2012a, p. 93 sq. per un’analisi di dettaglio di questo punto.
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Référence papier
Marco Maiuro, « La creazione della res privata: revisione preliminare delle fonti », Mélanges de l’École française de Rome - Moyen Âge, 136/1 | 2024, 13-25.
Référence électronique
Marco Maiuro, « La creazione della res privata: revisione preliminare delle fonti », Mélanges de l’École française de Rome - Moyen Âge [En ligne], 136/1 | 2024, mis en ligne le 20 octobre 2024, consulté le 20 mai 2025. URL : http://journals.openedition.org/mefrm/13715 ; DOI : https://doi.org/10.4000/12ryh
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