La formazione del patrimonio fiscale altomedievale in Tuscia
Résumés
A partire dal caso eccezionale del complesso patrimoniale (massa) di Massaciuccoli in Versilia, lo studio si interroga sulla formazione del patrimonio fiscale in Toscana tra primo e alto medioevo. Il caso di studio e una serie di paralleli suggeriscono il ruolo importante dei patrimoni senatori e delle infrastrutture imperiali (mansiones) nella creazione del fisco in età longobarda. Mostrano anche che, almeno in alcuni casi, i complessi patrimoniali fiscali costituiti in questa fase rimasero nelle mani delle autorità pubbliche fino al termine dell’XI secolo, pur venendo ripetutamente riorganizzati e smembrati. La vicenda del complesso patrimoniale di Massaciuccoli, precedentemente noto come massa Tagiani/Tagiliani, aiuta anche a capire meglio cosa fossero quelle masse altomedievali, che lasciarono un’importante traccia nella toponomastica della regione: si trattava di ampi e articolati complessi patrimoniali, non territorialmente coerenti, e talvolta con vocazioni produttive specifiche, probabilmente derivanti dall’appropriazione da parte del re di ville senatorie o grandi complessi patrimoniali ecclesiastici.
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- 1 Loré 2013; Loré 2018; cf. Marazzi 2021.
- 2 Collavini 2016b.
1Anche in un progetto concentrato sulle fasi mature dei patrimoni di re e duchi, le domande circa le loro origini e il peso dell’eredità romana nella loro genesi e nelle loro forme organizzative non si possono eludere. La questione ha valenza molto ampia ed è stata recentemente discussa in relazione ai ducati longobardi meridionali da Vito Loré.1 Vorrei riflettere qui sul caso toscano, riprendendo e precisando alcune considerazioni già abbozzate altrove2 attraverso un caso di studio: esso suggerisce, infatti, rilevanti piste di ricerca e mostra le difficoltà strutturali che si incontrano indagando la preistoria dei beni fiscali toscani alto medievali.
- 3 Su S. Frediano Viti 2021, p. 61-69; per le “restituzioni” Tomei 2021.
- 4 Collavini 2007. Cf. Cortese 2017, p. 35-66; Tomei 2019; Stoffella 2007.
2Ho scelto di trattare il nostro tema senza ripercorrere gli episodi più noti di trasferimento di beni fiscali a grandi enti ecclesiastici o ad aristocratici di rango nella tarda età longobarda. È il caso della dotazione con beni fiscali del monastero di S. Frediano di Lucca da parte del maggiordomo Faulo (con una disposizione orale) e della successiva conferma da parte di re Cuniperto, con un atto scritto sollecitato dall’abate Babino (688). Oppure della cessione (o restituzione?) di importanti asset fiscali in Lucchesia e lungo la costa tirrenica prima da parte di Ariperto II a favore di Giovanni VII (705-707), poi di Liutprando a favore di Gregorio III (731-741), conservata da un item della Collectio Canonum di Deusdedit (c. 191).3 Tralascio anche di insistere sul ruolo fondamentale dei beni fiscali nei patrimoni del gruppo di viri magnifici che espresse duchi, gastaldi e vescovi di Lucca e dominò la Toscana nel pieno VIII secolo, quello che ho definito qualche anno fa “aristocrazia regionale”.4
3Tratterò, invece, un episodio che ha per protagonisti laici di medio rango e patrimoni più modesti, ma che illumina un contesto finora ignoto e suggerisce la pervasività dei beni fiscali nelle strutture socio-economiche di alcuni settori della regione fin dal pieno secolo VIII.
- 5 Fondazione ChLA, XXX, 900; Orsa badessa ChLA, XXX, 916a (739); S. Maria come monastero ChLA2, 86, n (...)
4Possiamo prendere le mosse dalla fondazione della chiesa di S. Maria Ursimanni di Lucca. Nel 722, con una scelta allora originale, Orso fondò una chiesa dedicata a Maria e vi pose a vivere le figlie Orsa e Anstruda, affinché assumessero uno stile di vita monastico. In seguito, la maggiore fu “badessa” della chiesa di S. Maria, occasionalmente definita monastero. Prima di giungere nelle mani del vescovo di Lucca nel IX secolo, S. Maria Ursimanni rimase a lungo in controllo dei discendenti di Orso, noti in storiografia come ‘da Vico Fitri’. Ancora nell’882, quando la chiesa era da tempo sottoposta a S. Martino, il suo patrimonio fu loro allivellato dietro un lieve censo. Ciò permette di seguire da vicino le vicende della chiesa e del suo patrimonio fino alla fine del IX secolo.5
- 6 ChLA, XXX, 900, r. 31. Hanno ritenuto Orso figlio di Talesperiano Ghignoli 2004, p. 57; Stoffella 2 (...)
5Per articolare le successive riflessioni, va innanzitutto ricostruito il profilo sociale del fondatore. Contrariamente a quanto ipotizzato, Orso non apparteneva allo strato superiore dell’aristocrazia longobarda toscana: in primo luogo, non porta i titoli distintivi di quel gruppo (vir magnificus o vir illustris), ma è definito vir devotus da uno dei testi all’atto di fondazione; un appellativo che rimanda a un livello sociale inferiore. Inoltre, i beni concessi a S. Maria non erano molto ampi ed erano diffusi solo tra costa tirrenica settentrionale e Lucchesia, anziché nell’intera regione. Infine, l’ipotesi di una sua figliazione dal vescovo Talesperiano (lui sì esponente dell’aristocrazia regionale) urta con i dati biografici dei due che risultano coetanei ed è suggerita solo da un passo della sottoscrizione del vescovo, da intendersi in senso figurato (rogatus ad filio meo Ursone).6
- 7 Feruniano in Versilia va distinta dall’omonima località del Valdarno. Gli altri beni sono: una casa (...)
- 8 ChLA2, 85, n. 4. L’elenco integra andamento cronologico e geografico. Prima sono elencati, in ordin (...)
6Come detto, la dotazione di S. Maria Ursimanni fu relativamente modesta: oltre al complesso patrimoniale di Feruniano presso Camaiore (una sala e due case) e al sito di edificazione della chiesa, comprendeva 4 case; un vaccaro, una mandria e un riparo (metato) in quel di Tumolo; 3 liberte e 2 ancelle.7 Ancora nell’882 il patrimonio di S. Maria, pur cresciuto, rimaneva centrato sulla Versilia: i suoi nuclei principali erano Feruniano (la chiesa di S. Giorgio, una casa domnicata, 4 case massaricie) e Corsanico (la chiesa di S. Angelo e 2 pezzi di terra). Né era molto ampio: solo altre 6 case massaricie e 7 pezzi di terra a campo o vigna in Versilia o nelle Sei Miglia.8
- 9 Tomei 2019; Cortese 2017.
7Dunque, stando a quanto possiamo ricavare dalla loro chiesa di famiglia, i discendenti di Orso fino a tutto il secolo IX appartenevano al gruppo di possessori di rango intermedio in via di strutturazione fin dal pieno VIII secolo, i cui beni, non troppo consistenti, si distribuivano in più punti della diocesi di Lucca. Si tratta del gruppo sociale da cui in momenti diversi, e proprio attraverso un rapporto speciale con i vertici del potere pubblico e il conseguente accaparramento di quote del fisco, emerse l’aristocrazia diocesana lucchese studiata da Paolo Tomei.9
8Perché questa digressione su Orso, la sua famiglia e la chiesa di S. Maria? Perché l’atto di fondazione conserva una delle prime menzioni di beni fiscali in Lucchesia. La precedente contestualizzazione serve dunque sia a illustrare beneficiari e meccanismi della circolazione dei beni fiscali, sia a individuare un importante complesso fiscale, di cui ripercorreremo la storia tra Antichità e alto medioevo.
- 10 Stoffella 2007, n. 29; Cortese 2017, p. 46-47.
9Fondando S. Maria, Orso usò beni solo in parte derivanti dal suo asse ereditario: Feruniano doveva essere uno dei foci patrimoniali della famiglia (se non il solo), ma gli altri beni avevano carattere voltatile. La casa di Fussione gli era giunta grazie a due permute; le due a Novole dal morgengabe della moglie. Infine, la casa di Fusculo in Massa Tagiani gli spettava ex dono domni Ariperti regi.10
- 11 Collavini 2016; Tomei 2021, p. 28.
- 12 Sulle massae tardo-antiche vd. Vera 1999; Maiuro 2012a, p. 169-175. Altra loro caratteristica era q (...)
10Dunque, nel primo decennio del secolo VIII Ariperto II (702-712), nel quadro della crescente presa regia sulla Tuscia, non solo dispose di importanti proprietà fiscali a favore del papa, ma donò anche una casa al nostro Orso. Essa, secondo una pratica ben attestata nel Cornino,11 fu staccata da un più vasto complesso fiscale, in questo caso definito non con i termini allora più comuni (gualdo o curtis), ma ricorrendo a un termine di matrice romana, massa. Quest’ultimo, in continuità con l’Antichità, pare rimandare a una proprietà ampia, ma parzialmente dispersa, organizzata intorno a un fulcro centrale.12 Anche sotto questo rispetto l’atto ha carattere seminale, poiché conserva la prima menzione di una massa nelle carte lucchesi.
- 13 Collavini 2016b, p. 16 e n. 7.
11Il termine, come detto piuttosto inusuale, rimanda a una particolare forma di organizzazione della proprietà, ma nelle fonti occorre in primo luogo come toponimo in riferimento al fulcro del complesso patrimoniale. Nella sua genericità (essendo una forma gestionale esistevano molte masse), se impiegato in funzione toponimica era passibile di confusione. Perciò nel redigere un atto, per disambiguare, si ricorreva spesso a una specificazione, talora impiegando un antroponimo al genitivo che rimanda all’incaricato di gestire la massa (actor). Il ricorso a un antroponimo per disambiguare il riferimento alla massa ha un parallelo nel caso dei vici, sebbene in quest’ultimo caso il legame tra vicus e individuo che gli dava nome rimanga oscuro.13
- 14 Massa Robiani: ChLA, XXXII, 938 (754) e ChLA2, 75, n. 32 (825); semplicemente Massa in ChLA, XXXI, (...)
- 15 La massa è citata con altri beni toscani nel terzo degli inventari di Bobbio (databile tra 890 e 91 (...)
- 16 Secondo l’inventario la massa garantiva un censo di 6 soldi per una casa e una cappella, pagato da (...)
12Massa Tagiani, dunque, non è un unicum. Nei decenni successivi sono attestate altre masse precisate da antroponimi al genitivo: Massa Robiani (Massa Vecchia di Massa Marittima, 750), Massa Thzonthzi (Massa Pisana, 772), Massa Ciuculi (Massaciuccoli, 847), Massa Grausi (Massarosa, 932).14 È inoltre attestata una Massa Bosoli, dipendente da S. Colombano di Bobbio tra fine IX e X secolo. Pur di incerta localizzazione, essa va ubicata in Lucchesia, probabilmente presso Nozzano (per la distribuzione geografica delle masse, vd. fig. 1).15 Proprio Massa Bosoli, poi, mostra bene il carattere di patrimonio fondiario ampio e articolato tipico delle masse alto medievali.16
13Va infine rilevato che, nei due casi più risalenti, la forma toponimica attestata nel secolo VIII rimanda a un equivoco, presumibilmente dovuto alla distanza temporale e culturale esistente tra la Toscana longobarda e la sua matrice romana. Anziché massa Tagiani e massa Robiani (cioè “massa di Tagiano” e “massa di Robiano”), il nome di quei patrimoni doveva essere stato in origine massa tagiana (da Tacius?) e massa robiana (da Robius), con il ricorso a una forma aggettivale ben attestata nei papiri ravennati. La pratica ormai corrente nel secolo VIII di connettere masse e vici ad antroponimi al genitivo, anziché ad aggettivi derivati dai medesimi antroponimi, generò un’assimilazione dell’aggettivo a un antroponimo non altrimenti attestato.
- 17 Massa prope Frigido ChLA2, 85, n. 1 (882); Massa prope Burra MDL V/3, n. 1496 (979).
- 18 Massa Macinaria: RCL, n. 2 (918); già attestata come Massa in ChLA2, 77, n. 45 (840). Massa Piscato (...)
14Il ricorso a un antroponimo per disambiguare il riferimento a una massa, per quanto comune, non era univoco. A volte gli estensori dei documenti impiegavano il semplice termine Massa o si servivano di specificazioni topografiche: Massa presso il Frigido (Massa Lunense, 882) o Massa presso la Burra (Massa e Cozzile, 979).17 Talora, infine, si ricorreva ad aggettivi che alludevano a specializzazioni produttive: Massa Macinaria (Massa Macinaia, 918), Massa Piscatoria (Massarella, 1114) e Massa Materaria, da materies legname (Matraia, 984).18
- 19 ChLA2, 79, n. 13 (852).
- 20 Massaciuccoli: ChLA2, 79, n. 13-14 (847), ChLA2, 81, n. 17 (857), ChLA2, 81, n. 23 (858), ChLA2, 82 (...)
15Queste ultime espressioni suggeriscono che le masse non si limitassero alla produzione agricola, anche se la comparsa solo dal X secolo di queste forme aggettivali impone prudenza nel riportare all’età longobarda tali vocazioni specializzate. Aiuta comunque a comprendere le logiche di distribuzione del patrimonio fiscale il fatto che anche per altre masse l’ubicazione possa suggerire vocazioni produttive specializzate: Massa Robiani stava al centro delle Colline Metallifere, ricche di giacimenti minerari; Massa Thzonthzi alla base del Monte Pisano, ricco di boschi e di cave di pietra; Massa di Villa Collemandina controllava alcune cave garfagnine;19 e Massaciuccoli controllava l’omonimo lago interno (fig. 1). In quest’ultimo caso, poi, anche i canoni dei livelli rimandano a una produzione specializzata: è principalmente di lì, infatti, che provengono i canoni in pesci delle carte lucchesi.20
- 21 Tomei 2021; Pasquali 2008, p. 98.
16Possiamo dunque ipotizzare che, come nel caso dei beni ceduti da Ariperto II al papato (in quel caso sale e seta), le masse non si limitassero all’agricoltura, ma avessero una vocazione produttiva specializzata, alimentata dallo sfruttamento di particolari risorse naturali. Un fenomeno non dissimile, del resto, in riferimento a Massa Trabaria e Massa Materaria, è stato rilevato da Giorgio Pasquali in relazione al patrimonio della chiesa ravennate.21
- 22 Pieri 1898, p. 66 la pone «verso Lucca», ripreso da ChLA, XXX, 900, n. 5 e Stoffella 2007, n. 29; S (...)
- 23 Supra n. 8.
17Torniamo ora a Massa Tagiani. Dove si trovava, innanzitutto?22 Dato che il toponimo è un unicum, il complesso patrimoniale e il luogo che ne era il centro gestionale dovettero mutar nome dopo il 722. Lo conferma il già rammentato livello della chiesa di S. Maria Ursimanni per i discendenti di Orso, un’istantanea del patrimonio della chiesa a 160 anni dalla sua fondazione.23 Ritroviamo allora i beni della dotazione del 722: venuti meno servi e mandria, sopravvivevano i diritti sui beni in città, e su quelli a Feruniano e Novole. In luogo della casa a Massa Tagiani, invece, ne compare un’altra, posta a Massacuculi e già retta da Ermulo.
- 24 ChLA2, 82, n. 16.
18Nel secolo e mezzo intercorso, verosimilmente in seguito alla concessione a un amministratore (actor) di nome Ciuculo da porre nel quadro della riorganizzazione del complesso fiscale, Massa Tagiani aveva cambiato nome. Fin dall’866, del resto, S. Maria Ursimanni possedeva a Massaciuccoli (Massaciucchuli) una casa, già retta da Ermulo, che la badessa Hiudiperga/Poppa allivellò al prete Anso.24
- 25 ChLA2, 79, n. 13-14. Le case furono poi allivellate dal vescovo Geremia ad Aldoprando (ChLA2, 81, n (...)
- 26 Collavini 1998, p. 23-31.
19Altri due documenti retrodatano la comparsa del nuovo toponimo, confermando inoltre la natura fiscale del complesso patrimoniale centrato su quella località. Nell’847, con due distinti atti, il vescovo Ambrogio allivellò a Riniperto e Flaiprando due case a Massaciuccoli (Massa qui dicitur Ciucculi; Massaciuchuli), che costoro già abitavano.25 Esse appartenevano alla chiesa suburbana di S. Pietro Somaldi, sottoposta alla potestas di S. Martino. Manca un esplicito ricordo della loro matrice fiscale, ma S. Pietro Somaldi era strettamente connessa al fisco: i re longobardi e i loro successori carolingi la concessero a più riprese a loro fedeli, come il pictor di corte Auripert (Liutprando) e i primi Aldobrandeschi (Carlo e/o Pipino); e il suo patrimonio era innervato da beni fiscali. Le due case di Massaciuccoli dovevano dunque essere state staccate dalla massa al momento della dotazione della chiesa o, in precedenza, per premiare quel Sumuald che per primo la dotò, dandole poi nome.26
- 27 MGH, D.OI, n. 266 (964) sortem unam in Massa, in Quiesa masarium unum, a Caprile masarium unum; rip (...)
20Una quarta casa massaricia fu staccata dalla massa, probabilmente verso la fine del secolo VIII: nei diplomi di Ottone I (964) e Arduino (1002) per il monastero femminile lucchese di S. Salvatore Bresciano, fondato dal duca di Lucca Allone (774-785), si rammenta una sors a Massa. Il toponimo è ambiguo, ma l’identificazione con Massaciuccoli è suggerita dal fatto che nell’elenco di beni seguano immediatamente un massaro di Quiesa e uno di Caprile, località affacciata sul lago di Massaciuccoli.27
- 28 ChLA2, 83, n. 33. Su S. Prospero di Antraccoli Savigni 1997, p. 18, 23, 30, 32. Su S. Pietro Beller (...)
21Una permuta dell’874, infine, conferma l’impronta fiscale della “massa di Ciuccolo”. Il vescovo Gherardo, attivo per la chiesa di S. Prospero di Antraccoli, ricevette da Ermiteo di Peredeo 5 pezzi di terra a Flesso, nel luogo detto Faugnano (presso Montuolo), in cambio di altri 5 a Massaciuccoli. Non sappiamo come le terre fossero giunte a S. Prospero, ma le confinanze ne chiariscono l’origine. Oltre al vescovato di S. Martino, sono citati beni regi (terra et muro; vinea et terra; terra), beni della chiesa fiscale (ceduta da Ariperto II al papa e poi recuperata al fisco) di S. Pietro Bellerifonsi (o in Cortina), beni del vassallo regio Ademari. La collocazione di questi beni nell’area dell’attuale Massaciuccoli è confermata dal ricordo tra i confini del padule e di resti murari (muro antiquo e muro domni regis), che la storiografia ha riportato alla villa dei Venulei.28
22Dopo le relativamente numerose tracce di VIII e IX secolo, nelle carte lucchesi che pure illuminano a giorno la vicina Massarosa (che dista circa 5 km) mancano tracce di Massaciuccoli fino a metà XII secolo. Le particole staccatesi dalla massa, che finora abbiamo pazientemente seguito, furono riassorbite dal buco nero del complesso fiscale. Né pare diversa la situazione delle fonti pisane.
- 29 Collavini – Tomei 2017; Bianchi – Cantini – Collavini 2019.
- 30 La datazione topica di RC, n. 325, concluso da Ghisla (Actum in loco Massa prope ecclesiam Sancti L (...)
- 31 Acta Pontificum Romanorum inedita, n. 200 (1162): quicquid habetis in Massaciuculi […] quicquid ha (...)
23Questo quasi assoluto vuoto di ricordi nelle carte non è casuale, ma rimanda alla tenuta del controllo pubblico su Massaciuccoli fino al primo scorcio del XII secolo: proprio la sopravvivenza della natura fiscale dei beni ne impedì la negoziazione e la circolazione fra i privati attraverso gli atti scritti che si conservano nei nostri archivi.29 Unica eccezione a questo “rumoroso silenzio”, quasi a conferma della regola su enunciata, è la datazione topica da Massaciuccoli di un atto accessorio alla fondazione del monastero di S. Salvatore di Cantignano concluso da Ghisla nel 1064. Costei era la nipote (ex filia) del marchese Ugo di Tuscia e a suo padre Ardiccione fu attribuito, seppur solo informalmente, l’inusitato titolo di comes Versiliae, a suggerirne la capacità di controllo sui beni fiscali di quella zona.30 Del resto nel 1025 Ardiccione e la moglie Willa fondarono non lontano da Massaciuccoli (meno di 3 km) il monastero di S. Michele di Quiesa, dotato di molti beni nella zona circostante, compresi alcuni a Massaciuccoli (come ci informa un successivo privilegio di Alessandro III).31 Dunque, la presenza a Massaciuccoli di Ghisla non stupisce e conferma la perdurante natura fiscale di Massaciuccoli e dell’area circostante.
24L’atto del 722 e le fonti di IX secolo mostrano alcuni aspetti della circolazione dei beni fiscali e il profilo sociale dei destinatari di questi flussi. Fanno emergere inoltre un importante complesso fiscale centrato su Massaciuccoli, risalente almeno all’inizio del secolo VIII. Proviamo ora, con la dovuta cautela, a ricostruirne l’origine.
- 32 Anichini 2012. Per le fasi post-classiche Ciampoltrini – Notini 1993; Lera 1963. Già Repetti 1833-1 (...)
25Nella permuta dell’874 tra Gherardo ed Ermiteo fra le confinanze sono citati un muro antiquo e un muro domni regis, espressioni che rimandano a resti architettonici antichi allora controllati dal fisco. Il cenno è stato riferito a strutture tuttora presenti a Massaciuccoli, dove è stata scavata una villa di II secolo d.C. di proprietà della famiglia pisana dei Venulei. Prossima o annessa alla villa era poi una mansio (o una statio) funzionale al percorso dell’Aemilia Scauri. Alcuni settori della villa, precocemente destrutturata almeno quanto alle terme, furono riutilizzati tra VI e inizio VII secolo.32 Possiamo dunque ipotizzare che Massa Tagiani, poi Massaciuccoli, fosse erede della villa romana per il suo fulcro e almeno in parte per il suo patrimonio fondiario.
- 33 Grazie a Dario Internullo ho potuto consultare la bozza della nuova edizione. P.Ital. I 13 si legge (...)
26È però possibile ricostruire un passaggio intermedio. Un papiro del 553 (P.Ital. I 13), di cui Dario Internullo sta preparando la nuova edizione, ricorda che l’aristocratica gota Ranilo, figlia del vir gloriosus Aderit, donò alla chiesa di Ravenna 50 solidi in beni mobili e una rendita di 100 solidi assisa su due massae. La prima, massa firmidiana, giaceva in territorio di Urbino. La seconda non è stata finora identificata con certezza, anche per una lacuna del papiro, che reca et [..]g[.]lianae, territorio Lucense. In assenza di convincenti proposte alternative, si può azzardare l’integrazione [ta]g[i]lianae, identificando massa tagiliana e Massa Tagiani (poi Massaciuccoli).33
27Aggiunto quest’ultimo tassello, possiamo tratteggiare la storia della nostra massa tra Antichità e pieno medioevo. Il complesso di beni centrato sulla villa dei Venulei, forse comprensivo di una mansio, sarebbe passato (transitando per il fisco imperiale e poi regio goto?) a un’importante famiglia gota entro la metà del VI secolo: la massa tagiliana, infatti, fu controllata in successione da Aderit e dalla figlia Ranilo. Dopo la fine della guerra greco-gotica, nel quadro del riallineamento di Ranilo e del marito Felithanc al nuovo ordine politico, metà dei suoi redditi passò alla chiesa di Ravenna. Non è chiaro se sia intervenuto in seguito un passaggio di proprietà dei beni oltre che dei redditi a favore della chiesa ravennate. Comunque, con la conquista longobarda gli eredi di Ranilo e/o la chiesa ravennate furono spossessati a favore della curtis regia, nelle cui mani Massa Tagiani si trovava a inizio secolo VIII. Potrebbero rimandare a questo contesto di immissione nel fisco le tracce di riuso della villa attestate dal registro archeologico (secc. VI-VII in.). Nel corso del secolo VIII da massa Tagiani furono separate le case concesse a Orso, a S. Pietro Somaldi e a S. Salvatore Bresciano.
- 34 Collavini 2020, p. 64, 73-74; Cambi Schmitter 2009, n. 11, cf. Bianchi – Cantini – Collavini 2019 ( (...)
28La trasformazione del toponimo Massa Tagiani in Massa Ciuculi, avvenuto entro la metà del secolo IX, rimanda a un’importante novità. Come per altri casi noti (Empoli/Corte Nuova, Marturi/Poggibonsi, forse Cornino/Franciana), essa rimanda a una riorganizzazione del complesso fiscale e alla sua divisione in due parti (per una rappresentazione grafica dell’evoluzione della massa, vd. fig. 2).34 Il toponimo Massa Grausi emerge nelle fonti solo nel 932, ma già a metà del secolo IX dovevano essere stati staccati dal più ampio complesso fiscale di massa Tagiani i beni più settentrionali e marginali. Venne meno così la massa Tagiani e nacquero due distinte realtà patrimoniali: massa Grausi e massa Ciuculi. La loro collocazione geografica, le vicende successive e gli antroponimi che le designano spiegano logiche e ragioni dell’intervento.
- 35 Tomei c.d.s.
- 36 Fino a fine XI secolo il nome Grauso è attestato solo tre volte nelle carte lucchesi. Lo portano: ( (...)
29La località di Massa Grausi si trova al limite settentrionale della vecchia massa e, come lo strato più esterno di una cipolla,35 poteva esserne staccata e privatizzata, come avvenne nel 932 con il diploma di Ugo e Lotario per i canonici di S. Martino di Lucca: doveva dunque essere il meno strategico dei patrimoni della zona. Del resto, l’antroponimo che le dà nome, rarissimo a Lucca, rimanda a un vassallo regio, verosimilmente forestiero, attestato nell’844.36 La massa Grausi, insomma, nacque come appannaggio del vassallo forestiero Grauso, privo di beni in loco, impiegando i beni “marginali” della massa Tagiani.
- 37 D. Ugo e Lotario, n. 31 (932).
30Mancano tracce di Grauso o della sua discendenza; massa Grausi, dunque, dovette tornare al fisco. I marchesi, però, cedettero di nuovo quei beni a qualche loro fidelis anziché riunirli alla massa Ciucoli. Massa Grausi mantenne, infatti, un’autonomia che permise se ne fissasse il nome e, quando emerge per la prima volta nelle fonti, era stata acquistata da Berta, seconda moglie del marchese Adalberto II, con beni mobili (precio) provenienti dal suo patrimonio personale e da quello del primo marito Tebaldo. Fu verosimilmente un’operazione orchestrata da Adalberto II, intesa a creare un patrimonio toscano per la nuova marchesa al momento delle nozze (896 c.), riscattando dietro pagamento beni fiscali in mano ai fideles marchionali “eredi” di Grauso. Ricaviamo le informazioni dal diploma con cui Ugo (con il figlio Lotario) donò in seguito ai canonici di S. Martino di Lucca Massa Grausi (detta ora corte). Il diploma fu patrocinato da Bosone, marchese di Tuscia, e avvenne pro anima di Adalberto II. Ugo ci tenne però a precisare che la corte era di sua proprietà (cortem unam de iure proprietatis nostrae pertinentem), in quanto eredità della madre, visto che Berta l’aveva acquisita de patris nostri suoque precio.37
31Il distacco di massa Grausi a metà del secolo IX portò a una riorganizzazione anche di quanto rimase al fisco della vecchia massa Tagiani, allora rinominata dall’actor che l’amministrava. L’uso di una forma diminutiva (Ciucolo) è coerente con le pratiche onomastiche dei gastaldi che alla fine dell’alto medioevo gestivano per le più alte autorità pubbliche i beni fiscali. È in questo contesto che furono scritti i livelli per i massari di Massaciuccoli dipendenti da S. Pietro Somaldi, allo scopo di distinguerli dai conduttori di terre fiscali: la scrittura di livelli, infatti, era interdetta nei beni fiscali al contrario di quanto avveniva per beni di proprietà “privata”, come quelli di S. Pietro Somaldi.
- 38 Il radicamento a Bozzano dei Cunimundinghi, membri del seguito marchionale, è difficile da datare, (...)
32Il perdurante carattere fiscale di Massa Ciucoli è confermato dal silenzio delle fonti sulla località, parte del nucleo più interno del fisco versiliese, il più difficile da intercettare nelle fonti scritte. I pochi soggetti in rapporto con Massaciuccoli aiutano comunque a ricostruire a grandi linee cosa stesse accadendo: la massa passò sotto il controllo dei marchesi, forse alla fine del secolo IX. Si deve probabilmente a loro la concessione ai Cunimundinghi di Bozzano, posto tra Massarosa e Quiesa e dunque ormai ai margini della massa (fig. 2).38 Il nucleo centrale della massa giunse invece ai discendenti in linea femminile del marchese Ugo (961-1001): con beni della massa prossimi a Quiesa, ormai lo strato più esterno della “cipolla fiscale”, Ardiccione comes Versiliae e Willa marchionissa (figlia del marchese Ugo) dotarono il monastero di S. Michele (fig. 2); e da Massaciuccoli nel 1064 agì la figlia dei due, Ghisla. Perdurava il carattere fiscale della località e del patrimonio circostante, seppur ridimensionato rispetto alla sua estensione originaria.
Fig. 2. Rappresentazione grafica del processo di graduale divisione della massa Tagiani (i confini sono puramente indicativi e non hanno alcuna ambizione di precisione).

33Le fonti a me note non permettono di tracciare l’evoluzione successiva e capire chi beneficiò della crisi del sistema fiscale nella zona nei decenni a cavallo tra XI e XII secolo. Ulteriori e più mirate ricerche potranno chiarire il punto, che esula dagli obiettivi di questa ricerca.
- 39 Per il parallelo di Empoli Collavini 2020. L’amministrazione da parte di ufficiali ad hoc è attesta (...)
- 40 Ceccarelli Lemut 2005, p. 376.
34Vale, però, la pena di sottolineare un ultimo aspetto che accomuna la vicenda di Massaciuccoli a quelle di altri complessi fiscali toscani: il carattere di eccezione rispetto alla distrettuazione civile ed ecclesiastica, che comportò la frequente elevazione a pieve delle cappelle curtensi e generava incertezze circa la loro attribuzione a uno o all’altro comitato o diocesi. Ciò era dovuto sia alla loro frequente collocazione ai margini dei territori cittadini, sia al fatto che di norma erano gestiti da ufficiali ad hoc e non pagavano le decime alle pievi.39 Non stupisce pertanto che almeno dagli anni Trenta del XII secolo S. Lorenzo di Massaciuccoli risulti elevata a pieve e sottoposta alla chiesa pisana.40
35Insomma, le caratteristiche di Massaciuccoli fra IX e XII secolo sono coerenti con quelle di altri complessi fiscali noti. È solo l’eccezionale convergenza di fonti scritte e archeologiche a permettere di ricostruirne, seppur solo ipoteticamente, le vicende precedenti, suggerendo un possibile percorso di formazione anche di altri patrimoni fiscali toscani noti solo a valle della loro costituzione, se non addirittura al momento del loro smembramento nella prima metà del XII secolo.
36Cosa possiamo ricavare, su un piano più generale, da questo caso e quanto esso è generalizzabile?
- 41 Senza pretese di completezza fra le masse citate hanno certamente matrice fiscale Massa Robiani (= (...)
37Innanzitutto, due parole sulla possibilità di generalizzare: da un lato è evidente l’assoluta “normalità” del complesso di Massaciuccoli. Ciò suggerisce un possibile carattere esemplare del suo percorso, viste le regolarità su illustrate. È il caso del ricorso al termine massa, per il quale i dati suggeriscono un impiego piuttosto coerente per designare complessi patrimoniali fiscalizzati (forse al momento della conquista) ai danni di aristocratici e chiese. D’altra parte, l’assenza di paralleli suggerisce prudenza e invita a ulteriori indagini prima di sbilanciarsi sull’esemplarità del percorso di Massaciuccoli e sul carattere fiscale delle masse altomedievali toscane, pur spesso del tutto evidente.41
- 42 Esders 2020.
38Dalla vicenda di Massaciuccoli emerge anche la lunghissima tenuta del complesso patrimoniale centrato sulla località, la cui spia più evidente è la persistenza del termine massa a designarlo, nonostante gli elementi di specificazione si alternino. Questo ne fa il luogo ideale per immaginare altre forme di continuità a cavallo tra Antichità e primo medioevo, sia quanto alle forme di gestione che alla sopravvivenza di tecnologie e competenze produttive specifiche.42 Lo suggeriscono gli aggettivi attribuiti ad alcune masse (seppur tardi) e i dati archeologici provenienti da grandi proprietà fiscali rurali e, ancor più, urbane. Per la Tuscia, però, la continuità non pare aver riguardato in primo luogo i complessi patrimoniali imperiali (res Caesaris): nei casi noti, infatti, le strutture romane preesistenti constano di ville aristocratiche, patrimoni ecclesiastici o infrastrutture pubbliche minori, come le mansiones.
- 43 https://patrimonium.huma-num.fr.
- 44 Vitiello 2014, p. 31-37, 60-62.
- 45 Tomei c.d.s.
39Per comprendere meglio le cause di questa specificità regionale è utile un confronto tra le mappe virtuali della Tuscia ricavabili dai siti di due progetti di ricerca che indagano temi analoghi in momenti diversi: Patrimonium,43 concentrato sull’età romana, e il nostro DB Fiscus. Le proprietà imperiali in epoca romana si concentravano nel settore meridionale della Tuscia. Ancora in epoca gota le poche tracce dell’immenso patrimonio di Teodato nella regione hanno una distribuzione geografica analoga: si hanno notizie certe per l’isola Martana nel Lago di Bolsena, per il Viterbese e per un’area prossima a Orvieto. Le fonti, del resto, suggeriscono che parte dei beni di Teodato provenissero proprio dal patrimonium.44 Al contrario, dal secondo quarto del secolo VIII e ancor più chiaramente in seguito, i beni fiscali toscani si concentrarono lungo la viabilità N/S che attraversa la regione nel suo settore centrale, lungo la costa tirrenica, nel Valdarno e nello spazio lacustre a nord dell’Arno al cui centro sta il Monte Pisano.45
- 46 Garzella 1998.
- 47 Marazzi 2021, p. 1043-1045.
- 48 Per S. Genesio, Bianchi – Cantini – Collavini 2019, p. 331. Per la villa/mansio di Vignale, presso (...)
40Tale discontinuità geografica si spiega da un lato con la disordinata, lenta e solo parziale conquista longobarda della regione, dall’altro con il diverso orizzonte geografico dei poteri pubblici prima e dopo la rottura longobarda: se prima punto di riferimento era sempre rimasta Roma verso la quale gravitava il grosso della res Caesaris e poi del patrimonio di Teodato, in seguito il settentrione della regione (e in particolare Lucca) divenne il magnete che riorientò la distribuzione spaziale dei beni fiscali. Fu infatti nel contesto della conquista e poi della stabilizzazione del confine politico romano-longobardo che la parte settentrionale della Tuscia/Etruria fu divisa dal resto della regio e da Roma, sviluppando una propria identità distinta.46 In questo nuovo contesto duchi e re, nel ricostruire un patrimonio fiscale regionale che sostituisse quanto perduto perché rimasto bizantino, lo fecero alla luce del nuovo assetto geopolitico della regione. Ciò aiuta a spiegare la discontinuità tra patrimoni regi longobardi e res Caesaris; una caratteristica che distingue la Toscana da altre parti dell’Italia centro-meridionale.47 In assenza di beni imperiali preesistenti di cui appropriarsi, niente di più naturale che attingere a piene mani ai beni di aristocratici eliminati o assenteisti e di chiese forestiere (in primis Roma e Ravenna) o di fiscalizzare infrastrutture ormai inattuali come le mansiones; è quanto avvenne a Vico Wallari/San Genesio o a Vignale e probabilmente anche a Empoli e Massaciuccoli.48
- 49 Un’ampia fascia di beni fiscali era sia a nord di Massaciuccoli, nell’area del lago di Porta e del (...)
41Come in ogni fase di profondo rivolgimento politico, le occasioni di appropriazione di beni da parte dei vertici politici erano immense. Dapprima ne approfittarono i duchi, protagonisti della fase iniziale di conquista: lo mostrano bene, come fossili guida, le due grandi exclaves maremmane, centrate rispettivamente sulla Val di Cornia e sulla Val di Bruna, dei duchi di Lucca e di Chiusi. Poi, il ruolo guida passò ai re: si spiega così la forte incidenza di beni fiscali in controllo regio in Versilia e lungo la costa tirrenica centro-settentrionale, aree la cui conquista fu più tarda. Possiamo dunque ritenere che l’estesissima presenza del fisco lungo la costa tirrenica (specialmente quella più settentrionale) non abbia solo ragioni di tipo ecologico (ampiezza delle paludi costiere), ma si connetta alla più tarda conquista di questi avamposti bizantini, che comportò una più massiccia ridistribuzione della proprietà fondiaria senza negoziazioni con i precedenti proprietari (al contrario di quanto avvenuto inizialmente).49
- 50 Maiuro 2012a.
42Gran parte delle risorse incamerate con la conquista fu immediatamente redistribuita per creare consenso intorno a strutture politiche fragili, sia perché allora in via di formazione e prive della solida base della fiscalità romana, sia perché poste in un’area di confine che l’impero ambì a lungo a recuperare. Come è stato argomentato da Marco Maiuro in relazione alla res Caesaris, anche nella prima età longobarda per i beni confiscati da re e duchi doveva porsi la scelta tra mantenerli nelle proprie mani (investendo risorse per gestirli e rinunciando a un immediato vantaggio politico) e distribuirli ai fedeli, massimizzando il ritorno politico immediato, ma rinunciando a crearsi una solida base patrimoniale.50 Data l’instabilità del sistema politico longobardo tra VI e VII secolo la seconda opzione fu certo quella privilegiata da duchi e sovrani.
43Perciò, a dover essere spiegata non è tanto la costante dispersione dei beni fiscali, quanto il fenomeno opposto. La domanda corretta da porsi è: «Perché in certi casi e in certe aree i beni confiscati furono conservati anziché ridistribuirli?» Talora si trattò di affermare il controllo su risorse strategiche: è il caso delle miniere, soprattutto di ferro (Elba e Colline Metallifere), del sale (costa tirrenica), del legname da costruzione e forse delle cave di pietra (Monte Pisano). In altri casi il movente fu il mantenimento di un controllo della viabilità stradale e fluviale (Valle dell’Arno, Cassia, passi appenninici), in relazione a esigenze militari e a un esercizio del potere che si andava facendo itinerante. Quali che fossero le ragioni di questa scelta iniziale, i nuclei patrimoniali fiscali nati allora generarono una massa critica centripeta, capace di alterare gli equilibri di potere locali attraverso i meccanismi del patronato e di generare un flusso di donazioni e di acquisizioni che li accrebbero ulteriormente, stabilizzandoli. Il funzionamento di questi meccanismi clientelari (che spingevano gli attori locali legati al fisco o sottoposti al suo patronato a cedergli parte dei loro beni, rimpolpando costantemente il patrimonio fiscale) è ben illustrato da Maiuro per l’età romana e ha paralleli in Tuscia tra X e XI secolo. Questo ulteriore sviluppo concorre a spiegare la diseguale distribuzione del fisco nello spazio regionale.
44Anche sotto questo rispetto Massaciuccoli, posta su una via romana e prospicente l’omonimo lago a controllo delle sue risorse, offre suggestioni per chiarire meglio il fondamentale snodo al centro della nostra attenzione: la creazione di un complesso patrimoniale fiscale nel primo medioevo. Una volta nato, poi, la sua stessa consistenza garantì la sopravvivenza del nucleo patrimoniale fino alla crisi del sistema tradizionale di gestione dei beni fiscali tra XI e XII secolo.
Notes
1 Loré 2013; Loré 2018; cf. Marazzi 2021.
2 Collavini 2016b.
3 Su S. Frediano Viti 2021, p. 61-69; per le “restituzioni” Tomei 2021.
4 Collavini 2007. Cf. Cortese 2017, p. 35-66; Tomei 2019; Stoffella 2007.
5 Fondazione ChLA, XXX, 900; Orsa badessa ChLA, XXX, 916a (739); S. Maria come monastero ChLA2, 86, n. 45 (897); livello per i “da Vico Fitri” ChLA2, 85, n. 4. Su S. Maria Ursimanni Schwarzmaier 1972, p. 28-29; Stoffella 2007, p. 6-7; Cortese 2017, p. 41, 46, 73; Lazzari 2017a, p. 54-55. Sui ‘da Vico Fitri’ Tomei 2018, p. 37-38; Tomei 2019, p. 45, 415.
6 ChLA, XXX, 900, r. 31. Hanno ritenuto Orso figlio di Talesperiano Ghignoli 2004, p. 57; Stoffella 2007, p. 6 e n. 30; Cortese 2017, p. 41, 46. Schwarzmaier 1972, p. 28, invece, intendeva l’espressione in senso figurato. Gli estremi cronologici di Talesperiano (713-30) e di Orso (ante 712-22) li mostrano coetanei. Un Orso, non necessariamente il nostro, è protagonista di un atto privo di data (ChLA, XXXI, 916b), riportato alla seconda metà del secolo VIII dall’editore.
7 Feruniano in Versilia va distinta dall’omonima località del Valdarno. Gli altri beni sono: una casa a Fussione, presso Lammari nelle Sei Miglia; due case a Novole, presso S. Saturnino di Fabrica nell’area di S. Miniato (vd. Tomei 2018, p. 15 e n. 44); una casa a Massa Tagiani (vd. infra). Il vaccaro Candido, il suo armento e un metato (un riparo per il bestiame, più che un metato vero e proprio) erano a Tumolo: un toponimo diffuso, ma da riportare, contra ChLA, XXX, 900 n. 7, alla Versilia. L’elenco di beni ha, infatti, andamento geografico: prima Lucca e le Sei Miglia (il fondamento della chiesa; Fussione), poi la Versilia (Massa Tagiani e Feruniano), infine il Valdarno (Novole). Tumulo è citato tra le due località versiliesi: lo si può forse connettere al toponimo Tombolo in comune di Viareggio lungo l’antica linea di costa o, più probabilmente, a un tombolo del lago di Massaciuccoli.
8 ChLA2, 85, n. 4. L’elenco integra andamento cronologico e geografico. Prima sono elencati, in ordine geografico, i beni più antichi (secolo VIII?), poi quelli acquisiti in seguito. Del primo gruppo fanno parte i beni versiliesi di Corsanico (com. Massarosa) e Feruniano (ai quali nella parte finale, probabilmente perché acquisita nel secolo IX, si aggiunge la chiesa di S. Giorgio), le case a Vallecchia e Massaciuccoli. Sempre nel primo gruppo rientrano le case nelle Sei Miglia: a Vetuliano sulla Fraga (tra Lammari e Marlia cf. ASDL, DA, † E 48, a. 1041) e a Rotta presso la chiesa di S. Salvatore (probabilmente l’omonima chiesa di Vico Alahis presso Lammari, cf. ChLA2, 73, n. 46, a. 812) (si noti che Vetuliano e Rotta sono citate insieme in ChLA, XXXI, n. 916b, su cui vd. supra n. 6); e infine le due case ubi dicitur Novam in Valdarno. Il secondo gruppo comprende beni nelle Sei Miglia a O/NO di Lucca o nel suburbio: una vigna a Mutigliano (com. Lucca), terre in loco Windalfo (va emendata così la lettura Windali di ChLA2 delle ultime due lettere fortemente danneggiate), località ben attestata dalle parti di S. Alessio di Lucca sul Serchio e ad Pruno (= Prunulo, presso Montuolo); e i due pezzi di terra fuori Lucca. Su Windalfo, anche idrotoponimo, e Prunulo cf. ChLA2, 72, n. 28 (804), ChLA2, 75, n. 19 (822-823). Il pezzo di terra in loco Windalfo confinava per tre lati con terra del marchese Adalberto, ma anche a Prunulo sono altrimenti attestate terre inserite nel circuito redistributivo di corte. Non so ubicare il luogo ubi dicitur Pratulo.
9 Tomei 2019; Cortese 2017.
10 Stoffella 2007, n. 29; Cortese 2017, p. 46-47.
11 Collavini 2016; Tomei 2021, p. 28.
12 Sulle massae tardo-antiche vd. Vera 1999; Maiuro 2012a, p. 169-175. Altra loro caratteristica era quella di insistere su un solo territorium civitatis. Al momento non ho elementi per estendere questa sfumatura di senso all’uso alto medievale del termine.
13 Collavini 2016b, p. 16 e n. 7.
14 Massa Robiani: ChLA, XXXII, 938 (754) e ChLA2, 75, n. 32 (825); semplicemente Massa in ChLA, XXXI, 925 e ChLA, XXXIII, 965. Massa Thzonthzi: ChLA, XXXV, 1034 (772), solo Massa in ChLA2, 86, n.14 (890). Per Massaciuccoli vd. infra. Massa Grausi: D. Ugo e Lotario, n. 31 (932).
15 La massa è citata con altri beni toscani nel terzo degli inventari di Bobbio (databile tra 890 e 910, Bougard 1995, p. 38 n. 22), vd. ChLA2, 57, n. 24, r. 28-52, spec. r. 51-52 (già in Castagnetti 1979, p. 173-174), come Massa Bofoli; e in un diploma di Ottone I (MGH, D.OI, n. 412, a. 972, copia di XIV secolo), nella forma Massa Boscholi. Il toponimo, che non ha lasciato traccia di sé, rimanda certamente a un Bosolo che ne fu l’actor. Gli altri beni toscani bobbiesi, non facili da ubicare, erano in Toscana nord-occidentale: il diploma li colloca nei fines di Lucca, Pisa e Pistoia; i toponimi dell’inventario rinviano al Valdarno lucchese e pisano (Verriano = S. Gervasio; Poteniano = Putignano) e all’area prossima ai grandi complessi fiscali a cavallo tra Versilia e Val di Serchio (Balbiano = Balbano; Fogliano = Foglianco; Co(go)veciano = Conzano), dove appunto è Nozzano. Porrei qui Massa Bosoli.
16 Secondo l’inventario la massa garantiva un censo di 6 soldi per una casa e una cappella, pagato da ille qui previdet (l’actor o un livellario/beneficiario?), e 53 soldi e 11 denari dovuti dai 61 massari o livellari, ChLA2, 57, n. 24, r. 51-52.
17 Massa prope Frigido ChLA2, 85, n. 1 (882); Massa prope Burra MDL V/3, n. 1496 (979).
18 Massa Macinaria: RCL, n. 2 (918); già attestata come Massa in ChLA2, 77, n. 45 (840). Massa Piscatoria: ASDL, DA, AF 11 (1114), già attestata come Massa in ASDL, DC, Fondo Martini, 1000 aprile 9 (ma 1003), data topica di una donazione del conte Lotario Cadolingi, e in ASLu, Altopascio, n. 1, c. 152 r (1086). Massa Materaria (Matraia): MDL V/3, n. 1593 (984), di qui vengono i soli canoni lucchesi in legname fino a tutto l’XI secolo: ASDL, DA, +E 41 (1040), +E 40 (1071).
19 ChLA2, 79, n. 13 (852).
20 Massaciuccoli: ChLA2, 79, n. 13-14 (847), ChLA2, 81, n. 17 (857), ChLA2, 81, n. 23 (858), ChLA2, 82, n. 16 (866). Altri casi sono Cecina ChLA2, 72, n. 16 (802) e Arena in Valdiserchio ChLA2, 117, n. 16 (895-897, inventarium episcopatus). Cf. Andreolli 1999, p. 208. Incerta è l’ubicazione di Vaianu di ChLA, XL, n. 1161 (797).
21 Tomei 2021; Pasquali 2008, p. 98.
22 Pieri 1898, p. 66 la pone «verso Lucca», ripreso da ChLA, XXX, 900, n. 5 e Stoffella 2007, n. 29; Schneider 1914, p. 231 e n. 59 identificava la casa con Forcoli e la massa con Toiano (com. Palaia), in base all’errata lettura casa Furculi in massa Tagiani.
23 Supra n. 8.
24 ChLA2, 82, n. 16.
25 ChLA2, 79, n. 13-14. Le case furono poi allivellate dal vescovo Geremia ad Aldoprando (ChLA2, 81, n. 17) nell’857 e ancora a Flaiprando (ChLA2, 81, n. 23) nell’858.
26 Collavini 1998, p. 23-31.
27 MGH, D.OI, n. 266 (964) sortem unam in Massa, in Quiesa masarium unum, a Caprile masarium unum; ripreso da MGH, D.Ard. 7 (1002). Su S. Salvatore Bresciano, Schwarzmaier 1973, p. 39.
28 ChLA2, 83, n. 33. Su S. Prospero di Antraccoli Savigni 1997, p. 18, 23, 30, 32. Su S. Pietro Bellerifonsi (o in Cortina) Bianchi – Tomei 2020, p. 156-158; Tomei 2021. Su Ademari Collavini 1998, p. 43, 60-61, 63 (dove va corretta la localizzazione: a Massaciuccoli, non a Tempagnano). Sulla villa dei Venulei, cf. infra.
29 Collavini – Tomei 2017; Bianchi – Cantini – Collavini 2019.
30 La datazione topica di RC, n. 325, concluso da Ghisla (Actum in loco Massa prope ecclesiam Sancti Laurentii), è ambigua. Contro il parere dell’editore (Massa Buggianese), propongo un’identificazione con Massaciuccoli, sostenuta dalla presenza di un teste di Massarosa (Stefano de Massa Grausi) e dal ricordo della chiesa di S. Lorenzo, dedicazione attestata a Massaciuccoli (Rationes Decimarum, n. 3580 e 3815), ma non a Massa Buggianese. Esisteva però una chiesa di S. Lorenzo anche a Massa Macinaia (RCL, n. 2, 8 e passim). I patti preliminari alla fondazione si leggono in RC, n. 319-325, cf. Tomei 2019, p. 207, 408.
31 Acta Pontificum Romanorum inedita, n. 200 (1162): quicquid habetis in Massaciuculi […] quicquid habetis in lacu de Massaciuccolimarchionissa.
32 Anichini 2012. Per le fasi post-classiche Ciampoltrini – Notini 1993; Lera 1963. Già Repetti 1833-1846, III, p. 179 proponeva una connessione con il livello dell’874. Sui Venulei, attivi nel restauro anche delle terme di Pisa, Bruni 2022, p. 70.
33 Grazie a Dario Internullo ho potuto consultare la bozza della nuova edizione. P.Ital. I 13 si legge ora in ChLA, XXIX 880. Cf. Amory 1997, p. 409; Pohl 2001a, p. 755; Ciampoltrini 2011, p. 11, 18.
34 Collavini 2020, p. 64, 73-74; Cambi Schmitter 2009, n. 11, cf. Bianchi – Cantini – Collavini 2019 (ho da tempo in corso un dettagliato studio di questo testo che spero di pubblicare presto); e Collavini 2016.
35 Tomei c.d.s.
36 Fino a fine XI secolo il nome Grauso è attestato solo tre volte nelle carte lucchesi. Lo portano: (a) il teste a un accordo tra Jacopo vescovo di Lucca e Pietro vescovo di Luni circa i beni lasciati dal vescovo Walperto in territorio di Luni al vescovato di Lucca (ChLA2, 75, n. 24b, a. 816); (b) un vassallo regio presente a un placito del vescovo Ambrogio nell’844 (ChLA2, 78, n. 21, a. 844, cf. Castagnetti 2010, p. 246); e (c) un teste a un livello per coltivatori dello stesso vescovo (ChLA2, 80, n. 18, a. 852). Nonostante il comune rapporto con Ambrogio, non identificherei gli ultimi due.
37 D. Ugo e Lotario, n. 31 (932).
38 Il radicamento a Bozzano dei Cunimundinghi, membri del seguito marchionale, è difficile da datare, ma va collocato dopo la metà del secolo IX, Tomei 2019, p. 204-205.
39 Per il parallelo di Empoli Collavini 2020. L’amministrazione da parte di ufficiali ad hoc è attestata per la curtis di Marturi / Poggibonsi tra fine X e inizio XI secolo, Cambi Schmitter 2009, n. 11. Sulle oscillazioni nella collocazione geografica (attestate p. es. per Pescia, Garfagnana, S. Antimo, Gualdo del re) Tomei 2019, p. 25-26. Sulle decime Violante 1986, p. 233-234; Devroey 2012, p. 95-96; alcuni casi puntuali in Lucioni 1998, p. 61-62.
40 Ceccarelli Lemut 2005, p. 376.
41 Senza pretese di completezza fra le masse citate hanno certamente matrice fiscale Massa Robiani (= Massa Marittima), Massa Grausi (= Massarosa), Massa prope Frigido (Massa di Lunigiana); probabile Massa Bosoli (appartenente a S. Colombano di Bobbio), Massa Piscatoria (= Massarella, luogo di rogazione dei Cadolingi a inizio XI secolo), Massa Macinaria (Massa Macinaia, dove sono attestati sparsi beni fiscali). Ho minori certezze per Massa Pisana, Massa Materaria (Matraia), Massa di Villa Comandina, Massa prope Burra (Massa e Cozzile).
42 Esders 2020.
43 https://patrimonium.huma-num.fr.
44 Vitiello 2014, p. 31-37, 60-62.
45 Tomei c.d.s.
46 Garzella 1998.
47 Marazzi 2021, p. 1043-1045.
48 Per S. Genesio, Bianchi – Cantini – Collavini 2019, p. 331. Per la villa/mansio di Vignale, presso la quale si strutturò poi la curtis di Franciana, Collavini 2016; Zanini – Giorgi 2019; Tomei 2021. Per Empoli, Collavini 2020.
49 Un’ampia fascia di beni fiscali era sia a nord di Massaciuccoli, nell’area del lago di Porta e del monte Palatina, sia a sud, tra Viareggio (Via regia) e la foce del Serchio, con la selva Palatina, e poi tra il Serchio e l’Arno, con la selva del Tombolo marchionis. Anche questi spazi sono illuminati dalle fonti solo a fine secolo XI, Ronzani 1991; Ronzani 2016; p. 73-88; Tomei 2019, p. 204-205; Wickham 2001, p. 456-457. Un contesto analogo, oltrepassando Porto Pisano e la sua Sala regis, emerge per l’area boschiva intorno a Rosignano, Collavini 2011.
50 Maiuro 2012a.
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Titre | Fig. 1. Distribuzione spaziale delle masse attestate dalla documentazione lucchese. |
URL | http://journals.openedition.org/mefrm/docannexe/image/13770/img-1.jpg |
Fichier | image/jpeg, 2,4M |
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Titre | Fig. 2. Rappresentazione grafica del processo di graduale divisione della massa Tagiani (i confini sono puramente indicativi e non hanno alcuna ambizione di precisione). |
URL | http://journals.openedition.org/mefrm/docannexe/image/13770/img-2.jpg |
Fichier | image/jpeg, 2,7M |
Pour citer cet article
Référence papier
Simone Maria Collavini, « La formazione del patrimonio fiscale altomedievale in Tuscia », Mélanges de l’École française de Rome - Moyen Âge, 136/1 | 2024, 27-37.
Référence électronique
Simone Maria Collavini, « La formazione del patrimonio fiscale altomedievale in Tuscia », Mélanges de l’École française de Rome - Moyen Âge [En ligne], 136/1 | 2024, mis en ligne le 20 octobre 2024, consulté le 20 mai 2025. URL : http://journals.openedition.org/mefrm/13770 ; DOI : https://doi.org/10.4000/12ryi
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