Sul termine curtis e la grande proprietà fondiaria nell’Occidente post-romano (secoli VI-VIII)
Résumés
Il saggio vuole studiare un termine-chiave, curtis, seguendone la stratificazione semantica dal VI all’VIII secolo. Nell’Occidente post-romano esso si caricò di significati in due processi di portata storica periodizzante: nelle forme di sostentamento delle istituzioni pubbliche, il passaggio dalle tasse alla terra; nelle forme di strutturazione della grande proprietà fondiaria, la nascita del sistema curtense. L’obiettivo è verificare, attraverso questa lente specifica, se fra i due processi possano essere individuati dei punti di tangenza.
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Texte intégral
- 1 Wickham 2005; Wickham 2009; Devroey 2003; Devroey 2006.
- 2 Bonney 1995; 1999. Con riferimento all’Occidente post-romano, cf. Airlie – Pohl – Reimitz 2006; Poh (...)
- 3 Cortonesi – Montanari 2001; Cortonesi 2003; Nanni 2012.
1In qualsiasi generale ricostruzione del periodo altomedievale, si prendano da ultimo gli affreschi tratteggiati da Chris Wickham e Jean-Pierre Devroey, trovano spazio fra gli assi portanti due processi: l’epocale transizione, nelle forme di sostentamento delle istituzioni pubbliche, dalle tasse alla terra; e quanto alla strutturazione della grande proprietà fondiaria, l’origine e messa a modello del sistema curtense.1 Il primo è tema che ha conosciuto grande fortuna nell’ultimo ventennio grazie alla corrente della New Fiscal History, occupando un posto centrale sulla ribalta storiografica.2 Il secondo, per converso, si è un poco spostato di lato con l’affievolirsi dell’interesse per la storia agraria sul finire del secolo scorso.3 I nodi concettuali sono stati considerati per lo più come disgiunti e le due linee di ricerca hanno sostanzialmente proceduto in parallelo senza incontrarsi.
- 4 Cammarosano 1991, p. 39-43. Controcorrente l’operazione di Delogu 2010, che ha posto il VII secolo (...)
- 5 Wickham 2005, p. 259-302; Pasquali 2005; Pasquali 2008; cf. anche Sarris 2004; Patzold – Tedesco 20 (...)
- 6 Internullo 2019.
2Alla base di ciò sta, a mio giudizio, un motivo sostanziale. Il VII secolo con il suo peculiare paesaggio delle fonti ha assunto, per così dire, il ruolo di una barriera difficilmente valicabile.4 Gli studi sulla genesi del sistema curtense hanno volto lo sguardo all’indietro dall’età carolingia, il riferimento va in prima battuta allo stesso Wickham e a Gianfranco Pasquali, ma non hanno compiuto che veloci incursioni al di là di questa barriera.5 Non a caso giunge da una complessiva riconsiderazione della base documentaria altomedievale, quanto al rapporto fra la sua materialità, le dinamiche di conservazione e i limiti alla conoscibilità, l’invito a reinterrogarsi sull’origine complessa del modello curtense, tenendo insieme in maniera organica i secoli dal V al IX. Esso viene dal recente studio di Dario Internullo su un’altra epocale transizione nell’Occidente post-romano, quella dal papiro alla pergamena.6
- 7 Díaz Martínez – Martín Viso 2011; Porena – Rivière 2012; Eisenberg – Tedesco 2021.
- 8 Cammarosano 1991, p. 65. O living documents, per usare una più recente espressione di Gravela 2020, (...)
- 9 Collavini – Tomei 2017; Collavini 2019; Tomei 2019; Ghignoli 2022; Vignodelli – Tomei c.d.s.
3D’altra parte, la ricca messe di studi sul passaggio dalla tassazione alla rendita ha un assetto che appare sbilanciato sull’estremo cronologico opposto: si è focalizzata sul tema dell’insediamento sul suolo romano delle popolazioni barbariche e ha seguìto con maggiore attenzione tempi e modi, regionalmente differenziati, della scomparsa del sistema di imposte piuttosto che riflettere sulle forme con cui fu riorganizzata la base fondiaria pubblica.7 Di nuovo, la barriera del VII secolo non è stata valicata che occasionalmente e i vincoli documentari si sono rivelati vieppiù cogenti. Infatti, le fonti sul fisco, proprio in ragione della sua natura inalienabile e dei flussi di redistribuzione che esso alimentava, sono esigue in quantità e singolari in qualità: per usare la classificazione di Paolo Cammarosano, si contano in larga misura atti “leggeri”, dal valore pratico e dispositivo, soggetti a un alto scarto e spesso relegati ai margini della riflessione.8 Soltanto negli ultimi anni la medievistica, anzitutto italiana, ha affinato la metodologia di studio di queste testimonianze e ha provato a valorizzarle.9
- 10 Devroey 2006, p. 67-72; Gasparri 1990, p. 254-262; Gasparri 2011; Zotz 1996; 2017; Negro 2011; cf. (...)
4A partire da queste considerazioni, questo saggio si propone di verificare se vi possano essere dei punti di tangenza fra i due processi. Lo farò fissando lo sguardo su un concetto-chiave che in entrambe le strutture si carica di significati, espressi dal termine curtis. Ne studierò la stratificazione semantica sulla diacronia, in un percorso che dal VI giunge all’VIII secolo, ponendo in interazione e sviluppando considerazioni espresse dallo stesso Devroey, da Stefano Gasparri, Flavia Negro e Thomas Zotz.10 Quanto allo spazio geografico-documentario di indagine, muoverò da una prospettiva generale per concentrarmi, poi, su un contesto regionale specifico: l’Italia longobarda. Qui il termine gode della più ampia diffusione e assume il più articolato spettro di significati, fra loro variamente sovrapposti. Qui si rintracciano le più antiche ed evidenti emergenze degli elementi che, nella definizione di età carolingia, vanno a comporre l’idealtipo curtense.
551. La sedes di Attila
- 11 La ricerca lessicale e lessicografica si è giovata dei seguenti strumenti: Thesaurus Linguae Latina (...)
5Il termine curtis è una creatura medievale.11 La sua nascita può essere situata all’alba del secolo VI. Con una radice etimologica che lo affratella al termine hortus, da cingere, prendere, va a indicare nel latino classico sotto la forma cohors un luogo, nel paesaggio rurale, chiuso da recinto e quindi, per via metonimica, il gruppo di animali che in esso può trovare riparo. Si applica analogamente anche a un insieme di uomini che formano un corpo unico, quasi un piccolo gregge, quale il seguito di un magistrato o, più comunemente, ed è questo il significato più diffuso, un battaglione di soldati, unità militare in cui si ripartisce la legione romana. L’accento è posto non tanto sul recinto e sullo spazio concreto da esso racchiuso, ma all’aggregato di esseri viventi, che agiscono sotto il comando altrui e cooperano organicamente, per così dire, in branco.
- 12 Isid., Orig., 9, 3, 52, p. 372.
- 13 Isid., Orig., 15, 9, 1, p. 609.
6È su questo sostrato che si costruisce, con il procedere del secolo VI, la prima fra le accezioni medievali, espressa nelle forme cors, cortis e, più spesso, curtis. Il fuoco ritorna all’area conchiusa e non concerne più soltanto la fattoria, ma anche la sede centrale del potere, domestico e pubblico. La lieve variazione nel significante e la formazione di un nuovo significato rispondono alla mutata centralità del referente nelle strutture politiche, sociali ed economiche che stanno riorganizzandosi in questa stagione di trasformazioni. Di tutto ciò non ci informa Isidoro di Siviglia nelle Etymologiae. Qui, in aderenza all’uso classico, è presente cohors. Isidoro lo colloca nel campo semantico militare e ne spiega l’origine quando tratta de munitionibus: sta per gruppo di cinquecento milites;12 si chiama così poiché compatta e racchiude le cose che si trovano al suo interno, fa da ostacolo e si frappone all’ingresso di estranei.13
7La sua comparsa è precedente e avviene altrove. Punto di partenza del mio percorso storico-semantico è un passo dei Getica in cui Giordane, intorno al 551, riprende e sviluppa la descrizione della residenza di Attila tratteggiata da un testimone oculare: Prisco di Panion, giunto fra gli Unni in missione diplomatica per conto dell’imperatore Teodosio II, intorno al 449. È in Giordane che la parola appare caricata della sua nuova valenza e subito in relazione con quella che diviene, poi, la sua seconda sfumatura di significato principale. Nella rielaborazione che egli fa, un secolo dopo gli eventi narrati, del frammento di Prisco, alcuni dei lineamenti della dimora di Attila vengono enfatizzati, tanto da assumere le forme di una sorta di prototipo della corte regia altomedievale.
8Così Prisco introduce il suo incontro con Attila:
Ἐπὶ τῆς αὐτῆς οὖν ὁδοῦ γενόμενοι, προπορευθῆναι αὐτὸν ἀναμείναντες, σὺν τῷ παντὶ ἐπηκολουθήσαμεν πλήθει καί, ποταμούς τινας διαβάντες, ἐν μεγίστῃ παρεγινόμεθα κώμῃ, ἐν ᾗ τὰ τοῦ Ἀττήλα οἰκήματα περιφανέστερα τῶν ἁπανταχοῦ εἶναι ἐλέγετο, ξύλοις τε καὶ σανίσιν εὐξέστοις ἡρμοσμένα καὶ περιβόλῳ ξυλίνῳ κυκλούμενα, οὐ πρὸς ἀσφάλειαν, ἀλλὰ πρὸς εὐπρέπειαν συλλαμβάνοντι.
- 14 Prisci Pan. Exc. fragm., ed Carolla, p. 32; trad. Given 2014, p. 59. Prisci Pan. Fragm, ed. Bornman (...)
We crossed some rivers and arrived in a very large village, in which it was said Attila’s compound was more conspicuous than everyone else’s, fitted together with logs and well-polished boards and encircled with a wooden wall that contributed not to safety but to majesty.14
9Giordane dichiara esplicitamente di attingere da questa fonte nella descrizione del villaggio e della dimora di Attila (Priscus historicus tali voce inter alia refert) e così la volge e integra:
accessimus, vicum, inquam, ad instar civitatis amplissimae, in quo lignea moenia ex tabulis ingentibus fabricata repperimus, quarum compago ita solidum mentiebatur, ut vix ab intento posset iunctura tabularum comprehendi. Videres triclinia ambitu prolixiore distenta, porticusque in omni decore dispositus; area vero cortis ingenti ambitu cingebatur, ut amplitudo ipsa regiam aulam ostenderet. Hae sedes erant Attilae regis, barbariem tota tenentis, haec captis civitatibus habitacula praeponebat.
- 15 Iord., Get., 178-179, p. 152-153.
arrivammo al villaggio in cui risiedeva il re Attila, villaggio direi simile a una grande città, in cui notammo delle mura di legno costruite con tavolati enormi, la cui compattezza mostrava tale solidità, che a stento, chi ci avesse prestato attenzione, avrebbe potuto notare i punti di congiunzione delle tavole. Si potevano vedere delle sale da pranzo che si affacciavano lungo un perimetro piuttosto esteso, e dei porticati strutturati con grande eleganza; il cortile della reggia era poi cinto da una gran palizzata, così che la sua vastità denotava la regalità della costruzione. Questa era la residenza del re Attila, che dominava tutti i popoli barbari, e lui preferiva questa sua abitazione alle città conquistate.15
- 16 Pohl 2001b, p. 442-446; Wickham 2009, p. 262; cf. anche Delogu 2012.
10Il passo di Prisco ha attirato l’attenzione degli studiosi quale esempio paradigmatico della reggia di un condottiero delle steppe, su tutti Walter Pohl e Chris Wickham.16 Molto meno considerata è la versione riveduta e corretta da Giordane che non si limita soltanto a tradurre dal greco in latino. È un ampliamento e adattamento che risponde a trasformazioni strutturali di portata generale. Prisco ritrae aspetto e costumi della dimora di Attila con rigore etnografico e accenni di rispettosa ammirazione, senza cadere in stereotipi di barbara alterità e disumana ferocia o, al contrario, di meccanica esaltazione.
- 17 Amici 2002; cf. anche la prefazione di Grillone a Iord., Get.
11Il goto e colto Giordane scrive a Costantinopoli per Giustiniano e le élites di un’Italia futura, di cui auspica il divenire. Egli celebra l’unione fra la gens degli Anici e la stirps degli Amali nella persona del figlio neonato di Germano, parente dell’imperatore, e Matasunta, nipote del re Teoderico: speranza di pacificazione e costruzione di un regime di concordia per le parti che si stanno contendendo da un quindicennio il controllo della penisola – Romani e Goti.17 Agli occhi di uomo del suo tempo, le parole di Prisco non raffigurano una realtà così esotica e distante: vi riconosce e può mettere in evidenza elementi che sono andati a qualificare in Occidente i luoghi di esercizio e rappresentazione del potere.
12Se in Prisco lo sguardo punta l’edificio residenziale (οἰκήματα) e la palizzata (περιβόλῳ) che lo circonda, entrambe lignee, di cui si esaltano maestosità e magnificenza, Giordane si sofferma sulla superficie scoperta del cortile (area […] cortis) la cui vasta spaziosità, capace di accogliere le strutture per il banchetto e l’assemblea (triclinia […] porticusque), è fattore qualificante della residenza padronale e dirimente per riconoscere il rango del suo proprietario. Si parte dal significato primigenio di cortile: cohors come area racchiusa. La curtis con la recinzione più ampia e fastosa, priva quindi di una primaria funzione difensiva, ma piuttosto esornativa, adatta all’espressione di status, è quella che ingloba l’abitazione del re. Essa è, pertanto, un universo di attesa comune a tutti i possessores e non strutturalmente differente fra il re e i potenti del suo seguito. Il discrimine è dato dalla quantità più che dalla qualità.
- 18 Zotz 1996; Devroey 2006, p. 67-72. Sulle assemblee cf. Wickham 2017; sui banchetti cf. Gautier 2016
13L’elemento focale nella topografia del potere si è spostato, passando dall’interno degli edifici all’ambiente esterno della curtis. Forte è la connotazione paternalistica: è il circuito intorno alla casa che custodisce un gruppo di uomini, animali e cose proprie del suo padrone e che demarca una sfera sacra e inviolabile. Nel caso del re, la grandezza dimensionale del cortile è anche funzionale ad accogliere e nutrire la comitiva più numerosa possibile, poiché questo spazio si fa microcosmo dell’intera società politica sottoposta al suo governo. È lo scenario in cui si radunano le assemblee e si tengono i banchetti, aspetti fondamentali della vita pubblica nei quali il potere si costruisce, consacra e rappresenta.18 Si è di fronte, dunque, a una miscela originale: la curtis è uno spazio al contempo pubblico e privato, aperto e chiuso.
- 19 Zotz 2017, p. 261-262.
- 20 Ubl 2009; Seebold 2010; Ubl 2017.
- 21 Lex Burg., 23, 54, 92, p. 60, 89, 111. Pactus leg. Sal., De furtis arborum, De sepibus, p. 42-43, 1 (...)
14A questa occorrenza se ne possono accostare delle altre, cui ha fatto cenno a margine Thomas Zotz.19 Esse sono, tuttavia, meno dense di significato e più scivolose, poiché giungono dalle raccolte legislative salica e burgunda, molto stratificate e dalla complessa tradizione testuale e manoscritta.20 Quale che sia la loro collocazione cronologica fra l’ultimo quarto del V e il VI secolo, anche qui, comunque, la parola curtis affiora nella stessa accezione di Giordane: il recinto per il bestiame, l’area confinata del cortile, si fa metonimicamente simbolo della residenza, accostandosi ai vocaboli classici domus e casa, in origine fra loro differenziati su base qualitativa.21
- 22 Sulla “politica della terra”, cf. Bloch 1939-1940; sulla Transformation of the Roman World, cf. Poh (...)
15È un universo in cui, così come la distinzione fra casa e capanna sta venendo progressivamente meno, ha assurto la funzione di fulcro della dimora dei potenti un elemento comune e tipicamente rurale: la recinzione in legno che delimita l’ambito in cui gli animali domestici hanno libertà di movimento. Non che il potere sia stato sfrattato dai palazzi in pietra rifulgenti di mosaici: è l’uno e l’altro, ma con una pendenza, per dirla in un motto di spirito, verso il bosco e meno per la riviera. Né avrebbe senso, adottando una linea interpretativa superata, disquisire su quale e quanta sia dentro questo termine e il concetto in esso racchiuso, la componente romana, soppesandola per contrasto con una presunta componente barbarica. Il lessico è rivelatore di un mutamento profondo: curtis nasce con la “politica della terra” ed è un frutto delle trasformazioni del mondo romano.22
643. La curtis di Rotari
16Le sfumature di significato del termine curtis che emergono nel corso del secolo VI, l’area circoscritta che demarca e denota la residenza di un dominus e la sua manifestazione più grandiosa e complessa, la reggia, conoscono un processo di fine strutturazione e stratificazione in uno dei vari frammenti che raccolgono e rielaborano, in Occidente, l’eredità di Roma: il regno dei Longobardi. Questo processo si staglia con nettezza alla metà del secolo VII con l’Edictum di re Rotari. La raccolta legislativa, emanata dal palatium di Pavia il 22 novembre 643, ne testimonia gli effetti e ne alimenta, al contempo, l’azione.
- 23 Roth., 32-34, 208-209, 269, 273, 277-278, 283, 343, 346, 379-380; cf. anche Liutp., 111, 136, in Az (...)
- 24 Francovich Onesti 1999, p. 87.
17In questo testo curtis è, in prima battuta, il cortile recintato, cuore della proprietà con fortissima immunità giuridica, in cui giacciono magazzini, laboratori e stalle, individuato da un confine preciso e inviolabile.23 Norme dell’Edictum sono volte a tutelare la curtis aliena, altrui. Essa non può essere oggetto di effrazione, in specie profittando del calar delle tenebre, con un’azione di forza che si qualifica come hoberos, vale a dire una curtis ruptura, eventualità presentata come assurda se compiuta da una donna, libera o serva che sia, eppure plausibile se meritevole di essere specificatamente menzionata. Nella traslitterazione latina del termine longobardo si può rintracciare l’elemento germanico *hufa, da cui l’odierno tedesco Hof, perfetto corrispettivo di curtis in questa sua accezione.24
18Lo spazio di rispetto del cortile non può essere violato neppure a distanza, dall’esterno della recinzione (saepes) che lo circoscrive, mediante frecce o lance. Decisivo è superare il limite di inviolabilità: perciò se ne regola precisamente il passaggio in entrata e in uscita per uomini e donne di condizione servile e bestiame (peculium), soprattutto cavalli, nel caso di un furto o di una fuga. La curtis è essenzialmente la superficie in cui si concentra la manodopera servile e dove possono spostarsi liberamente uomini e animali che appartengono al padrone di casa.
- 25 Roth., 136, 352, in Azzara – Gasparri 2005, p. 40-41, 100-101.
19Due disposizioni sono dedicate ai guardiani di pecore, capre, armenti e maiali che, nello svolgere le proprie mansioni, conducono il branco loro affidato fuori e lontano da questo spazio.25 È prevista una composizione per la loro uccisione o per percosse ai loro danni soltanto se siano alle dipendenze di un uomo libero e abbiano varcato questo confine: cioè, se siano usciti dalla sua residenza padronale (sala) o, per sinonimia, dalla curtis. Così non accade qualora provengano, invece, dalla casa di un massarius: colui che, all’esterno del cortile recintato, per conto dello stesso padrone gestisca unità di coltivazione. Gli elementi e termini che fanno capolino in queste due norme non sono ancora impiegati e composti alla maniera propriamente curtense, secondo la tipizzazione di età carolingia: curtis non è un complesso fondiario nel suo insieme organico, ma soltanto il circuito padronale; il massaricio non è estraneo, ma è da essa, comunque, esterno.
- 26 Roth., 15, 153, 158-160, 163, 171, 182-183, 185-186, 195-197, 199-201, 223-224, 231, 244, 259, 266- (...)
- 27 Gasparri 1990.
20La raccolta tratta, poi, con notevole insistenza della curtis per eccellenza, quella regia.26 Si può dire che una delle funzioni pragmatiche dell’Edictum sia proprio quella di consolidarne l’articolata struttura e alimentarne la sussistenza economica.27 L’architettura disegnata dalle disposizioni normative va a fissare un sistema automatico di incameramento per la composizione delle pene quale risultato della districtio, il potere di comando e coercizione, esercitato dal re e dai suoi rappresentanti in sede giudiziaria. D’altra parte, si preoccupa dell’operato dei suoi actores che hanno l’incarico di gestirne le sostanze e le prerogative. Scopo delle leggi è anche quello di definire cosa può e deve varcare il confine del recinto padronale più ampio, struttura di base delle istituzioni pubbliche.
- 28 Roth., 182, 210, 221, 27: Azzara – Gasparri 2005, p. 56-57, 66-69, 82-83.
- 29 Roth., 375; cf. anche Liutp., 59: Azzara – Gasparri 2005, p. 170-173.
21La curtis regia in Rotari assume il profilo e la forza di soggetto giuridico che può exigere, requirere, suscipere, tollere o, rovesciando i termini, cui si deve componere, persolvere. Cose e persone si possono dividere con essa, possono succedere, cadere, pertinere, pervenire, revertere a essa. Alla curtis regia ci si può sociare, commendare con i propri beni. Queste ultime sfumature conducono verso il significato più ristretto e concreto di recinto della residenza del re. Dentro questo ambito, il cortile più capiente e possente di tutti, si può refugium habere, confugium facere o, rovesciando i termini, i gastaldi e gli sculdasci possono ducere qualcuno e porlo in una delle strutture che si trovano al suo interno; segnatamente, collocare una ragazza libera che si è unita consensualmente a un servo fra le ancillae del pisele, il gineceo per la tessitura.28 Sempre con riferimento all’operato di gastaldi e actores regi, il termine può assumere una sfumatura plurale – ed è questo uno sviluppo molto significativo.29 Sono le curtes che appartengono alla – e in qualche modo sono modellate a partire dalla – curtis regia, affidate alla cura dei suoi ufficiali e agenti locali. Sotto questa luce essa appare, dunque, come la curtis delle curtes.
- 30 Negro 2011.
- 31 Gasparri 1990; Gasparri 2011.
22I limiti di questo recinto più grande si dilatano nell’Italia longobarda tanto da racchiudere un esteso e complesso intreccio di elementi, che coinvolgono l’uno e il molteplice, l’astratto e il concreto: istituzioni, persone, spazi, edifici e risorse. Ciò risponde all’impiego del termine curtis che, dalle sue radici etimologiche, porta con sé l’idea di coordinamento gestionale, di connessione organica di elementi distinti.30 E indubbiamente la curtis regia ha una dimensione plurale, eppure unitaria e globalizzante, con numerose articolazioni e sotto-accezioni: è un ente, il fisco, complesso dei beni pubblici, immobili, mobili e semoventi; è la sua struttura amministrativa, incarnata dalle persone che ricoprono pubblici uffici e ne curano localmente gli interessi; è la sua sede di governo principale e gli altri centri organizzativi e produttivi disseminati nel regno, degli spazi con i loro edifici di rappresentanza e di servizio.31
- 32 Zotz 1996.
- 33 Roth., 35-36, in Azzara – Gasparri 2005, p. 24-25.
- 34 Roth., 37-40, 150, 251, in Azzara – Gasparri 2005, p. 24-25, 44-47, 76-79.
- 35 Liutp., 6 expl., 12, 83-85, 100; Ahist., 17, in Azzara – Gasparri 2005, p. 140-141, 144-145, 186-19 (...)
- 36 Bougard 1996; de Jong 2003; Gandino 2009. Per uno sguardo indietro, all’età romana, cf. Winterling (...)
23Il termine si avvicina e assimila, pertanto, al campo concettuale di palatium, applicandosi sia ai luoghi del potere pubblico strutturati con funzione rappresentativa, in prima battuta la sede regia di Pavia, sia al centro di potere istituzionalizzato che accompagna il re itinerante.32 Il palatium regis è presente nell’Edictum in entrambe le accezioni. È luogo fisico in cui, al pari delle chiese, si fa divieto, in presenza del re, di suscitare scandalum, turbare con le proprie azioni la pace comunitaria.33 Con una perfetta sovrapposizione a curtis regia, è organo deputato a raccogliere, poi, la composizione per determinati reati.34 Per inciso, questo statuto giuridico di sacralità trova manifesta espressione nella denominazione sacrum palatium, forse ricalcata sull’impronta bizantina, che nel primo quarto del secolo VIII è attestata nei capitula di legge aggiunti da Liutprando e, più avanti, nelle fonti documentarie.35 Di qui passa, al volgere dello stesso secolo, nella galassia carolingia.36
- 37 Gasparri 2011.
- 38 Maiuro 2012a.
24L’Edictum, in sostanza, testimonia il – e contribuisce al – rafforzamento dell’istituzione regia fra i Longobardi. La concrezione di significati espressi mediante il significante curtis e il loro complesso aggregarsi, dinamiche tanto riflesse quanto attive nella raccolta legislativa, vanno poste in rapporto al farsi di queste istituzioni su base eminentemente fondiaria. La polisemia del termine e la sua centralità nell’universo politico sono una specificità propria del mondo longobardo: il primo post-tax state di Occidente nel quale si compie in maniera non sparsa e saltuaria, ma sistematica il passaggio dall’imposta fondiaria alla rendita quale base economica a sostegno del publicum. Della tassazione diretta, impalcatura dello stato romano, non vi sono tracce nell’Edictum.37 Curtis accorpa e supera le precedenti nozioni di fiscus e patrimonium; rispettivamente, il complesso finanziario e la sostanza patrimoniale di afferenza imperiale.38 È una riorganizzazione che non avviene ex novo, senza attingere al capitale materiale, simbolico e anche lessicale giunto dalla romanità e dalle sue trasformazioni, ma che muove, comunque, dalle fondamenta.
- 39 Devroey 2006, p. 519-530.
25Altrove, segnatamente nel mondo franco, il vocabolo non conosce lo stesso processo di stratificazione semantica, ha diffusione limitata oltre il senso primario di cortile e non riesce a soppiantare e, in qualche modo, fondere in sé i termini villa, di cui è quasi sinonimo, e fiscus. Di questi, il primo resta per qualificare la grande proprietà fondiaria, seppure mutata nelle forme e nei suoi funzionamenti rispetto all’età romana.39 Il secondo va a coprire molti dei significati di cui si carica nel regno longobardo il vocabolo curtis: l’ente che raccoglie e amministra finanze e sostanze del publicum in cui, con il variegato procedere della transizione dalle tasse alla terra, si sono accorpati fiscus e patrimonium, e la sua declinazione fondiaria più concreta, i complessi fondiari del fisco. In un certo senso, è un mutamento semantico che prende direzioni opposte nei due regni: come fra i Longobardi curtis si estende dal piccolo al grande e dal concreto all’astratto, fra i Franchi fiscus passa dal grande al piccolo e dall’astratto al concreto.
- 40 Internullo 2019.
- 41 Rosenwein 1999, p. 81-97.
26Le prime menzioni di curtes nelle carte di area franca, al netto dei documenti di dubbia collocazione per i loro successivi rimaneggiamenti, si hanno al cambio di supporto dal papiro alla pergamena, negli anni di passaggio fra VII e VIII secolo.40 Sono contenute in diplomi o giudizi in favore di prestigiosi enti monastici dell’Île-de-France che godono della protezione e della munificenza regie: Saint-Maur-des-Fossés, Saint-Denis e la sua fondazione “satellite” di Tussonval. Curtis non compare mai da solo, ma sempre in congiunzione e analogia con villa. I termini si riferiscono a grandi complessi fondiari nell’orbita fiscale, più spesso qualificati come villa: Noisy-sur-Oise e Lagny-le-Sec, nell’Oise. La dialettica fra re e monasteri, reificata e solennizzata dalle stesse carte, è funzionale ad assicurarsi il controllo di questi centri e delle loro pertinenze contro le pretese di altri attori posti nella sfera pubblica e che attingono al circuito di redistribuzione del fisco, compreso il figlio del maior domus Pipino. L’immunità, che ne corrobora lo statuto di inviolabilità, è strumento chiave di queste politiche di negoziazione (Appendice, tab. 1).41
- 42 Negro 2011, p. 6-11; Wickham 2005, p. 510-513.
27A godere di assoluta centralità sulla scena documentaria, e lo mostrano i dossiers che riguardano gli stessi centri di Noisy-sur-Oise e Lagny-le-Sec, è, piuttosto, il termine villa. Esso conosce anche un significativo slittamento semantico: dal significato fondiario di grande proprietà a quello insediativo di villaggio. Il processo può dirsi già avvenuto nell’ultimo quarto del secolo VI, quando scrive Gregorio di Tours, anche se la nuova valenza, affermatasi come principale, non soppianta del tutto e dovunque, ma convive con la precedente.42 La differenza con il caso longobardo è rivelatrice di differenze sostanziali. Lo slittamento è possibile in ragione del maggiore grado di compattezza nel paesaggio fondiario franco.
- 43 Maiuro 2012a, p. 155-159, che ha parlato di densitas possessorum; Wickham 1998; Wickham 2005, p. 20 (...)
28Il successo di un termine come curtis, che porta in sé un senso di organica frammentazione, e la mancata transizione lessicale from villa to village, riprendendo il titolo del famoso studio archeologico di Riccardo Francovich e Richard Hodges, rimandano, invece, a un carattere strutturale di lunghissimo periodo della proprietà fondiaria nella penisola italiana, messo in luce, fra gli altri, da Marco Maiuro per l’età del principato e da Chris Wickham per l’alto medioevo: la forte dispersione patrimoniale. La ricchezza è qui distribuita fra un alto numero di piccoli e medi possessores, con un assetto fondiario pulviscolare e spazialmente incoerente.43
- 44 Devroey 2006, p. 54-55, 530-535.
- 45 Lex Ala., 10, 76, 78, p. 76, 141-144. Lex Bav., 4, 23; 10, 15; 11, 1; 12, 10, p. 331, 392, 396, 404
- 46 Lex Ala., 30 (curtis regis), 28, 30, 33 (curtis ducis), 9 (curtis episcopi), p. 76, 87-91. Lex Bav.(...)
29Più vicine al caso longobardo sono le realtà desumibili dai corpora legislativi di Alamanni e Bavari, fra loro legati, collocabili, rispettivamente, al tempo dei duchi Lantfrid, fra 712 e 715, e Odilone, fra 743 e 744.44 Thomas Zotz ha messo in fila le occorrenze della voce curtis, poco meno di una decina per ciascuna raccolta.45 Rispetto all’Edictum, oltre a un’incidenza quantitativa nettamente minore, ci sono anche importanti differenze di ordine qualitativo. In entrambe, il termine resta ancorato al significato di cortile, nucleo inviolabile e caratterizzante in senso metonimico della grande proprietà fondiaria. Al posto della curtis regis, quasi assente, si trova la curtis ducis e si danno anche, nella raccolta alamanna, una curtis episcopi; in quella bavara, delle curtes nobilium dove – un’interessante nota di colore – possono volare e cantare indisturbati gli uccelli selvatici addomesticati.46 Soprattutto, nessuna di queste strutture si carica di tutte le valenze che la curtis del re assume entro i confini della comunità politica coordinata dal sacro palazzo di Pavia.
30La fortuna e stratificazione di questo concetto nel mondo longobardo rimanda al generale eppure diversificato processo di transizione dalle tasse alla terra nell’Occidente post-romano, che conosce in questo contesto un suo peculiare percorso. Conclusosi sostanzialmente alla metà del secolo VII, esso avviene con tre fondamentali mosse, così sintetizzabili: ampliando i confini ideali del cortile regio; potenziandone prerogative e sacralità; regolandone i flussi in ingresso e in uscita.
733. Le curtes di Liutprando
31Al passaggio fra VII e VIII secolo, dall’aggregato di significati espresso dal termine curtis e visibile nell’Edictum di Rotari, una delle sue sfumature comincia a manifestarsi più diffusamente nelle fonti. Curtis è sempre più usato per indicare un complesso fondiario nella sua articolata interezza e non con riferimento esclusivo alla sua componente centrale: il cortile che ne demarca la riserva padronale. Il suo impiego è riscontrabile in uno spettro di testimonianze che, con il procedere del secolo VIII, si fanno quantitativamente più ricche e, per tipologia, più diversificate.
- 47 Roth., 369, 375; Liutp., 59, 78, in Azzara – Gasparri 2005, p. 106-109, 170-173, 182-185.
32Capitoli di legge aggiunti all’Edictum da re Liutprando sono dedicati a un tema che riceve attenzione soltanto puntuale nella raccolta di re Rotari: le curtes al plurale; vale a dire, le curtes della curtis regia.47 Scopo principale di queste disposizioni è regolare l’operato di gastaldi e actores del re che hanno ad gubernandum delle curtes e altre cose di spettanza regia (causas regales). Il crescendo normativo risponde all’aumento delle fraudes e delle fatigationes ai danni del re circa un insieme di risorse che deve farsi sempre più ingente e influente: che è capace, cioè, di espandersi velocemente in forza della legge e di esercitare, nella pratica delle dinamiche locali, forza di attrazione per cose e persone.
33Rotari fissa per le causas regales una composizione doppia rispetto a quella comunemente prevista e si occupa delle donazioni effettuate da terzi in favore di gastaldi e actores regi. Liutprando, il 1° marzo 724, si innesta su queste norme per trattare, in senso inverso, delle donazioni effettuate da gastaldi e actores regi in favore di terzi. I gestori delle curtes sono visti come un tutt’uno con esse e, insieme, come parte integrante della curtis maggiore: ogni cosa che, in entrambe le direzioni, da o verso costoro, oltrepassa idealmente i confini della curtis da loro amministrata, può farlo soltanto nei termini stabiliti da una iussio regis. Il 1° marzo 726, Liutprando estende, inoltre, il criterio del doppio anche alla prescrizione, dagli usuali trenta a sessant’anni di indiscussa detenzione per le causas regales, e accenna a una questione, gli individui di condizione servile o semilibera (aldii), che riprende, poi, in un supplemento legislativo ad hoc.
- 48 Liutp., Notitia, in Azzara – Gasparri 2005, p. 251-258.
- 49 Lazzari 2017b. Secondo la prospettiva di indagine adottata per i capitolari carolingi da Patzold 20 (...)
34Risale con buona probabilità all’anno 733 la cosiddetta Notitia de actoribus regis, corpus di cui restano oggi sei capitoli, concepito in origine separatamente, ma in seguito confluito e trasmesso nei manoscritti che raccolgono le leggi longobarde.48 Di recente, esso ha ricevuto uno studio mirato da parte di Tiziana Lazzari.49 Sono istruzioni supplementari che Liutprando destina a un pubblico specifico, come rende esplicito l’esordio dello stesso testo: Noditia, qualiter iubit domnus rex ad omnis actores suos, qui curtis eius comissas habent. Da un uso primariamente interno, in ragione della loro rilevanza, esse ricevono, poi, piena pubblicità.
35I sei capitoli tramandati riportano il giuramento che ogni actor è tenuto a pronunciare, impegnandosi a dare tempestiva comunicazione al re di ogni sottrazione e a non agire contro il suo interesse per clientelismo, nepotismo o concussione (non consentiendum ad amicum, non ad parentem, non ad premium corruptus), e tornano sui modificati termini di prescrizione per le causas regales, tanto lunghi da causare talvolta problemi alla macchina giudiziaria. Compito degli actores è quello di notificare ogni azione indebita senza perseguirla in autonomia. Liutprando insiste, soprattutto, sul tema dei servi e degli aldii che pertengono alla curtis regia. Essi sono fonte di frodi e contestazioni, per via diretta e indiretta. Gli actores regi non denunciano i negozi che questi soggetti stipulano con terzi e lucrano sulle composizioni richieste per la loro uccisione. Come contromisura, il re stabilisce che per omnes curtes nostras brebi facimus de omni territuria de ipsas curtes pertinentes.
36Non più la curtis nella sua unitaria complessità, ma le curtes che da essa dipendono sono le protagoniste di questa stratificazione normativa, in coerente continuità con l’Edictum. Essa testimonia la volontà della curtis “madre” di controllare gli intensi flussi in entrata e in uscita che le sue “figlie” sono in grado di generare localmente. Il re rafforza il regime distintivo di eccettuazione proprio delle cose che afferiscono alla sua curtis e intende affermare la sua supervisione sulla struttura organica – una curtis composta di curtes – mediante la quale il suo potere trae sostentamento. Lo sforzo legislativo è volto a incentivare la comunicazione gestionale fra i vari agenti e nodi di questa rete, diretta da e verso il cuore centrale, tramite la redazione di iussiones, notitiae e brevia. A ben vedere, la stessa Notitia de actoribus regis è una scrittura del genere. Le informazioni da porre in circolo riguardano anche individui subalterni, usualmente degli “invisibili”: uomini e donne di condizione servile e semilibera, eppure capaci, in ragione della loro pertinenza a questo grande collettore reticolare di risorse, di innescare significative dinamiche nel tessuto locale.
- 50 Internullo 2019.
- 51 Liutp., 6, in Azzara – Gasparri 2005, p. 140-141; cf. Gasparri 2005b; La Rocca 2005; Lazzari 2017a. (...)
37Il mirato interesse delle fonti normative coincide con un’improvvisa visibilità nelle fonti documentarie, in primo luogo grazie al cambio di supporto grafico: dal fragile e costoso papiro alla pergamena, resistente e facilmente reperibile.50 Al tempo di Liutprando queste testimonianze si fanno più numerose nei bacini archivistici, di provenienza quasi esclusivamente ecclesiastica. A ciò contribuisce quindi la legge emanata nel primo anno del suo regno, il 1° marzo 713, circa liceità e vigore delle donazioni pro anima alle chiese.51 L’insieme delle occorrenze che è possibile trarre da uno spoglio sistematico delle carte conservate conferma la crescente fortuna del significato di complesso fondiario, compresente, ma distinto rispetto alla accezione originaria di cortile padronale: vale a dire, in una stessa fonte è attestato un complesso fondiario chiamato curtis che annovera nella lista delle pertinenze la sua curtis, il proprio cortile padronale.
38Nonostante la peculiare struttura delle fonti documentarie e i suoi condizionamenti – la deperibilità dei papiri, la scritturazione “leggera” dei beni del fisco, l’egemonia ecclesiastica nella conservazione – emerge, comunque, nitidamente il nesso, stringente nella legislazione, fra curtes e curtis regia. Complessi fondiari qualificati con tale denominazione sono attestati in primo luogo nel ristretto novero di testimonianze che consentono di studiare le terre nell’orbita fiscale, sopravvissute al naufragio documentario poiché ricopiate, più avanti nel tempo, su pergamena: elenchi strutturati in item come quelli raccomandati dalla Notitia de actoribus regis; nei diplomi dei re longobardi, elementi “marginali” come le date topiche. Si assiste, poi, alla progressiva diffusione di curtes nel tessuto politico e sociale, dal suo fuoco di modellazione centrale verso l’esterno, per due ragioni principali. A detenere curtes, oltre alla curtis del re, sono quanti le sono familiari, partecipano al circuito redistributivo di risorse attivato all’interno dei suoi confini e ne imitano i modelli organizzativi. Infine, il legame strutturale e strutturante della curtis regia con le curtes è confermato dal fatto che le seconde compaiono nello spazio in cui la prima si irraggia, seppure in maniera differente nelle varie sedi del regno, da Pavia, Lucca e Spoleto.
- 52 Loré 2019b.
39Al Nord, nel cuore del regno, suddiviso dal fiume Adda in Austria e Neustria, la curtis regia è presentata nelle carte come un insieme unitario facente capo al re, che governa il sacrum palatium di Pavia. Sono attestate anche curtes ducali, ma le terre che da esse dipendono sono spesso poste nei medesimi luoghi e contermini a quelle della curtis regia. Il re ha la piena disponibilità su tutti i beni pubblici ed è il solo ad averne facoltà di concessione.52
- 53 Gasparri 1980; Gasparri 2005a; Wickham 1998, che ha indicato, proprio a partire dallo stesso campio (...)
40Si hanno occorrenze di curtes con riferimento ai centri da cui il re agisce, nelle date topiche dei diplomi, e all’interazione fra re, regine e grandi monasteri, come S. Colombano di Bobbio e le nuove fondazioni di S. Silvestro di Nonantola e S. Salvatore di Brescia. Curtes si situano con particolare insistenza nella comunità di palazzo: compaiono in atti rogati a Pavia e in mano a individui che godono di una stretta familiarità con il re e la regina, come il gruppo parentale dello strator Gisulfo, una rete collegata per via femminile e popolata di gasindi del re, viri magnifici, gastaldi e dignitari di corte; e Cunimundo di Sirmione, i cui beni sono confiscati per aver creato scandalo nel sacrum palatium con l’uccisione di un gasindio della regina. Questo spaccato inedito sul palazzo giunge durante il regno di Desiderio, dalla dialettica fra costoro e S. Salvatore di Brescia. A detenere curtes sono i possessores che più si distinguono per mezzi e frequentazioni. È lo strato cui si deve, sulla scia delle operazioni promosse da re e regine e con un’accelerazione nel terzo quarto del secolo VIII, una serie di fondazioni monastiche, come S. Maria di Sesto al Reghena (Appendice, tab. 2).53
- 54 Pazienza 2014. Una curtis ducale è edificata a Lucca nel secondo quarto del secolo IX, al tempo di (...)
- 55 ChLA, 117, 1-2 (curtis regia di Siena); ChLA, 33, 984 (a Lucca, Petto de curte domni regis); CDL, 3 (...)
- 56 ChLA, 32, 942. Fra i beni della curtis regia, c’è anche una casa presso le mura già tenuta da due u (...)
- 57 Ghignoli 2004, per edizione e commento. I praecepta sono attribuiti ai re Pertarito e Cuniperto, Li (...)
41In Tuscia sono documentate la curtis di re e regina, complessi con una contiguità anche spaziale, ma non la curtis dei duchi. A questi ultimi spetta la titolarità dei beni pubblici nel loro insieme, agendo quale figura di coordinamento e congiunzione fra i gastaldi preposti alla gestione delle singole curtes, urbane o rurali, e l’autorità centrale, ma non ne dispongono mediante diploma. Due sono le civitates in cui si insedia con continuità il potere ducale: Lucca, nel settore settentrionale, e Chiusi, in quello meridionale.54 Questo assetto, istituzionale e documentario, viene in piena luce a Lucca, al contempo sede della principale autorità pubblica nella regione e contesto meglio documentato dell’intero regno, ma si riscontra anche nelle altre civitates, come a Pistoia e Siena.55 Due gli esempi paradigmatici: a Lucca, nel luglio 754, è il duca Alperto ad agire su mandato e in rappresentanza di re Astolfo nella permuta fra la curtis regia, nella sua articolazione lucchese, e il pittore Auriperto;56 nel cosiddetto Breve de moniminas, elenco di documenti e oggetti redatto fra 763 e 769 e riferibile al gruppo parentale di Alahis, vir magnificus e gastaldo attivo a Lucca negli anni di Liutprando, sono registrati venti praecepta, nessuno di emanazione ducale.57
- 58 Collavini 2007; Cortese 2017, p. 35-66; Tomei 2024.
42Curtes sono attestate con riferimento a centri del fisco e del suo circuito redistributivo, come quelli inventariati all’inizio del secolo VIII nei rotoli papiracei che il cardinale Deusdedit, fra 1083 e 1087, trascrive nella sua Collectio canonum. Si tratta di complessi fondiari che, con buona probabilità, prima Ariperto II, poi Liutprando assegnano al papato, ma rientrano, nei secoli successivi, nella disponibilità di re e marchesi. Curtes sono possedute dagli esponenti dell’élite regionale: lo strato sociale in cui si rintraccia la titolatura di vir magnificus, marcatore di un rapporto diretto con la corte di Pavia, e sono reclutati duchi e vescovi; così, ad esempio, il complesso maremmano di Lusciano, passato tramite il vescovo di Lucca Walprando, figlio del duca di Lucca Walperto, all’episcopato lucchese alla metà del secolo VIII. Curtes compaiono nelle carte di fondazione di monasteri, pratica avviata dal maior domus di re Cuniperto sul finire del secolo VII e diffusa con crescente frequenza per iniziativa di questo stesso strato sociale, di gastaldi o personaggi che divengono intimi del re in ragione di una particolare competenza, come il medico Gaidoaldo (Appendice, tab. 3).58
- 59 Collavini 2003; Loré 2019b.
43Nel bilanciamento fra potere ducale e potere regio, che al Centro di solito agisce in forma mediata e non diretta, il duca insediato a Spoleto ha un grado di autonomia ancora più spiccato. La titolarità dei beni del fisco nel loro insieme e la rete di ufficiali pubblici fanno capo al duca e al suo palatium. A differenza dei suoi colleghi toscani, egli rilascia diplomi e il suo governo è preso come riferimento, accanto agli anni di regno, anche per la datazione delle carte private.59 In questo spazio politico, le curtes sono fermamente ancorate al perno della sfera pubblica: nel dettato di carte in cui è il duca a parlare alla prima persona plurale, sono curtes nostrae della curtis nostra. Le curtes conosciute sono pressoché tutte ducali, sovente dalle date topiche di diplomi rilasciati in favore del grande monastero di S. Maria di Farfa. Le eccezioni riguardano complessi fondiari giunti allo stesso ente da re Astolfo, re Desiderio e la sua famiglia, da esponenti di una parentela legata per via femminile che ricoprono l’ufficio di gastaldo di Rieti (Appendice, tab. 4).
- 60 Loré 2018; Loré 2019b.
44Al di fuori degli ambiti regionali in cui la curtis regia riesce a esercitare forme di comando e supervisione sulle cose del fisco e a limitare le autonomie dei duchi, con un decrescendo di gradazione allontanandosi da Pavia, le curtes spariscono. Soltanto in misura marginale se ne trovano al Sud. Nel ducato di Benevento, come hanno mostrato le panoramiche offerte da Vito Loré, le strutture di inquadramento primarie del patrimonio fiscale sono gai/gualdi e actus: le curtes non sono numerose, sono a queste sottoposte e fungono da centri di coordinamento intermedio per i condomae, gruppi di coltivatori di condizione servile individuati dal nome del loro capo.60
- 61 Deusdedit, Collectio canonum, 3, 57, 191-192, 282, p. 292-293, 353-357, 391-392; Bed., De temp. rat (...)
- 62 Marazzi 1998.
45Di curtes non ve ne sono a Roma. Esse giungono al papato dall’esterno, grazie alla munificenza di re e imperatori, e sono tutte esterne al ducato romano. Oltre alle testimonianze recuperate da Deusdedit e confluite nella sua Collectio canonum, in particolare quelle riguardanti i patrimonia nella Tuscia, si vedano: la ripresa che fa Beda nel De temporum ratione all’anno 708 di un episodio della vita di Giovanni VII, con riferimento a multas cortes et patrimonia Alpium Cottiarum donate da Ariperto II; le lettere di Adriano I nel Codex Carolinus, in particolare la missiva del 788, circa la consegna di episcopia, monasteria et curtes puplicas a Roselle e Populonia, partibus Tusciae, e partibus Beneventanis; la vita di Stefano I nel Liber Pontificalis con riferimento alla donazione mediante diploma da Ludovico il Pio, nell’816, della cortem de suo proprio fisco a Vendeuvre-sur-Barse; il registro di Giovanni VIII e, in particolare, la lettera dell’878 al conte Cuniberto affinché restituisca la suddetta cortem Sancti Petri quę est in Alviscutia.61 Per questo termine nell’ambiente romano sembra di percepire una vera e propria ritrosia: quando, nella seconda metà del secolo VIII, i papi Zaccaria e Adriano I organizzano intono a Roma complessi fondiari con caratteristiche analoghe, essi non vengono chiamate curtes, ma domuscultae.62
- 63 Sono la villa magna, afferente alla curtis di Franciana, e la villa qui dicitur Castelione, afferen (...)
46Eppure, è proprio grazie all’interazione fra re e papi che si hanno le fotografie forse più dettagliate, capaci di illuminare all’interno i complessi che gravitano nell’orbita del fisco. Nelle liste su papiro recuperate da Deusdedit essi sono imperniati su curtes e/o monasteria; si caratterizzano per la struttura articolata e reticolare, cioè tengono insieme nuclei fra loro anche distanti grazie alle opere di angariales e massaricii (Bientina); possono ospitare approdi, pescaie e saline (Vada, Franciana e Castiglione della Pescaia), mercati e manifatture specializzate (S. Pietro in Cortina e Bientina); conservano tracce monumentali della transizione, resti di villae ancora parzialmente in uso all’inizio del secolo VIII, che sono agganciate a, ma non spazialmente coincidenti con, i nuovi poli di coordinamento fondiario (Franciana e Campagnatico).63
- 64 Ghignoli 2009.
- 65 ChLA 32, 937.
47Il cortile, in ossequio alla sua origine etimologica, è “spazio legante” di questo reticolo, che connette elementi fra loro distinti, dove ci si presenta nel giorno pattuito su richiesta del dominus per dare e fare pubblicamente il giusto; cioè, a facere, persolvere, reddere la iustitia, secondo lo scioglimento che Antonella Ghignoli ha dato di questa formula; un ritornello che si fa martellante dall’età carolingia per il suo inserimento in notizie di placito e carte di livello.64 Il 25 marzo 753, Pertifunso, figlio del duca di Lucca Walperto, salda un debito con il fratello Walprando, vescovo di Lucca, cedendogli un ciborio aureo (torre de auro fabrita) e la sua parte di beni in quel di Lusciano, inclusi gli uomini delle case dipendenti, cum qualem iustitia persolvere consueti sunt.65
- 66 ChLA 34, 1005.
48Ad avere tanto i mezzi quanto la necessità di realizzare su un largo compasso questo tessuto allacciato dalle prestazioni d’opera, è il re, che può contare sul cortile più grande e attrattivo fra tutti i possessores. Non soltanto nei diplomi, ma anche nelle carte private si riscontrano tracce a proposito della derivazione pubblica di scuviae, angariae, operae e utilitates. Il 26 agosto 768 due fratelli si impegnano con il vescovo di Lucca Peredeo a traghettare per nave grano e sale dalla Maremma nel porto consueto, assicurando i servizi di trasporto già prestati al duca di Lucca Walperto e ai suoi figli, e dunque al predecessore di Peredeo, il vescovo Walprando, sic tamen salva iustitia nostra quia sic fuit antea consuetudo.66
- 67 Francovich Onesti 1999, p. 113-114, 122-123.
- 68 Solo qualche esempio: parte di una sala sundriale con casas massaricia a Tocciano, non distante da (...)
49Evidenti sono i tratti di similitudine, lessicale e funzionale, fra i complessi fondiari che ho schedato in appendice e a cui queste testimonianze si riferiscono, e le curtes ritratte in livelli e polittici dall’età carolingia. Tuttavia, il vocabolo curtis non è ancora impiegato per descrivere e organizzare in maniera standardizzata e sistematica la grande proprietà fondiaria. Nelle carte resta un’ambiguità di fondo, con un suo uso ristretto alla sola riserva padronale. Si utilizzano altri termini di importazione longobarda, come sala, grande ambiente coperto sviluppato su un piano, e sundrium, l’area riservata, anche nella forma aggettivale sundrialis.67 Le curtes possono avere aspetto difforme fra loro e quelli che ne diventano gli elementi costitutivi, dominico, massaricio e prestazioni d’opera, nell’idealtipo che si definisce al passaggio fra VIII e IX secolo, possono comparire anche in assenza di curtes.68
- 69 Wickham 2005, p. 272-273.
- 70 Esders 2020.
- 71 Pasquali 2017.
50Sarebbe errato sostenere che quella della curtis sia una monogenesi. I tre elementi del sistema curtense si rintracciano anche fuori dal regno. Per il dominico, Chris Wickham ha utilizzato l’icastica immagine dell’ala che si sviluppa in parallelo su specie diverse, se sottoposte alle stesse pressioni ambientali.69 Per le angariae, Stefan Esders ha parlato di “sacche di continuità funzionale” che rimontano ai munera publica di età tardoantica, studiando l’inventario del monastero bavarese di Staffelsee. Nei primi anni del secolo IX esso viene incluso nel cosiddetto Brevium exempla ad describendas res ecclesiasticas et fiscales: il modello da seguire per la descrizione delle grandi proprietà nella galassia di potere carolingia.70 Vero è, come hanno rilevato lo stesso Wickham e Gianfranco Pasquali, che l’Italia longobarda costituisce il contesto storico-documentario in cui sono maggiormente diffusi nelle fonti, seppure ancora spesso fra loro slegati, gli elementi del trinomio curtense, dominico, massaricio e prestazioni d’opera.71 Lo spazio e la comunità in cui la loro congiunzione appare più compiuta, si può aggiungere, è la curtis del re. Il formarsi di un nesso, sebbene non ancora stabile e meccanico, discende dal processo di riordinamento e gestione, nella norma e nella prassi, della sua ingente base fondiaria, testimoniato e alimentato da un flusso di scritture in movimento, sotto la forma duttile di notitiae e brevia.
51In conclusione, ho cercato di cogliere e storicizzare la polisemia del termine curtis prima che, con la ridefinizione di spazi, forme e lessico del potere in età carolingia, essa conosca un appiattimento in favore di un significato prevalente, di assoluta centralità per le strutture economiche, politiche, sociali nei secoli dal IX all’XI. Curtis diviene allora un basilare marcatore di eminenza e ricchezza, quale modello idealtipico della grande proprietà fondiaria, senza ulteriori specificazioni. Essa si fa elemento comune nel paesaggio documentario popolato di polittici, notizie di placito e carte di livello.
52Non si perde, comunque, la prima valenza medievale, formatasi al passaggio fra V e VI secolo, quella di cortile come elemento connotante della residenza di un potente. Essa resta in sottofondo e sopravvive persino ad un altro e molto successivo, decisivo slittamento semantico del termine. Ciò avviene in una stagione di intensi e profondi mutamenti che investono i parametri di base del vivere associato e le sue forme di documentazione: il passaggio fra XI e XII secolo, quando il significato di organismo fondiario è sostituito da quello di territorio signorile.
53Torno un passo indietro. La messa a sistema carolingia stempera le tracce che ne hanno disvelato il percorso di graduale articolazione semantica nei secoli fra VI e VIII: una stratificazione complessa di significati, fra loro embricati. Alle radici sta il fondante legame con il fisco e la sua riorganizzazione nel primo “post-tax state” dell’Occidente post-romano: il regno longobardo. È in questo contesto che il termine curtis riesce a racchiudere e sussumere, diversamente dal mondo franco, i concetti di villa e fiscus e che, con riferimento all’operato degli actores regi e al circuito di redistribuzione del fisco, comincia a essere impiegato per definire nella sua interezza un organismo fondiario ampio e reticolare, aggregato di più elementi. Nel discettare sulle origini del sistema curtense, si può a ragione dire, giocando con le parole, che la curtis sia la matrice delle curtes.
Appendice
Tab. 1. Curtes nella documentazione di area franca.
- 72 ChLA, 14, 583; MGH, DD Merov., 144 (http://telma.irht.cnrs.fr/outils/originaux/charte4478/).
- 73 ChLA, 14, 579; MGH, DD Merov., 147 (http://telma.irht.cnrs.fr/outils/originaux/charte4474/).
- 74 ChLA, 14, 581; MGH, DD Merov., 149 (http://telma.irht.cnrs.fr/outils/originaux/charte4476/).
- 75 ChLA, 14, 587; MGH, DD Merov., 157 (http://telma.irht.cnrs.fr/outils/originaux/charte4482/).
- 76 ChLA, 14, 588; MGH, DD Merov., 166 (http://telma.irht.cnrs.fr/outils/originaux/charte4483/).
Datazione cronica e topica | Regesto |
694-711 | Childeberto III concede l’immunità in curtis vel villas al monastero di Saint-Maur-des-Fossés.72 |
696, 8 aprile; Noviginto [Nogent-sur-Marne] | Childeberto III conferma l’immunità concessa da Teodorico III in curtis vel villas al monastero di Tussonval.73 |
697, 14 marzo; Conpendio [Compiègne] | Giudizio di Childeberto III: il figlio del maior domus Pipino, Drogone, deve restituire a Tussonval la curtis, più sotto villa, di Nocito [Noisy-sur-Oise] concessa al monastero de fisco da Teodorico III.74 |
709, 12 dicembre; Mamaccas [Montmacq] | Giudizio di Childeberto III: il mulino dipendente dalla villa, più sotto curtis, di Latiniaco [Lagny-le-Sec] è di pertinenza del monastero di Saint-Denis, così come stabilito in giudizio dal maior domus Grimoaldo.75 |
716, 29 febbraio; Conpendio [Compiègne] | Chilperico II conferma l’immunità concessa da Teodorico III, Clodoveo III, Childeberto III, Dagoberto III de villa, più sotto in curtis, al monastero di Saint-Denis.76 |
Tab. 2. Curtes nella documentazione di area longobarda: Austria e Neustria.
- 77 CDL, 3/1, 22.
- 78 CDL, 3/1, 24; cf. Manarini 2019.
- 79 ChLA, 29, 867.
- 80 CDL, 3/1, 31 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia (...)
- 81 ChLA, 27, 814 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiuli (...)
- 82 CDL, 3/1, 33 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia (...)
- 83 CDL, 2, 162.
- 84 CDL, 2, 188 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia0 (...)
- 85 CDL, 3/1, 38 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia (...)
- 86 CDL, 2, 231.
- 87 CDL, 3/1, 40 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia (...)
- 88 CDL, 3/1, 41 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia (...)
- 89 ChLA, 98, 34.
Datazione cronica e topica | Regesto |
747, 5 agosto; in curte Carbonaria [Carbonara al Ticino] | Re Ratchis, a seguito di una inquisitio dei suoi missi, conferma alcuni possessi nei loro confini al monastero di S. Colombano di Bobbio, sottratti al tempo di Liutprando.77 |
749–751 | Re Astolfo, per intercessione della regina Giseltruda, concede alla chiesa matrice di S. Geminiano di Modena un’area boschiva dipendente dalla curtis di Gena [presso Nonantola], nel territorio di Modena.78 |
755, 20 luglio; in curte Lemennis [Almenno San Salvatore] | Re Astolfo conferma alla basilica di S. Lorenzo di Bergamo il preceptum di Ariperto (II?) e concede l’esenzione ai suoi uomini da scuvias et utilitatis pubbliche.79 |
759, gennaio | Re Desiderio e la regina Ansa donano al monastero di S. Salvatore di Brescia: curtis di Cerropicto [presso Fornaci, Brescia], concessa loro per preceptum da re Astolfo.80 |
759, 17 settembre; Ticino [Pavia]; 761, 10 settembre; Ticino [Pavia]; 769, 29 marzo; Ticino [Pavia]; 769, 15 maggio; locum Leonis [Leno] | Carte di vendita e permuta mediante le quali il monastero di S. Salvatore di Brescia entra in possesso della curtis di Alfiano [Corte de’ Frati] dai familiari dello strator Gisulfo (moglie Radoara; figlie Natalia, moglie del gasindio regio e vir magnificus Alchis, e Pelagia, badessa del monastero di S. Giovanni di Lodi, fondato dallo stesso strator; Stavile, cittadino di Brescia, tramite la madre Benedetta); in cambio cede: curtes a Lodi; Asielias [Isella, Abbadia Cerreto] e Gambate [presso Marudo]; in Valtellina.81 |
760, 4 ottobre; Ticino in palatio [Pavia] | Re Desiderio e la regina Ansa concedono al monastero di S. Salvatore di Brescia: curtis ducale di Runca [Roncadelle].82 |
762, maggio; Nonantulas [Nonantola] | I fratelli Erfo e Marco donano ai monasteri di S. Maria in Silvis e S. Maria di Salt, da loro fondati con il fratello Anto: curtes di Sexto [Sesto al Reghena] e Salto [Salt, Cividale del Friuli] entro cui sorgono i due enti; di Medegia [Medea]; Laurenciaca [Lorenzaga, Motta di Livenza]; Sancto Focate [San Foca, San Quirino].83 |
765, 13 giugno; 771, 25 settembre; Brescia | Carte di donazione e permuta mediante le quali il monastero di S. Salvatore di Brescia entra in possesso della curtis di Gosenagio [San Martino Gusnago, Ceresara], nei fines di Sirmione, da Cunimundo e dal chierico Andrea, in essa abitante, e di terra nella curtis di Sirmione; in cambio cede: curtis di Axegiatula [Secula, Longare], nel territorio di Vicenza.84 |
766, 3 marzo; Ticino in palatio [Pavia] | Re Adelchi conferma al monastero di S. Salvatore di Brescia: curtes di Ripa Alta e Temoninas [Timoline, Corte Franca], già donate dal nonno materno Verissimo.85 |
769, 19 agosto; Ticinum [Pavia] | Il diacono Grato, abitante a Monza, fonda un oraculo affidato alla cura della basilica di S. Giovanni di Monza, al quale dona: curtes a Monza, entro cui lo stesso deve essere costruito; Concoretio [Concorezzo].86 |
771, luglio; Brescia | Re Desiderio conferma al monastero di S. Salvatore di Brescia: in finibus nostris Austrie vel Neustrie, Spoliti et Tuscie curtes.87 |
772, 14 giugno; Ticino in palatio [Pavia] | I re Desiderio e Adelchi donano al monastero di S. Salvatore di Brescia: un’area boschiva ex gagio nostro di Reggio confinante con la curtis di Melliarina [Migliarina, Carpi], detenuta dal monastero e già di Cunimundo di Sirmione.88 |
774, maggio; Bergamo | Il gasindio regio Taido, cittadino di Bergamo, dispone dei suoi beni in favore di chiese e familiari: curtes di Bonnate [Bonate]; Cociolina [Gozzolina, Castiglione delle Stiviere] e Buccaria [Bocchere, Castel Goffredo], nella iudiciaria di Sirmione; Alteto [presso Cenate Sotto]; Bergis [Berzo San Fermo].89 |
Tab. 3. Curtes nella documentazione di area longobarda: Tuscia.
- 90 Deusdedit, Collectio canonum 3, 191, p. 353-355; cf. Tomei 2016, per la datazione dei papiri e l’id (...)
- 91 ChLA, 117, 1.
- 92 CDL, 1, 50.
- 93 Molitor 1991, p. 152-165.
- 94 ChLA, 33, 973; ChLA, 35, 1011; cf. Firmati 2022, per la localizzazione, su base archeologica, di Lu (...)
- 95 CDL, 2, 203.
Datazione cronica e topica | Regesto |
705-707; 731-741 | Elenco di patrimonia detenuti dai papi Giovanni VII e Gregorio III, trascritti dal cardinale Deusdedit: monastero di S. Pietro in Cortina di Lucca con curtes di Valentina vel Blentina [Bientina], Carpiniano [Carpugnano, Peccioli] nel territorio di Lucca e Volterra, Vico Alais [presso Lammari, Capannori], Rapida [presso Scafa, Pontedera] nel territorio di Pisa, Cicerana [Ceserana, Fosciandora], Burrianum [Buriano, Castiglione delle Pescaia] nel territorio di Roselle; curtes di Piscaria [Castiglione della Pescaia], Flacianum [Franciana, Piombino] e Campaniaticum [Campagnatico], nel territorio di Roselle.90 |
715, 20 giugno | Inquisitio del notaio Gunteram su mandato di re Liutprando nella disputa che oppone gli episcopati di Siena e Arezzo: Picto scario de curte qui dicitur Sexiano [Asciano].91 |
730, 1° dicembre | Il gastaldo di Siena Warnefrit dona al monastero di S. Eugenio di Siena, da lui fondato: curtis sul fiume Merse a Taurisiano [Bagnaia, Murlo]; curticella di Feriano prope Monte Listine [Stine, Monteroni d’Arbia].92 |
754, luglio; Pisa | Walfredo, cittadino di Pisa, fonda il monastero di S. Pietro di Monteverdi, nella iudiciaria di Lucca, al quale dona: curtes di Castagnieto [Castagneto Carducci]; sul fiume Cornia; Septare [presso Livorno]; Castello Faolfi [Castelfalfi, Montaione].93 |
762, 10 dicembre, vico Lusciano [Macereto, Scansano]; 770, 14 maggio, Lusciano [Macereto, Scansano] | Carte di promessa al vescovo di Lucca Peredeo da conduttori di casae che si impegnano a prestare angaria quantas utilitas fuerit alla curtis di Lusciano [Macereto, Scansano] e portare animali alla curtis di Roselle.94 |
767, 5 febbraio; Pistoia | Gaidoaldo, medico regum, dona al monastero di S. Bartolomeo di Pistoia, da lui fondato: curtes sul fiume Nievole; sul fiume Auser; di Antuniana Lainisiana [Antognano, Minucciano]; Barbiano finibus Greti [Bibbiani, Capraia e Limite]; Lucardo [Montespertoli]; finibus Maretima in Cornino.95 |
Tab. 4. Curtes nella documentazione di area longobarda: Spoleto.
- 96 CDL, 4/1, 8.
- 97 CDL, 4/1, 10; CDL, 3/1, 23.
- 98 CDL, 5, 23; CDL, 5, 27; CDL, 4/1, 19.
- 99 CDL, 4/1, 17.
- 100 CDL, 5, 36.
- 101 CDL, 2, 217; CDL, 3/1, 43. L’11 novembre 772 re Adelchi riassegna le tre curtes et massae a S. Salv (...)
- 102 CDL, 5, 60; cf. Collavini 2003, p. 136-137 e tav. V.
Datazione cronica e topica | Regesto |
749, dicembre; in curte nostra ad Varianum [presso Montefalco] | Il duca Lupo rilascia un mandato su richiesta dell’abate del monastero di S. Maria di Farfa.96 |
750, ottobre; in curte nostra ad Varianum [presso Montefalco]; 751, 4 luglio; Ravennę in palatio [Ravenna] | Il duca Lupo dona al monastero di S. Maria di Farfa una curticella a Bitiano [presso Fara in Sabina], poi confermata da re Astolfo.97 |
756, ottobre; Rieti; 757, 17 ottobre; in curte Germaniciana [presso Fara in Sabina]; 766, giugno; Spoleti in palatio [Spoleto] | Carte di permuta e promessa dell’actionarius Gundoaldo, abitante a Rieti, con l’abate Fulcoaldo e diploma del duca Teodicio al monastero di S. Maria di Farfa, circa pertinenze della curtis di Germaniciana [presso Fara in Sabina], già donata al monastero da re Astolfo.98 |
763, luglio; Spoleti in palatio [Spoleto] | Il duca Teodicio dona al monastero di S. Maria di Farfa le decime sul grano della curtis nostra di Amiterno [L’Aquila] e le decime sul vino della curtis di Interocro [Antrodoco].99 |
763, agosto; in curte domnica in Musileo [presso Greccio] | Carta di donazione al monastero di S. Maria di Farfa da parte di Auderisio di Rieti.100 |
768, 19 aprile; 770, marzo–772, novembre | Carta di permuta fra Alano, abate del monastero di S. Maria di Farfa, e Anselperga, badessa del monastero di S. Salvatore di Brescia: il primo ottiene la curtis di Vallantis nei fines di Rieti, poi confermata al suo monastero da re Desiderio insieme alle curtes et massae di Sextuno e Narnate [presso Leonessa], già donate alla regina Ansa dal figlio Adelchi.101 |
773, marzo; Rieti | Ilderico, poi gastaldo di Rieti, e la madre Taciperga donano al monastero di S. Maria di Farfa: curtes nostrae di Pontianus, Cęsarianum e Papcianum, Lamiano [presso Fara in Sabina], nel territorio Sabinensis; l’ultima è giunta alla donna dal padre Taciperto, a sua volta gastaldo di Rieti.102 |
Notes
1 Wickham 2005; Wickham 2009; Devroey 2003; Devroey 2006.
2 Bonney 1995; 1999. Con riferimento all’Occidente post-romano, cf. Airlie – Pohl – Reimitz 2006; Pohl – Wieser 2009; Carocci – Collavini 2012; Bougard – Loré 2019b.
3 Cortonesi – Montanari 2001; Cortonesi 2003; Nanni 2012.
4 Cammarosano 1991, p. 39-43. Controcorrente l’operazione di Delogu 2010, che ha posto il VII secolo quale asse centrale di indagine.
5 Wickham 2005, p. 259-302; Pasquali 2005; Pasquali 2008; cf. anche Sarris 2004; Patzold – Tedesco 2019; Esders 2020. Sul tema fornisce un apporto sostanziale il contributo di Internullo in questa sede.
6 Internullo 2019.
7 Díaz Martínez – Martín Viso 2011; Porena – Rivière 2012; Eisenberg – Tedesco 2021.
8 Cammarosano 1991, p. 65. O living documents, per usare una più recente espressione di Gravela 2020, p. 7, ripresa in questo campo di ricerca da Internullo 2020.
9 Collavini – Tomei 2017; Collavini 2019; Tomei 2019; Ghignoli 2022; Vignodelli – Tomei c.d.s.
10 Devroey 2006, p. 67-72; Gasparri 1990, p. 254-262; Gasparri 2011; Zotz 1996; 2017; Negro 2011; cf. anche Pasquali 2017.
11 La ricerca lessicale e lessicografica si è giovata dei seguenti strumenti: Thesaurus Linguae Latinae (https://tll.degruyter.com/), Logeion (https://logeion.uchicago.edu), Corpus Corporum (https://www.mlat.uzh.ch/), Chartae Europae Medii Aevii (https://cema.lamop.fr/).
12 Isid., Orig., 9, 3, 52, p. 372.
13 Isid., Orig., 15, 9, 1, p. 609.
14 Prisci Pan. Exc. fragm., ed Carolla, p. 32; trad. Given 2014, p. 59. Prisci Pan. Fragm, ed. Bornmann, p. 152, è meno efficace nella resa di questo passo. In special modo fa leva sulla bellezza, piuttosto che sull’appariscenza della residenza del re: Attraversammo alcuni fiumi e arrivammo in un immenso villaggio, dove si diceva che la dimora di Attila fosse la più bella di tutte le sue residenze. Era costruita di travi e di tavole ben lucidate e cinta da una palizzata di legno fabbricata non come difesa, ma per decorazione.
15 Iord., Get., 178-179, p. 152-153.
16 Pohl 2001b, p. 442-446; Wickham 2009, p. 262; cf. anche Delogu 2012.
17 Amici 2002; cf. anche la prefazione di Grillone a Iord., Get.
18 Zotz 1996; Devroey 2006, p. 67-72. Sulle assemblee cf. Wickham 2017; sui banchetti cf. Gautier 2016.
19 Zotz 2017, p. 261-262.
20 Ubl 2009; Seebold 2010; Ubl 2017.
21 Lex Burg., 23, 54, 92, p. 60, 89, 111. Pactus leg. Sal., De furtis arborum, De sepibus, p. 42-43, 128-129; Lex Sal., p. 40-41, 94.
22 Sulla “politica della terra”, cf. Bloch 1939-1940; sulla Transformation of the Roman World, cf. Pohl 1997; Goetz – Jarnut – Pohl 2003.
23 Roth., 32-34, 208-209, 269, 273, 277-278, 283, 343, 346, 379-380; cf. anche Liutp., 111, 136, in Azzara – Gasparri 2005, p. 22-25, 66-67, 82-87, 98-99, 110-111, 202-205, 222-223.
24 Francovich Onesti 1999, p. 87.
25 Roth., 136, 352, in Azzara – Gasparri 2005, p. 40-41, 100-101.
26 Roth., 15, 153, 158-160, 163, 171, 182-183, 185-186, 195-197, 199-201, 223-224, 231, 244, 259, 266-267, 371, 374, 385; cf. anche Grim., 8; Liutp., 13, 17-18, 20, 24, 32-34, 59, 64, 77, 138; Ratch., 6; Ahist., 17, 20: Azzara – Gasparri 2005, p. 20-21, 46-53, 56-59, 62-65, 68-73, 76-77, 80-83, 106-111, 132-135, 144-155, 160-163, 170-175, 182-183, 224-225, 266-267, 290-293.
27 Gasparri 1990.
28 Roth., 182, 210, 221, 27: Azzara – Gasparri 2005, p. 56-57, 66-69, 82-83.
29 Roth., 375; cf. anche Liutp., 59: Azzara – Gasparri 2005, p. 170-173.
30 Negro 2011.
31 Gasparri 1990; Gasparri 2011.
32 Zotz 1996.
33 Roth., 35-36, in Azzara – Gasparri 2005, p. 24-25.
34 Roth., 37-40, 150, 251, in Azzara – Gasparri 2005, p. 24-25, 44-47, 76-79.
35 Liutp., 6 expl., 12, 83-85, 100; Ahist., 17, in Azzara – Gasparri 2005, p. 140-141, 144-145, 186-191, 198-199, 290-291. CDL, 5, 8, ChLA, 58, 15, CDL, 3/1, 36 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia0765-06-13Bb), con riferimento alla sfera giudiziaria e, nell’ultima occorrenza, precisamente allo scandalum.
36 Bougard 1996; de Jong 2003; Gandino 2009. Per uno sguardo indietro, all’età romana, cf. Winterling 1999.
37 Gasparri 2011.
38 Maiuro 2012a.
39 Devroey 2006, p. 519-530.
40 Internullo 2019.
41 Rosenwein 1999, p. 81-97.
42 Negro 2011, p. 6-11; Wickham 2005, p. 510-513.
43 Maiuro 2012a, p. 155-159, che ha parlato di densitas possessorum; Wickham 1998; Wickham 2005, p. 209-219; Francovich – Hodges 2003.
44 Devroey 2006, p. 54-55, 530-535.
45 Lex Ala., 10, 76, 78, p. 76, 141-144. Lex Bav., 4, 23; 10, 15; 11, 1; 12, 10, p. 331, 392, 396, 404.
46 Lex Ala., 30 (curtis regis), 28, 30, 33 (curtis ducis), 9 (curtis episcopi), p. 76, 87-91. Lex Bav., 2, 10-12; 9, 2 (curtis ducis) e 21, 6 (curtes nobilium), p. 304-306, 367-369, 466-467.
47 Roth., 369, 375; Liutp., 59, 78, in Azzara – Gasparri 2005, p. 106-109, 170-173, 182-185.
48 Liutp., Notitia, in Azzara – Gasparri 2005, p. 251-258.
49 Lazzari 2017b. Secondo la prospettiva di indagine adottata per i capitolari carolingi da Patzold 2019, meriterebbe di essere approfondita, tramite i manoscritti, la tradizione della Notitia e l’uso pratico che se ne fa nei secoli successivi nel regno.
50 Internullo 2019.
51 Liutp., 6, in Azzara – Gasparri 2005, p. 140-141; cf. Gasparri 2005b; La Rocca 2005; Lazzari 2017a. Norma ripresa il 1° marzo 721 con specifico riferimento ai minorenni: Liutp., 19, in Azzara – Gasparri 2005, p. 152-153.
52 Loré 2019b.
53 Gasparri 1980; Gasparri 2005a; Wickham 1998, che ha indicato, proprio a partire dallo stesso campione documentario, il valore di cinque curtes come soglia in grado distinguere i maiores et potentes fra i possessores.
54 Pazienza 2014. Una curtis ducale è edificata a Lucca nel secondo quarto del secolo IX, al tempo di Lotario I, nel suburbio occidentale. Dopo che quest’ultima, governata da un marchese, ha, di fatto, ecclissato la curtis regia posta dentro le mura, un secolo più avanti re Ugo ricostituisce, in qualche modo, l’assetto precedente e la trasforma in sede centrale della curtis regia. Il marchese governa questo complesso in suo nome; cf. Tomei 2018.
55 ChLA, 117, 1-2 (curtis regia di Siena); ChLA, 33, 984 (a Lucca, Petto de curte domni regis); CDL, 3/1, 44 (curtis regia di Pistoia; https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia0772-11-11B).
56 ChLA, 32, 942. Fra i beni della curtis regia, c’è anche una casa presso le mura già tenuta da due uomini qui fuerunt epistolas deportantes.
57 Ghignoli 2004, per edizione e commento. I praecepta sono attribuiti ai re Pertarito e Cuniperto, Liutprando, Ratchis e Astolfo. La lista include anche iudicato facto a Banso gastaldio curti domne regine; cf. Loré 2019, p. 74-75.
58 Collavini 2007; Cortese 2017, p. 35-66; Tomei 2024.
59 Collavini 2003; Loré 2019b.
60 Loré 2018; Loré 2019b.
61 Deusdedit, Collectio canonum, 3, 57, 191-192, 282, p. 292-293, 353-357, 391-392; Bed., De temp. rat., 66, 575, in Beda, Opera Didascalica, p. 530-531 (Liber Pontificalis, 88, I, p. 385-387); Codex Carolinus, 84, 87, p. 619-620, 623-624; Liber Pontificalis, 99, I, p. 49-51; Registrum Iohannis VIII papae, 81, 241, 257, p. 76-77, 212, 225-226.
62 Marazzi 1998.
63 Sono la villa magna, afferente alla curtis di Franciana, e la villa qui dicitur Castelione, afferente alla curtis di Campagnatico; oggi da identificare probabilmente con i siti di Vignale e Pieve Vecchia.
64 Ghignoli 2009.
65 ChLA 32, 937.
66 ChLA 34, 1005.
67 Francovich Onesti 1999, p. 113-114, 122-123.
68 Solo qualche esempio: parte di una sala sundriale con casas massaricia a Tocciano, non distante da Lusciano, nella carta di vendita fra il vir magnificus Perprando, figlio del duca Walperto, e il vescovo Walprando di Lucca, nel giugno 752 (ChLA 31, 935); curtes sundriales, casas massaricias et aldionales nella carta di fondazione e dotazione della chiesa di S. Maria di Lucca, il 16 gennaio 764 (ChLA 33, 979).
69 Wickham 2005, p. 272-273.
70 Esders 2020.
71 Pasquali 2017.
72 ChLA, 14, 583; MGH, DD Merov., 144 (http://telma.irht.cnrs.fr/outils/originaux/charte4478/).
73 ChLA, 14, 579; MGH, DD Merov., 147 (http://telma.irht.cnrs.fr/outils/originaux/charte4474/).
74 ChLA, 14, 581; MGH, DD Merov., 149 (http://telma.irht.cnrs.fr/outils/originaux/charte4476/).
75 ChLA, 14, 587; MGH, DD Merov., 157 (http://telma.irht.cnrs.fr/outils/originaux/charte4482/).
76 ChLA, 14, 588; MGH, DD Merov., 166 (http://telma.irht.cnrs.fr/outils/originaux/charte4483/).
77 CDL, 3/1, 22.
78 CDL, 3/1, 24; cf. Manarini 2019.
79 ChLA, 29, 867.
80 CDL, 3/1, 31 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia0759-01-00B).
81 ChLA, 27, 814 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia0759-09-17); CDL, 2, 155 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia0761-09-10B); ChLA, 27, 815 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia0769-03-29); CDL, 2, 228 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia0769-05-15B).
82 CDL, 3/1, 33 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia0760-10-04B).
83 CDL, 2, 162.
84 CDL, 2, 188 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia0765-06-13Ba); CDL, 2, 257 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia0771-09-25B).
85 CDL, 3/1, 38 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia0766-03-03B).
86 CDL, 2, 231.
87 CDL, 3/1, 40 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia0771-07-00B.
88 CDL, 3/1, 41 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia0772-06-14B); cf. il diploma di Desiderio e Adelchi con cui concedono al monastero i beni confiscati a Cunimundo e la conferma generale rilasciata da Adelchi l’11 novembre 772: CDL, 3/1, 36 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia0765-06-13Bb); CDL, 3/1, 44 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia0772-11-11B).
89 ChLA, 98, 34.
90 Deusdedit, Collectio canonum 3, 191, p. 353-355; cf. Tomei 2016, per la datazione dei papiri e l’identificazione delle curtes elencate.
91 ChLA, 117, 1.
92 CDL, 1, 50.
93 Molitor 1991, p. 152-165.
94 ChLA, 33, 973; ChLA, 35, 1011; cf. Firmati 2022, per la localizzazione, su base archeologica, di Lusciano.
95 CDL, 2, 203.
96 CDL, 4/1, 8.
97 CDL, 4/1, 10; CDL, 3/1, 23.
98 CDL, 5, 23; CDL, 5, 27; CDL, 4/1, 19.
99 CDL, 4/1, 17.
100 CDL, 5, 36.
101 CDL, 2, 217; CDL, 3/1, 43. L’11 novembre 772 re Adelchi riassegna le tre curtes et massae a S. Salvatore di Brescia: CDL, 3/1, 44 (https://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/bs/brescia-sgiulia1/carte/sgiulia0772-11-11B). Di tradizione dubbia è un passo dello stesso diploma con cui il re conferma le donazioni della massa et curtis di Amiterno e, nei fines Pennenses, della curtis di Vico Novo da parte del duca di Benevento Arechi II; cf. Loré 2019b, p. 38.
102 CDL, 5, 60; cf. Collavini 2003, p. 136-137 e tav. V.
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Référence papier
Paolo Tomei, « Sul termine curtis e la grande proprietà fondiaria nell’Occidente post-romano (secoli VI-VIII) », Mélanges de l’École française de Rome - Moyen Âge, 136/1 | 2024, 39-52.
Référence électronique
Paolo Tomei, « Sul termine curtis e la grande proprietà fondiaria nell’Occidente post-romano (secoli VI-VIII) », Mélanges de l’École française de Rome - Moyen Âge [En ligne], 136/1 | 2024, mis en ligne le 24 octobre 2024, consulté le 21 mai 2025. URL : http://journals.openedition.org/mefrm/13810 ; DOI : https://doi.org/10.4000/12ryj
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