Osservare il lavoro ancor prima di raccontarlo. Le rappresentazioni del mondo del lavoro tra approcci etnografici, osservazione partecipante e reportage giornalistici
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- 1 Gallino, Luciano, Italia in frantumi, Roma-Bari, Laterza, 2006.
- 2 Bevilacqua, Emiliano, La società nascosta. Classi sociali e rappresentazioni ideologiche nell’Itali (...)
- 3 La letteratura sociologica su questi temi è molto ricca. Cfr. De Nardis, Paolo, Le classi in una so (...)
- 4 Sangiovanni, Andrea, Tute blu. La parabola operaia nell’Italia repubblicana, Roma, Donzelli, 2006.
1Le trasformazioni economiche e sociali degli ultimi decenni hanno reso l’Italia, secondo la formula di Luciano Gallino, un paese “in frantumi”1. Una delle conseguenze più evidenti delle modifiche dei processi produttivi consiste non solo nella scomparsa delle identità di gruppo ma anche nella scarsa visibilità delle nuove professionalità e forme lavorative. All’interno di un processo storico complesso che non si ha in questa sede lo spazio di rievocare, si è passati dall’enfasi posta su una lettura dicotomica della struttura di classe della società italiana (borghesia vs proletariato), indotta dal paradigma fordista con chiari intenti politici, a una vera e propria fase di afasia nella rappresentazione che tocca sia l’immaginario collettivo che la pubblicista sociale e persino ampi settori della ricerca sociologica2. Un esempio di come sia da tempo diffusa la visione dominante di una “società senza classi”3 è costituito dalla parabola operaia di cui Andrea Sangiovanni ha constatato il declino, prima ancora che del gruppo sociale “in sé”, anche e soprattutto della sua immagine pubblica, cosa che di conseguenza lo rende invisibile e non più identificabile nella sfera pubblica4. Alla dissolvenza delle identità di gruppo, ormai sfumate nella tanto decantata cetomedizzazione, corrisponde la scomparsa del lavoro oltre che la sua trasformazione. Questo fa sì che, per chi voglia riportarlo alla luce e riproporlo come oggetto di discorso pubblico, l’esigenza conoscitiva venga prima di quella rappresentativa.
2L’obiettivo di questo saggio è di analizzare non tanto le diverse modalità rappresentative del mondo del lavoro ma i metodi di osservazione che stanno a monte di una certa produzione letteraria attuale. Basata spesso su approcci simili o che derivano direttamente da metodi sociologici e/o giornalistici, una buona parte degli scritti recenti intende prima di tutto scovare il lavoro nascosto, andando a scoprire i luoghi dove si annidano le nuove forme di sfruttamento, di dominio o di alienazione e le ripercussioni che esse hanno sugli individui.
- 5 Si veda in particolare la rivista Allegoria, n. 57, 2008.
- 6 Bajani, Andrea, Mi spezzo ma non m'impiego. Guida di viaggio per lavoratori flessibili, Torino, Ein (...)
- 7 Baldanzi, Simona, Figlia di una vestaglia blu, Roma, Fazi, 2006; Dezio, Francesco, Nicola Rubino è (...)
3È senza dubbio importante capire appieno non solo secondo quali modalità il mondo del lavoro sia oggi rappresentato ma anche e soprattutto secondo quali schemi, quali metodi, quali approcci esso sia innanzitutto osservato. È infatti a partire dallo studio di questo aspetto che appare chiaro come il contesto influisca sul modo in cui viene narrato e come i testi siano inevitabilmente impregnati di una loro condizione storicamente data. Si tratta di una premessa necessaria anche a qualsiasi discussione intorno al “ritorno del reale”, tema intorno a cui ruota il dibattito critico italiano degli ultimi tempi5. Considereremo quindi volutamente un insieme eterogeneo di libri che, al di là delle differenze formali e di contenuto, presentano alcune caratteristiche metodologiche comuni. Si tratta volutamente di autori e libri che presentano esiti letterari diversi. Per alcuni esiste già un insieme corposo di studi recenti (Ermanno Rea, Andrea Bajani, Aldo Nove, Angelo Ferracuti, Ascanio Celestini, Antonio Pennacchi)6, altri sono testi meno citati ma non per questo meno interessanti, fra cui quelli di Simona Baldanzi e Francesco Dezio7. Un corpus di testi di narrativa o di inchieste che hanno in comune il fatto di spingere ai massimi livelli il metadiscorso sul loro farsi, il mettere in evidenza e il sottolineare, quasi ossessivo in certi casi, il metodo conoscitivo usato prima che il metodo espositivo.
- 8 Donnarumma, Raffaele, “Nuovi realismi e persistenze moderne: narratori italiani di oggi”, Allegoria(...)
4Se è vero che, come afferma Raffaele Donnarumma, numerose sono le pubblicazioni recenti che testimoniano se non di un vero e proprio “ritorno alla realtà” almeno di una “tensione verso il reale”8, questa tensione si manifesta ancor prima della scrittura, in una azione, in una pratica e in una necessaria frequentazione, a volte costruita ad hoc, altre volte occasionale, più spesso persino quotidiana, di situazioni, di contesti lavorativi e di protagonisti le cui storie sono alla base di libri.
5Se ci si lascia alla spalle il dibattito teorico, e ci si concentra sul farsi concreto di queste esperienze narrative, si evince che quel che accomuna autori molto diversi per età, gusto e orientamenti è il fatto che essi esprimono più o meno esplicitamente un rifiuto, che è il rifiuto dell’indipendenza del testo dalla realtà, di un testo che a lungo si è pensato non dovesse rendere conto che a se stesso. Ma questa constatazione ci spinge anche a chiederci quali siano le modalità e i toni di questo rifiuto. È quanto esprime l’esortazione formulata per esempio da Romano Luperini il quale suggerisce che
- 9 Luperini, Romano, Cortellessa, Andrea, “Dialogo sul neo-neorealismo”, Aetnanet, http://www.aetnanet (...)
ogni generazione deve trovare le forme in cui dire la propria realtà: non quella di sessant’anni fa! […] Un semplice restauro di forme desuete sarebbe solo un artificio rassicurante: di quelli che da sempre richiede l’industria culturale. Se parliamo di “ritorno alla realtà” è perché si affacciano nuove realtà che non possono essere rappresentate con strumenti legati a momenti storici così diversi dal nostro9.
6È da questo punto, il farsi di una nuova realtà e la ricerca di strumenti adeguati per coglierla, che questi libri sembrano partire senza però richiamarsi all’idea semplicistica e naturalistica dell’esistenza di una realtà che preceda il testo. In modo più complesso, e sta probabilmente in questo la particolare forma storica di realismo a cui oggi assistiamo, essi mettono invece in scena dei procedimenti, quelli che il linguaggio usa per costruire la realtà, valorizzando i mezzi e gli espedienti messi in atto per andare a scoprire una realtà che merita di essere definita prima ancora che di essere raccontata.
7Si nota quindi un certo bisogno di penetrazione conoscitiva, insito in alcune di queste esperienze narrative, che non è un banale ritorno al naturalismo descrittivo di togliattiana memoria, ma è invece basato sulla rivendicazione che il farsi di un racconto è importante a tal punto che spesso questo racconto contiene in sé e valorizza le proprie premesse.
- 10 Tre libri importanti scandiscono i due decenni: Ottieri, Ottiero, Donnarumma all’assalto, 1959; Vol (...)
8Le differenze e le similitudini che il contesto attuale presenta con la corrente della letteratura industriale degli anni 1950-1960 (con Volponi e probabilmente anche con Ottieri e persino con Balestrini) sono evidenti10. Non occorre ricordare che senza le possibilità offerte dall’imprenditore Adriano Olivetti, le esperienze per certi versi radicali che erano alla base degli scritti di Volponi o anche di Ottieri non avrebbero potuto realizzarsi. La necessità per gli scrittori più contemporanei, a differenza di quanto accadeva in un altro momento storico ai loro predecessori, è quella di creare delle occasioni di incontro con gli individui coinvolti o, più spesso, mantenuti al margine se non vittime dei nuovi processi produttivi. Questa necessità è resa ancora più urgente nell’era del declino della fabbrica fordista e probabilmente anche di quella post-fordista.
9Due sembrano essere le modalità principali di “tensione verso il reale” che si riscontrano in queste pubblicazioni. Da una parte, quella che le porta ad avere come obiettivo la riscoperta degli individui e del loro vissuto, dall’altra quella che mira al ritrovamento e alla catalogazione dei luoghi e dei contesti.
Individui e generazioni
10Un primo elemento che raggruppa questi scritti più o meno recenti è che in gran parte essi fanno uso di testimonianze che possono essere in seguito più o meno rielaborate, ma che partono sempre da un vissuto individuale. Sono libri autobiografici, libri-inchiesta o forse meglio libri “testimoniali”, in cui la testimonianza può essere diretta, cioè vissuta sulla pelle dell’autore o indiretta, ma presenta sempre delle implicazioni diverse e più complesse del semplice autobiografismo.
11Forse il primo ad esprimere dall’interno la parabola discendente della classe operaia a cui si accennava in precedenza, è stato lo scrittore-operaio Antonio Pennacchi. Ex-operaio ai turni di notte dell’Alcatel Cavi, Pennacchi è diventato scrittore approfittando di un periodo di cassa integrazione, cosa che gli ha permesso di ritracciare il declino della classe operaia, quel “Mammut” in via di estinzione che darà il titolo al suo libro. Rifiutato da molte case editrici, a riprova del fatto che si trattasse per certi versi di un precursore, il romanzo uscirà nel 1994 presso la Donzelli.
12Pennacchi ha due epigoni nella nuova generazione, i giovani autori di due romanzi operaisti moderni che sono, da una parte, Francesco Dezio e, dall’altra, Simona Baldanzi. Il primo ha narrato l’ingresso in fabbrica di un trentenne operaio pugliese, Nicola Rubino, e definisce le sue prove letterarie come “derive ontologiche e anche piuttosto rabbiose degli accadimenti”, quindi una sorta di sfogo narrativo di esperienze personali che attraverso il procedimento classico del mimetismo linguistico mette in realtà in evidenza le forme attuali di dominio che passano attraverso il linguaggio, e di cui è un esempio illuminante il discorso di assunzione:
- 11 Dezio, Francesco, Nicola Rubino è entrato in fabbrica, cit., p. 25.
Per compiere quella che è la nostra mission abbiamo bisogno di un team giovane, flessibile e motivato, con un buon know how, orientato al problem solving. […] Siamo un’azienda nuova, leader nel settore. Un’azienda moderna e attrezzata che offre al cliente sistemi innovativi per lo sviluppo11.
13La seconda aggiunge alla conoscenza diretta dell’ambiente operaio le forme di inchiesta derivanti dagli approcci sociologici. Simona Baldanzi è infatti figlia di una “vestaglia blu”, e “prole”, cioè figlia di una proletaria. Sua madre è stata infatti per anni operaia in un’industria tessile del pratese, la Rifle di Barberino. Contemporaneamente è anche ricercatrice e per le esigenze di una tesi di sociologia studia questi fenomeni somministrando questionari agli operai calabresi venuti a scavare le gallerie del Mugello per far passare il treno ad alta velocità. In questi tre esempi sarebbe certo ingenuo considerare solo l’esperienza vissuta, e non anche l’esperienza rivissuta attraverso la scrittura, ma definirli solo libri autobiografici pare inesatto.
- 12 Nove, Aldo, Mi chiamo Roberta, cit., pp. 167-168.
14Accanto a queste autobiografie, che sono individuali e collettive insieme, si possono aggiungere alcuni reportages, basati sulla selettività delle storie tipica del procedimento giornalistico, in cui le storie hanno contemporaneamente valore di “exempla” e mirano a denunciare però anche attraverso la loro normalità come certe derive o forme di sfruttamento siano diffuse. “Non c’è più nulla di esemplare”, scrive Aldo Nove, “Storie. Urgenti. Sono dappertutto. Vanno raccolte. Dobbiamo dircele”12.
- 13 Alcuni dei racconti di Angelo Ferracuti sono usciti in Diario della settimana, Nuovi Argomenti e Ra (...)
15Se l’inchiesta giornalistica esige una ricostruzione rigorosa e fedele dei fatti, riportando esattamente le date degli eventi, i nomi dei luoghi e dei protagonisti, non è questa la strada seguita né da Aldo Nove, né da Angelo Ferracuti, né da Andrea Bajani. I loro libri sono raccolte in volume di articoli pubblicati in rubriche giornalistiche ma presuppongo un intervento di ripulitura che cancelli i nomi veri, cioè quanto c’è di più legato alla cronaca spicciola, conservando però il contenuto delle storie. “Tutte le interviste sono state pubblicate da Liberazione tra il 2004 e il 2005. Nomi e luoghi sono stati modificati. Non le storie”, recita una nota di copertina del libro di Aldo Nove13.
- 14 Ferracuti, Angelo, Le risorse umane, cit., p. 21.
Alba la incontrai invece il pomeriggio, al primo piano di una palazzina di impiegati in periferia. Ma non importa dove, non importa chi è, non importa qual è il suo vero nome. Ho voluto chiamarla Alba, ma avrebbe potuto essere Aurora, oppure Celeste, comunque qualcosa che abbia a che fare con la luce. Perché è bionda, ha i capelli a caschetto, il portamento fiero e la dolcezza delle parole, ed è anche una donna molto schietta e solare14.
Osservazione partecipante
- 15 Per un esempio dell’uso della storia orale nel teatro di Ascanio Celestini, basti citare uno dei su (...)
- 16 Non c’è spazio in questa sede per ripercorrere la genesi storica di questo metodo d’inchiesta, né p (...)
16A volte le storie di vita raccolte con il metodo della storia orale sono frutto di approcci etnografici. È il caso di Ascanio Celestini i cui spettacoli sono preceduti da un lavoro di raccolta di materiale lungo e approfondito attraverso laboratori teatrali e interviste orali15. Quel che li caratterizza è una certa forma di onestà narrativa in cui le storie, che non sono autobiografiche, sono però colte e arricchite dal metodo che i sociologi chiamerebbero dell’osservazione partecipante16. A proposito del suo libro Lotta di classe Ascanio Celestini dice:
- 17 Celestini, Ascanio, Lotta di classe, Torino, Einaudi, 2009. La citazione è tratta da un’intervista (...)
Quello che mi interessa raccontare non è tanto il precariato, perché non credo che esista il lavoro “precario”: precario è piuttosto l’individuo in sé, e non è il lavoro a renderlo tale. Precaria è la condizione che vive l’individuo ed è dall’individuo che bisogna partire per indagare la precarietà. Ho voluto raccontare una storia, anzi quattro storie che si intersecano, in un romanzo perché questo so fare. Se ne sapessi di più scriverei un saggio, ma non ne sono capace, e mi sembra che anche chi dovrebbe esserlo, in realtà non lo sia17.
17Non solo siamo di fronte a una dichiarazione abbastanza chiara di un impellente bisogno di penetrazione conoscitiva, ma c’è in Ascanio, “figlio di Gaetano Celestini e di Comin Piera” come recita ossessivamente l’incipit di alcuni suoi lavori, la stessa rivendicazione di appartenenza di Simona Baldanzi, in un difficile e precario equilibrio tra coinvolgimento personale e distacco obiettivo:
- 18 Baldanzi, Simona, Figlia di una vestaglia blu, cit., pp. 21-22.
- 19 Ibid., p. 75.
Se fosse stata ancora in piedi la Rifle avrei potuto fare una tesi sugli effetti sociali di questa ditta nel paese. Di spunti sicuramente ne avrei avuti. Forse, anzi no, sicuramente, ne sarei stata fin troppo coinvolta, e non va bene per la ricerca sociale, occorre essere scientifici, distaccati. Ho fatto comunque una tesi sui lavoratori. Quelli impegnati nella costruzione del Treno ad Alta Velocità nel Mugello18.
Non posso commentare, non posso dire niente perché sono lì per la ricerca, per la tesi, non devo, non posso perdere di vista l’etica della ricerca, dell’occhio imparziale19.
18Del resto l’incontro tra Simona Baldanzi e le “tute arancione”, i minatori del Mugello, si realizza più con l’empatia dell’autore “figlia di una vestaglia blu” che porta sul proprio corpo i segni di quello che con un linguaggio ormai arcaico si direbbe appartenenza di classe, quindi più con il “soffrire insieme ad essi” che con la somministrazione dei questionari corrispondente al rigido protocollo d’inchiesta.
- 20 Ibid., p. 44.
E poi le mani. Le mie. Lisce. Di chi per anni ha toccato pagine patinate, sfogliato libri […]. Le sue, ruvide, di lavoro, di casa, con la pelle spessa, elefantesca. Le nostre mani, però. Entrambe grandi […]. Si stinge di blu, anche dopo innumerevoli lavaggi. E io lo vedo dalle mani. Dalle mie. Potranno sfogliare libri per una vita, potranno pizzicare tasti del computer, premere il pulsante per l’ascensore, tenere la cornetta del telefono. Ma nel muro, animarsi come ombre cinesi, goccioleranno di blu. Macchiate per sempre20.
- 21 Perulli, Angela, Dentro la montagna, società locali alla prova, Torino, Rosenberg & Sellier, 2005.
19Il suo libro-romanzo si configura quindi come complemento necessario all’articolo sociologico sugli effetti sociali dell’Alta velocità nel Mugello che pure è stato pubblicato21. Nei due casi, quello di Celestini e di Baldanzi, la raccolta di testimonianze è il risultato di una frequentazione assidua delle persone coinvolte e si rivela utile anche per un lavoro di memoria che stabilisce un ponte tra diverse generazioni di lavoratori. Le tre generazioni di Fausto della fabbrica di Celestini, la vestaglia blu di ieri e le tute arancioni di oggi di Simona Baldanzi si incontrano così. L’unione tra il contributo della storia familiare e il parallelo con le storie di oggi, permette di ricostruire il puzzle della storia economica del paese.
- 22 Questo accade anche nel cinema dove la rivalutazione dell’esperienza porta alla rivalutazione della (...)
20Tutti questi scritti oppongono, anche se in modo diverso tra loro, a quella “perdita dell’esperienza” di benjaminiana memoria a cui invece si è richiamata e ancor si richiama tanta letteratura contemporanea, una poetica sostanzialmente esperienziale22. Prendendo coscienza dei materiali con cui sono fatti (interviste, testimonianze, appunti, materiali di laboratorio) anzi mettendoli in scena per quello che sono come materiali grezzi e anche come metodi conoscitivi, essi danno forma a delle esperienze. Che esse siano tragiche (basti pensare ai morti per amianto dei cantieri navali di Monfalcone raccontati da Angelo Ferracuti) oppure tragicomiche (come il Nicola Rubino di Francesco Dezio) si tratta comunque di esperienze del quotidiano.
- 23 Ferracuti, Angelo, Le risorse umane, cit., p. 18.
Bevemmo insieme un caffé, poi Mirella ed io restammo soli. Accesi il registratore portatile e dopo un breve preambolo – il minimo indispensabile per farle capire cosa volevo sapere – cominciai con le domande23.
- 24 Baldanzi, Simona, Figlia di una vestaglia blu, cit., p. 76.
21Il risultato è di avvalorare l’esperienza individuale del mondo, la propria o quella del testimone che viene messo sotto i riflettori. Quel che accomuna tutte queste incheste è che gli autori stessi si pongono come testimoni (cioè come “testis”, nel senso latino del termine di spettatore) e portavoce di quei testimoni martiri (questa volta nel senso greco del termine “martire” come testimone di dio) che sono invece i loro protagonisti facendo in qualche modo da filtro, con il racconto, fra i lettori e i protagonisti che hanno in questo modo diritto di accesso al discorso pubblico. E più volte i due piani possono confondersi come quando Baldanzi riconosce “Sembra quasi che l’operaia sia stata io? No, ma ho avuto l’adeguata formazione in questo campo”24. È quanto fa anche Ermanno Rea con Vincenzo Buonocore, nome d’arte del testimonial che lo scrittore napoletano si è scelto e che ha vissuto, prima di scrivere con il giornalista napoletano, un suo rapporto passionale con la macchina dell’Ilva. Scrive Ermanno Rea:
- 25 Rea, Ermmano, La dismissione, cit., p. 7.
Ho scritto queste pagine insieme a Vincenzo Buonocore […]. Io non so dire se esse appartengano a lui più che a me […]. La verità è che in queste pagine ci siamo entrambi in parti uguali […]. Chi per un verso chi per l’altro, ci siamo tutti dentro25.
Luoghi e contesti
22Oltre che testimoni, gli autori qui esaminati si presentano come viaggiatori e come frequentatori di luoghi. Non accontentandosi di rivelare la dimensione individuale delle trasformazioni economiche, intendono reperire gli spazi e delineare la nuova geografia del lavoro descrivendo i caratteri specifici dei contesti organizzativi. Stabilire una vera e propria riterritorializzazione della letteratura pressupone che si abbandoni per un po’ un’eventuale “stanza tutta per sé” per percorrere le strade del paese. Anche a patto di ritornare in un magazzino a isolarsi dal mondo e lavorare “a testa bassa” per rielaborare il materiale raccolto, come confessa Andrea Bajani:
- 26 Bajani, Andrea, Mi spezzo ma non m’impiego, cit., p. 147.
Questo libro è stato scritto tutto dentro un magazzino. Dopo il lavoro di ricognizione, di documentazione e di indagine, ho capito che l’unico modo per venirne a capo era quello di isolarmi dal mondo e lavorare a testa bassa26.
- 27 A partire dalla formulazione che ne ha dato l’antropologo Marc Augé: Augé, Marc, Non-lieux, Paris, (...)
- 28 Ferracuti, Angelo, Le risorse umane, cit., p. 11 e ss. I romanzi E le stelle stanno a guardare (The (...)
23Questi viaggi e spostamenti sono tentativi di riappropriarsi della realtà, di provare a descriverla, a misurarne i confini disegnando le carte del nuovo mondo lavorativo, professionale e produttivo che ci circonda. Nei reportages giornalistici e nei racconti di viaggio, vengono allora percorsi luoghi che diventano emblematici opponendosi a una certa tirannia del “non-luogo”, concetto diventato suo malgrado un luogo comune27. È il caso della Bagnoli di Ermanno Rea che riacquista un suo spessore storico-economico, o del Mugello di Simona Baldanzi che riallaccia i fili di un discorso comune con la Calabria dei minatori. La descrizione della cittadella operaia di Panzano fatta da Angelo Ferracuti, e così pure il personaggio del dottor Bianchi che denuncia da anni come la popolazione di Monfalcone sia decimata dalla peste dell’amianto, ricorda l’immaginaria cittadina di Sleescale descritta da Archibald Joseph Cronin28. Mentre Aldo Nove spazia dalla Sardegna, con i suoi pastori precari, alla Milano “da bere che è stata già bevuta”, testimoniando dell’inadeguatezza di stereotipi e slogan per rendere conto del fallimento dei modelli di sviluppo. Senza parlare dell’emblematico sud di Nicola Rubino di cui fa parte anche l’Irpinia chiusa e inaccessibile di Ferracuti che percorre lo stivale tutto intero a bordo di un tir per cogliere tutta la diversità e la ricchezza delle nuove “risorse umane”. Delineando una vera e propria geografia del lavoro, tutti questi autori rivelano i luoghi esemplari della crisi economica e sociale che colpisce gli antichi bacini industriali (Bagnoli, Monfalcone), ma anche le cristallizzazioni spaziali delle nuove forme di sfruttamento (gli operai calzaturieri pakistani a Civitanova o i cinesi a Prato).
L’assunzione etica del reale
24Gilda Policastro, intervenuta nel dibattito sul “ritorno alla realtà”, scrive:
- 29 Policastro, Gilda, “Tra zero e due meno meno”, in Nazione indiana, http://www.nazioneindiana.com/20 (...)
Il discorso sulla rappresentazione del reale, magari è proprio da qui che deve ripartire, se vuole stare nel presente e interrogarsi su di esso senza pregiudizi. Voler cambiare la realtà, intervenirvi, impegnarsi in essa implica un’operazione preliminare: ri-conoscere la realtà29.
- 30 De Michele, Girolamo, “Neorealismo ed epica. Una risposta ai critici letterari (e agli altri)”, in (...)
- 31 Simonetti, Gianluigi, “I nuovi assetti della narrativa italiana (1996-2006)”, in Allegoria, n. 57, (...)
25Pur con diversi esiti estetici, i libri presi in esame testimoniano del bisogno di conoscere e di capire prima che di raccontare una realtà economica soggetta a processi tanto più difficili da mettere in scena quanto sempre meno se ne conoscono i meccanismi. Una maniera di superare la querelle forse un po’ oziosa su realismo e postmoderno, su fiction et non fiction, consiste nel mettere in luce come la letteratura possa porsi come metodo di conoscenza critica della realtà o almeno (per dirla con Calvino) di un livello di essa. E la conoscenza non è tanto l’attingere al reale in sé quanto la sua ricostruzione o la sua decostruzione, attraverso dei punti di vista. Poiché ci sono infiniti modi e non un unico orizzonte per intercettare e stanare una realtà complicata, certa letteratura attuale produce un effetto di realismo diverso dalla tradizione che a questo termine si richiama. Non sembra si delinei un nuovo paradigma letterario. Gli scrittori odierni sono ancora alla ricerca de “l’allegoritmo della narrativa italiana contemporanea”30 e testimoniano di un “diffuso rinnovamento categoriale”31 in larga parte ancora da definire. Quel che è certo è che ogni tentativo di “tendere al reale” deve fare i conti con dei vuoti espressivi (aporie, omissioni o sfasature delle rappresentazioni) e con dei troppo pieni discorsivi (immagini dominanti e imposizioni ideologiche) inserendosi quindi in un campo di lotte simboliche. Molti di essi risolvono queste contraddizioni nell’assunzione etica di un reale che non è mai “naturale” né “naturalistico”. Da qui la necessità di considerare molti di questi testi non solo come oggetti letterari ma anche come modalità di conoscenza delle sfaccettature del mondo contemporaneo e, di conseguenza, come forme di intervento sociale per gli autori.
Note
1 Gallino, Luciano, Italia in frantumi, Roma-Bari, Laterza, 2006.
2 Bevilacqua, Emiliano, La società nascosta. Classi sociali e rappresentazioni ideologiche nell’Italia contemporanea, Milano, Franco Angeli, 2003. Questa analisi storica mette in rilievo le responsabilità del cattolicesimo politico e del comunismo in una rappresentazione ideologica spesso fuorviante delle classi sociali, nonché il ruolo determinante dello Stato nel rafforzamento di alcuni gruppi sociali visti solo in un’ottica elettoralistica.
3 La letteratura sociologica su questi temi è molto ricca. Cfr. De Nardis, Paolo, Le classi in una società senza classi, Roma, Meltemi, 2001.
4 Sangiovanni, Andrea, Tute blu. La parabola operaia nell’Italia repubblicana, Roma, Donzelli, 2006.
5 Si veda in particolare la rivista Allegoria, n. 57, 2008.
6 Bajani, Andrea, Mi spezzo ma non m'impiego. Guida di viaggio per lavoratori flessibili, Torino, Einaudi, 2006; Celestini, Ascanio, Fabbrica. Racconto teatrale in forma di lettera, Roma, Donzelli, 2003; Ferracuti, Angelo, Le risorse umane, Milano, Feltrinelli, 2006; Nove, Aldo, Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese…, Torino, Einaudi, 2006; Pennacchi, Antonio, Mammuth, Roma, Donzelli, 1994; Rea, Ermanno, La dismissione, Milano, BUR, 2002. Non a caso molti di questi autori sono stati trattati nell’ambito del convegno Letteratura e politica nell’Italia degli anni 2000, tenutosi all’Università Paris Ouest Nanterre nel maggio del 2007 (cfr. Narrativa, n. 29, 2007).
7 Baldanzi, Simona, Figlia di una vestaglia blu, Roma, Fazi, 2006; Dezio, Francesco, Nicola Rubino è entrato in fabbrica, Milano, Feltrinelli, 2004.
8 Donnarumma, Raffaele, “Nuovi realismi e persistenze moderne: narratori italiani di oggi”, Allegoria, n. 57, 2008, pp. 26-54.
9 Luperini, Romano, Cortellessa, Andrea, “Dialogo sul neo-neorealismo”, Aetnanet, http://www.aetnanet.org/modules.php?name=News&file=article&sid=10961 (consultato il 12/06/2009).
10 Tre libri importanti scandiscono i due decenni: Ottieri, Ottiero, Donnarumma all’assalto, 1959; Volponi, Paolo, Memoriale, 1962; Balestrini, Nanni, Vogliamo tutto, 1971.
11 Dezio, Francesco, Nicola Rubino è entrato in fabbrica, cit., p. 25.
12 Nove, Aldo, Mi chiamo Roberta, cit., pp. 167-168.
13 Alcuni dei racconti di Angelo Ferracuti sono usciti in Diario della settimana, Nuovi Argomenti e Rassegna sindacale. La rubrica “Vite a progetto” di Andrea Bajani, che ha dato origine alla raccolta Mi spezzo ma non m’impiego, è stata pubblicata sul supplemento settimanale “Torino sette” della Stampa.
14 Ferracuti, Angelo, Le risorse umane, cit., p. 21.
15 Per un esempio dell’uso della storia orale nel teatro di Ascanio Celestini, basti citare uno dei suoi primi lavori, Radio Clandestina (2000), racconto costruito a partire dalle duecento interviste sull’eccidio delle Fosse Ardeatine raccolte in Portelli, Alessandro, L’ordine è già stato eseguito, Roma, Donzelli, 1999.
16 Non c’è spazio in questa sede per ripercorrere la genesi storica di questo metodo d’inchiesta, né per ricordarne le diverse applicazioni e i punti di contatto interdisciplinari che spaziano dall’antropologia (Bronislaw Malinowski) alla sociologia urbana classica della scuola di Chicago (Robert Park, Ernest Burgess, Howard Becker, William Whyte Foote) ai più recenti sviluppi della sociologia del lavoro (Jean Peneff, Loïc Vacquant, Alexis Spire) per finire con le numerose epressioni di stampo più giornalistico (Albert Londres, Ryszard Kapuscinski, Günter Wallraff, Fabrizio Gatti).
17 Celestini, Ascanio, Lotta di classe, Torino, Einaudi, 2009. La citazione è tratta da un’intervista alla trasmissione Fahrenheit, Rai, Radiotre, 04 maggio 2009, http://www.radio.rai.it/RADIO3/fahrenheit/mostra_libro.cfm?Q_EV_ID=284844 (consultato il 05 maggio 2009).
18 Baldanzi, Simona, Figlia di una vestaglia blu, cit., pp. 21-22.
19 Ibid., p. 75.
20 Ibid., p. 44.
21 Perulli, Angela, Dentro la montagna, società locali alla prova, Torino, Rosenberg & Sellier, 2005.
22 Questo accade anche nel cinema dove la rivalutazione dell’esperienza porta alla rivalutazione della forma documentario.
23 Ferracuti, Angelo, Le risorse umane, cit., p. 18.
24 Baldanzi, Simona, Figlia di una vestaglia blu, cit., p. 76.
25 Rea, Ermmano, La dismissione, cit., p. 7.
26 Bajani, Andrea, Mi spezzo ma non m’impiego, cit., p. 147.
27 A partire dalla formulazione che ne ha dato l’antropologo Marc Augé: Augé, Marc, Non-lieux, Paris, Seuil, 1992.
28 Ferracuti, Angelo, Le risorse umane, cit., p. 11 e ss. I romanzi E le stelle stanno a guardare (The Stars Look Down, 1935) e La cittadella (The Citadel, 1937) di A.J. Cronin erano il frutto della sua esperienza come medico ispettore nelle miniere del Galles nei primi decenni del Novecento.
29 Policastro, Gilda, “Tra zero e due meno meno”, in Nazione indiana, http://www.nazioneindiana.com/2008/11/03/tra-zero-e-due-meno-meno/ (consultato il 07 maggio 2009).
30 De Michele, Girolamo, “Neorealismo ed epica. Una risposta ai critici letterari (e agli altri)”, in Carmillaonline, http://www.carmillaonline.com/archives/2008/06/002676.html#002676 (consultato il 12 giugno 2009).
31 Simonetti, Gianluigi, “I nuovi assetti della narrativa italiana (1996-2006)”, in Allegoria, n. 57, 2008, pp. 95-136.
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Notizia bibliografica
Carmela Lettieri, «Osservare il lavoro ancor prima di raccontarlo. Le rappresentazioni del mondo del lavoro tra approcci etnografici, osservazione partecipante e reportage giornalistici», Narrativa, 31/32 | 2010, 101-111.
Notizia bibliografica digitale
Carmela Lettieri, «Osservare il lavoro ancor prima di raccontarlo. Le rappresentazioni del mondo del lavoro tra approcci etnografici, osservazione partecipante e reportage giornalistici», Narrativa [Online], 31/32 | 2010, online dal 01 juin 2022, consultato il 19 mai 2025. URL: http://journals.openedition.org/narrativa/1563; DOI: https://doi.org/10.4000/narrativa.1563
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