Questioni non semplici: alcune domande a partire dai termini “uomini” e “femminismo”
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Relazioni complicate
1A prescindere dal luogo e dagli interlocutori, parlare di uomini-e-femminismo genera tensione: molto spesso il solo menzionare i due termini vicini può portare a diffidenza, stimolare interesse, incredulità, ammirazione, reazioni di autodifesa, sorpresa, ilarità, distanza e talvolta perfino derisione. La coppia uomini-femminismo, intesa nell’immaginario comune come una relazione tra due termini fra loro lontani, senza interferenze reciproche, funziona come un mito o come uno spettro: alimenta dibattiti e mobilizza coscienze, ma non esiste in quanto tale.
- 1 Cfr. Hearn, Jeff, The Gender of Oppression. Men, Masculinity and the Critique of Marxism, Sussex, W (...)
- 2 Seidler, Victor, Transforming Masculinities: Men, Cultures, Bodies, Power, Sex and Love, London, Ro (...)
- 3 Ruspini Elisabetta, Hearn Jeff, Pease Bob, Pringle, Kate (a cura di), Men and Masculinities Around (...)
- 4 Braidotti, Rosi, “Invidia”, in Nuovi Soggetti Nomadi, Roma, Luca Sossella editore, 2002, pp. 129-14 (...)
2Nelle relazioni reali fra uomini e donne immersi nello spazio sociale e simbolico, non esistono né “un femminismo”, univoco nella teoria o nella pratica; né “gli uomini” come gruppo omogeneo di soggettività, comportamenti, e culture. Parlare di uomini-e-femminismo apre a degli interrogativi importantissimi, che in parte sono stati affrontati, abbastanza recentemente, in ambito accademico da un approccio critico agli studi interdisciplinari sulle maschilità. Per esempio, storici e sociologi della maschilità si sono chiesti: qual è (stato) il ruolo degli uomini nel mantenimento dello status quo economico, politico-sociale1? E anche: quali sono i costi della maschilità normativa, legati ai privilegi maschili, in una società sessista e patriarcale2? Quindi, fondamentale è stato anche porsi la seguente questione – attualmente al centro di dibattiti internazionali – sul ruolo maschile nei progetti di gender mainstreaming: come possono gli uomini, in quanto attori sociali, contribuire al cambiamento delle relazioni di potere e di genere3? Infine, riflettendo in ambito più prettamente pro-femminista, emerge il problema: in che modo possono dirsi soggetti di politica e teoria femminista4?
3Queste domande aprono orizzonti analitici e interpretativi complessi e differenti fra loro, presentando quindi questioni non semplici. Tali domande inoltre si complicano se poste in maniera “situata”, cioè tenendo conto della complessità delle diverse prospettive femministe (e) in relazione a differenti posizionamenti maschili nella società. Come gestire, allora, questo difficile groviglio?
4Per prima cosa dobbiamo decostruire il mito che rappresenta la coppia uomini-femminismo come una “relazione a distanza” fra termini univoci e senza reciproche interferenze e connessioni. Gli uomini, come soggetti sessuati inscritti in un determinato contesto storico e culturale, interferiscono con e contribuiscono al farsi delle relazioni sociali, materiali e simboliche in cui tutti viviamo. Essendo il femminismo, nelle sue varianti teorico-politiche, un corpus eterogeneo di proposte a favore della trasformazione sociale, capiamo come – necessariamente – gli uomini non possano essere considerati esterni alle teorie e pratiche femministe. Ad esempio, nell’articolo “Relazioni pericolose ovvero uomini e femminismo”, Mirizio ammette che, perfino nel femminismo separatista in cui lei ha partecipato, gli uomini “ci sono sempre stati” e di loro dice:
- 5 Mirizio, Annalisa, “Relazioni pericolose ovvero uomini e femminismo”, Lectora, n. 4, 1999, p. 49.
Nemici, fantasmi, inconfessati interlocutori, voyeurs, a volte erano l’altro a volte l’elemento disturbatore, o lo sghignazzante spettatore, o ancora l’irriverente ascoltatore dei nostri nuovi discorsi. Ciò che mi pare innegabile è che c’erano5.
5Dal femminismo separatista, passando per i movimenti misti, considerando il movimento di liberazione omosessuale e il femminismo lesbico, attraversando le intersezioni fra antirazzismo e femminismo nero, arrivando fino ai più recenti femminismi cosiddetti third wave e ai collettivi LGBTIQ-queer in cui le categorie stesse di genere vengono messe in discussione, mi sembra che non sia affatto possibile pensare ai termini “uomini-e-femminismo” come ossimorici né tanto meno rispondere, in maniera univoca, alle domande che emergono intorno alla suddetta questione.
- 6 Clatterbough, Kenneth, “The oppression debate in sexual politics”, in May Larry, Strikwerda Robert (...)
6Gli uomini in carne ed ossa – diversi per background culturale, economico, generazionale, orientamento sessuale, etc. – sono comunque legati in varia misura ai femminismi attraverso le relazioni di amicizia, lavoro, parentela, studio, vita, amore e politica con chi partecipa attivamente a esperienze femministe. Inoltre possono loro stessi iniziare percorsi di attivismo in ambito femminista/pro-femminista. Allo stesso tempo è evidente che il problema della relazione coi femminismi non riguarda solo gli uomini che in prima persona decidono di fare attivismo antisessista o che si trovano d’accordo con premesse femministe; ma anche, come ricorda Clatterbaugh: “Gli uomini antifemministi e persino coloro che cercano un terreno neutrale devono decidere in relazione a quali posizioni femministe, fra loro divergenti, vogliono entrare in conflitto, quali appoggiare, o rispetto a quali altre scegliere di rimanere indifferenti”6.
Femminismi e Maschilità
- 7 Irigaray, Luce, “Egales à qui?”, Critique, 43-480, 1987, pp. 420-437.
7Nel femminismo emancipazionista della prima ondata il soggetto maschile funziona quasi da modello a cui aspirare, rappresentando, nell’Europa industrializzata e coloniale, l’ideale dell’individuo politico universale, libero e dotato di razionalità pensante. Le donne portano avanti una battaglia per i diritti politici e per un sistema educativo che sia “al pari degli uomini”, cercando di allontanarsi dagli obblighi sociali e familiari imposti alle donne, legati alla sfera – considerata qualitativamente inferiore – del corpo. C’è un tentativo di liberarsi dal marchio della differenza, in quanto negativa, e di emanciparsi come soggetti razionali. La famosa affermazione nel Secondo Sesso di Simone de Beauvoir “Donne non si nasce, lo si diventa”, che sarà successivamente il motto dell’approccio femminista costruzionista, tende a smascherare, una volta per tutte, i condizionamenti storici e sociali che relegano le donne a ruoli di minor rilievo, considerati marginali, di secondaria importanza. Allo stesso tempo questo testo, simbolo del second wave feminism americano, invita le donne ad affrancarsi dalla dimensione del lavoro corporeo cui sono relegate e a prendere consapevolezza della propria soggettività pensante. Quando Virginia Woolf, in Le tre ghinee inizia a mettere in discussione la validità etica e politica del modello maschile decidendo di devolvere solo una delle tre ghinee all’associazione pacifista di soli uomini – per donare le altre due a favore della costruzione di un modello diverso di società –, uno spostamento concettuale è in corso; la domanda verrà formulata, e ampiamente sviluppata, dalle teorie di Irigaray con “uguale a chi?”, criticando le premesse emancipazioniste e mettendo le radici del pensiero femminista della differenza7.
- 8 Cfr. Bertilotti, Teresa e Scattigno Anna (a cura di), Il femminismo degli anni Settanta, Roma, Viel (...)
- 9 Cfr. Lonzi, Carla, Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea la donna vaginale e altri scritti, Milano (...)
8Da un punto di vista teorico, in Italia l’influenza di Irigaray è notevole, insieme a quella del femminismo materialista dell’americana Adrienne Rich. L’intreccio di questi due approcci, assieme alle teorizzazioni dei collettivi attivi in varie città, permettono lo sviluppo del femminismo della seconda ondata in Italia. Nel campo dell’attivismo politico, durante gli anni che vanno dalla metà del 1970 alla fine degli anni ’80, gli obiettivi dei movimenti riguardano i diritti civili: il divorzio, il diritto all’aborto e a una sessualità libera dai condizionamenti patriarcali borghesi8. In Italia i collettivi femministi di sole donne si moltiplicano e teorizzano-praticano l’autocoscienza come metodologia di consapevolezza personale-politica. Attraverso il “partire da sé” autocoscienziale la dimensione corporea e sessuata dell’esperienza vissuta viene presa da ciascuna come luogo privilegiato del sapere, del (ri)conoscersi, e del sapersi in relazione ai rapporti di potere simbolico-materiali nella società. Il mito del soggetto neutro maschile crolla di fronte alla materialità dei corpi e alla vitalità dei desideri incorporati da ciascuna; il linguaggio – eretto su basi “fallologocentriche” – viene decostruito, elaborando nuove parole a partire dalla relazione tra donne9.
- 10 Mirizio, Annalisa, “Relazioni pericolose”, cit., p. 50.
9La presenza degli uomini, nei collettivi femministi, non è ammessa. Il separatismo femminile si avvale precisamente di quello spazio nuovo, di sole donne, impegnate a creare un immaginario simbolico e un ordine sociale differenti, fuori “dall’ordine simbolico fallocentrico”. Di fronte a tanta riformulazione, come ricorda il testo di Mirizio: “loro, gli interlocutori maschi, continuavano a mettere in campo la strategia di sempre: parlare la lingua degli dei e degli eroi oppure, semplicemente, restare muti”10. Da un punto di vista storico, questi sono gli anni in cui al movimento delle donne si affianca quello di liberazione sessuale e omosessuale: una parte degli uomini – i militanti nel movimento omosessuale – si relazionano al femminismo in maniera positiva, partecipi della battaglia per i diritti civili. Alcuni eterosessuali, militanti nella sinistra, esprimono sentimenti di solidarietà verso i collettivi femministi e pochi di loro iniziano a intrecciare la critica del sistema politico a una riflessione sull’essere maschi etero nel patriarcato.
- 11 Cfr. Lewis, Reina, Mills Sara (a cura di), Feminist Postcolonial Theory: a Reader, Edinburgh, Edinb (...)
- 12 Butler, Judith, Questione di genere. Il femminismo e la sovversione dell’identità, Bari, Laterza, 2 (...)
- 13 Halberstam, Judith, Maschilità senza uomini. Saggi scelti, Pisa, Edizioni ETS, 2010.
10Durante gli anni ’90, una parte del femminismo si traduce anche in lavoro accademico e, in alcune parti del mondo, nascono corsi e dipartimenti di Women’s e Gender Studies: siamo all’inizio del femminismo della terza ondata. Nello stesso periodo in cui vengono mosse critiche al femminismo bianco, e la prospettiva femminista postcoloniale si arricchisce delle teorie critiche sulla razza e sull’intersezionalità11, la teoria femminista, non senza ostacoli, diventa anche disciplina di studio, soprattutto negli ambiti del poststrutturalismo: filosofia, linguistica, semiotica, psicoanalisi. Dagli anni ’90, oltre al filone degli studi femministi postcoloniali, il femminismo poststrutturalista offre visioni nuove anche sul campo degli studi sulle sessualità: le teorizzazzioni queer mirano alla decostruzione della categoria dell’identità e, avvalendosi degli studi sul transgenderismo, svelano la costruzione culturale del binarismo sessuale e di genere, e dell’eterosessualità obbligatoria (eteronormatività)12. Offrendo nuove interessanti riflessioni, questa prospettiva complica maggiormente, e non solo da un punto di vista analitico, il rapporto uomini-femminismi. Dai queer studies, il lavoro di ricerca di Halberstam arricchisce il dibattito sulle maschilità mostrando che, da una prospettiva transfemminista, possiamo parlare di “maschilità senza uomini” quando la maschilità viene performata in corpi non maschili13.
- 14 Laboratorio Smaschieramenti, “Uomo. Smascherare il maschile”, in Marchetti, Sara, Mascat Jamila, M. (...)
- 15 Boccia, Maria Luisa, La differenza politica, Milano, Il Saggiatore, 2002.
11Se da una parte è evidente che la maschilità sia da intendersi al plurale e differentemente situata nello spazio delle relazioni sociali e delle rappresentazioni culturali, allo stesso tempo è innegabile che storicamente, il maschile (bianco, etero-orientato, proprietario, occidentale) si è costruito in maniera astratta, svincolata dalla determinazione corporea, gender-neutral, avvalendosi con questa mossa epistemologica, di poter rappresentare la norma della soggettività e poter parlare in modo oggettivo e neutrale su tutto e di tutti14. Riflettendo sul ruolo degli uomini in relazione alle prospettive femministe accademiche, Braidotti fa riferimento all’invidia e mette in guardia di fronte a quegli uomini – bianchi, eterosessuali, intellettuali portatori di un pensiero critico postmoderno – che comprendono invece il privilegio epistemologico che la postmodernità sembra affidare ai soggetti “marginali”, le donne, le minoranze sessuali, i non-bianchi, i migranti: i non appartenenti alla norma del “paradigma antropologico della modernità occidentale”15. Al di là dell’invidia, gli uomini non possono trovare posto nel femminismo come pratica teorica trasformativa; a meno che, come afferma Braidotti, non riescano a fare uno sforzo che vada oltre
- 16 Braidotti, Rosi, “Invidia”, cit., p. 131.
quella loro tentazione di mandare in cortocircuito questa complessità, nel tentativo di emendare la teoria e la pratica femministe, e costringere il progetto femminista in uno schema che sia per loro riconoscibile. [...] Come se si trattasse di un campo qualitativamente uguale a tutte le altre discipline accademiche16.
- 17 Ibid., p. 141.
12Data la complessità delle esperienze teoriche e politiche femministe, il primo passo da fare per gli uomini (biomaschi etero) verso il femminismo rimane, accanto alla necessità quantomeno storica di comprendere tale complessità, quello di “partire dal corpo e dalle radici corporee della soggettività”17. Ecco il significato del “men, get real” di Braidotti quando, parlando agli uomini, li invita a riconoscere e a decostruire il privilegio tutto maschile di poter coincidere con il soggetto neutro e di rappresentare l’universale. Possiamo tradurre questo invito con le parole dello studioso Victor Seidler quando spiega, in chiave anche autobiografica, che
- 18 Seidler, Victor, “Men, Feminism and Power”, in May Larry, Strikwerda Robert (a cura di), Rethinking (...)
agli uomini rimane da esplorare e investigare il carattere delle forme del maschile da loro ereditate. Il punto centrale è che il femminismo mette in discussione, da un punto di vista teorico, le modalità in cui gli uomini vedono il mondo; e, sul fronte personale e pratico, chi siamo noi come uomini e come ci relazioniamo, come uomini, con noi stessi e con gli altri18.
- 19 Clatterbaugh, Kenneth, “The Oppression Debate in Sexual Politics”, in ibid., p. 169.
13Per gli uomini si presenta allora un compito, direi personale-politico, se non quantomeno storico, quello di confrontarsi con la tradizione femminista nella sua ricchezza, facendola diventare, con le parole di Clatterbaugh in Rethinking Masculinity. Philosophical Eplorations in Light of Feminism, una self question, cioè una questione sul proprio ruolo nelle relazioni e nel mondo19. La questione, quindi, non starebbe tanto nell’esserci o meno degli uomini nei femminismi, quanto nel “come” qualitativo di questa relazione, per sua natura situata, complessa e molteplice.
Prendere parola contro il sessismo
- 20 Connell, Robert, Maschilità, cit. La teoria di impronta strutturalista di Connell, nell’ambito degl (...)
14Gli uomini non sono immuni al sessismo nè vivono al di fuori delle questioni di genere: ognuno è inscritto nel sex/gender system, al contempo soggetto alle norme socio-culturali e soggetto agente delle opportunità di redifinizione delle norme stesse. In questa ambivalenza di possibilità nei processi di soggettivazione, il genere si configura attraverso l’intersezione con altre caratteristiche identitarie: sesso, orientamento sessuale, classe sociale, appartenenza etnica, posizione geo-politica, ecc., dando origine posizionamenti sociali molto diversi fra loro. Esaminando le dinamiche di potere che si creano fra uomini, nel celebre Masculinities Connell (1995) individua le asimmetrie di potere fra diverse tipologie di maschilità che la società occidentale post-industriale ordina gerarchicamente: oltre a una maschilità egemonica vi sono maschilità subordinate, marginali, e minoritarie20.
- 21 Flood, Michael, “Men’s Collective Struggle for Gender Justice: The Case of Antiviolence Activism”, (...)
- 22 Ricerca effettuata presso l’Universitat Oberta de Catalunya (Barcelona) e Utrecht University (the N (...)
- 23 Connell, Robert, Maschilità, cit.
15La prospettiva situata e intersezionale ci permette di vedere come vari posizionamenti possano costituire diversi entry-points sia rispetto ai femminismi sia rispetto ai contesti di militanza nei movimenti sociali affini al femminismo per la lotta contro le discriminazioni: gli uomini fanno attivismo nei movimenti di liberazione omosessuale, nei collettivi LGBTIQ, nei movimenti antirazzisti, per esempio. Storicamente, sono stati i processi di soggettivazione degli attori sociali “marginali”, sperimentando discriminazioni in prima persona, a dare slancio alla mobilizzazione nei movimenti. In una società fondata sul sex/gender system eteronormativo di struttura patriarcale, va da sé che il posizionamento del biomaschio etero, bianco e borghese risulta quello con maggior privilegi. Sono proprio le maschilità bianche etero quelle che più difficilmente riescono a dialogare con i femminismi e a mobilizzarsi contro il sessismo. È per questo motivo che trovo molto interessante interrogare le pratiche di mobilitazione di gruppi maschili antisessiti la cui maggioranza è costituita da uomini occidentali, bianchi ed etero21. La mia ricerca di dottorato, usando un approccio etnografico, esplora le modalità in cui l’impegno collettivo di uomini antisessisti sta prendendo forma in Italia e in Spagna, nel contesto contemporaneo della crisi economica glocalizzata e nella società dell’informazione22. Ogni caso preso in considerazione presenta genealogie differenti per quanto riguarda le tematiche che mobilitano gli uomini, le iniziative organizzate, le strategie messe in atto, il framework teorico di riferimento e le criticità che emergono. In generale, diversamente dai movimenti sociali “conflittuali” e dalla politica identitaria di altri attivismi legati al genere, i maschi antisessisti propongono il cambiamento a partire da loro stessi, cercando di stimolare un processo di critica e trasformazione sociale il cui focus è diretto sulle loro stesse pratiche in quanto uomini. Nel loro caso, come fa notare Connel riflettendo sulle varie forme che una politica della maschilità può assumere23, il nemico non è visibile fuori di sé ma è in un certo senso situato nelle pratiche quotidiane che loro stessi, “in quanto uomini”, fanno proprie e riproducono, in varia misura, attraverso le culture del corpo, le relazioni con altri uomini, nei valori normativi della maschilità dominante; con le parole del gruppo Homas Igualitaris di Barcellona: “El nemigo común es el machismo” (Il nemico comune è il maschilismo).
- 24 Ibid., p. 163.
- 25 Nardini, Krizia, “Men’s antiviolence activism. The case of two men’s networks in contemporary Italy (...)
- 26 Ciccone, Stefano, Essere Maschi, cit.
16Se, per gli uomini profemministi, la loro politica “non ha una base locale: non può essere interpretata come la ricerca degli interessi concreti di un qualsiasi gruppo di uomini, perché generalmente gli uomini traggono beneficio dalla subordinazione delle donne”24, cosa smuove, allora, questi uomini, a diventare profemministi? La risposta – le risposte – possiamo trovarle nella critica maschile ai modelli normativi di maschilità dominante, critica che mette in luce la tensione fra il disagio degli uomini, i costi del dover aderire alle norme socio-culturali, e il desiderio di contribuire a cambiarle. In primis, viene esposto il tabù dell’omofobia nelle relazioni fra uomini e soprattutto fra uomini eterosessuali; che, come regola fondante delle dinamiche di socializzazione fra maschi, costringe gli uomini a vivere in una condizione di costante pressione e di dover dimostrare agli altri la propria virilità. In Spagna il discorso maschile antisessista denuncia, fra le altre cose, le pratiche maschili “tossiche” relative alle dimostrazioni di virilità spinte all’estremo: il gusto del rischio (sul lavoro, sulla strada, nel consumo di alcool e droghe), il non prendersi cura della propria salute, la facilità con cui la violenza entra a far parte delle interazioni quotidiane; inoltre si rivendica una paternità consapevole e più cuidadosa, cioè più legata alla sfera della cura e del vissuto corporeo di relazione25. In Italia, l’esperienza della rete Maschile Plurale ha lavorato molto sul tema della sessualità maschile cercando di scavare dentro all’immaginario eterosessuale e riflettendo su quello che Ciccone chiama “miseria (del) maschile”26. È precisamente in questa tensione fra disagi e desideri di cambiamento personale, che nell’ambito dell’impegno maschile antisessista le norme di genere (maschile) possono essere sottoposte a tentativi di decostruzione e riformulazione.
Uomini e femminismo @ 2014
- 27 Watson Emma, “Gender equality is your issue too”, UN Women, 20 settembre 2014, http://www.unwomen.o (...)
17“Men, I would like to take this opportunity to extend your formal invitation. Gender equality is your issue, too”. Queste parole, pronunciate dall’attrice Emma Watson rivolgendosi agli uomini, nel suo discorso come ambasciatrice Goodwill della sezione UN Women all’ONU, hanno fatto il giro dei social networks raccogliendo velocemente, non senza critiche, un’emozionante risposta positiva internazionale27. Dalla mia postazione di ricercatrice in studi di genere e antropologia, lavorando molte ore al computer facendo media ethnography, osservo che le pagine facebook che hanno ripostato il video del discorso si sono moltiplicate, soprattutto quelle appartenenti a gruppi che fanno comunicazione sociale sul tema “uomini-e-femminismo”. Fra queste ci sono anche le pagine virtuali dei miei informants: attivisti antisessisti, associazioni maschili contro la violenza di genere, reti di uomini che lavorano in maniera critica sulle maschilità nel contesto italiano e spagnolo attuali.
18Dal mio punto di vista, quindi, l’invito a far parte attivamente di un progetto politico femminista che sia allo stesso tempo inclusivo e critico rispetto alla maschilità, da vari anni è già stato accolto da uomini che hanno deciso di prendere parola contro il sessismo. Le modalità con cui questo impegno viene svolto, con le sue sfide e criticità interne, cambia a seconda del contesto. Tuttavia, difficilmente gli uomini che partecipano a movimenti antisessisti si definiscono “femministi”: non in quanto siano contrari a una tale identificazione (anzi), piuttosto perché da una parte, si vogliono allontanare dall’accezione negativa del termine fra gli uomini, e hanno paura di far allontanare altri uomini dal partecipare; dall’altra, non vogliono appropriarsi troppo semplicisticamente di un posizionamento politico storicamente complesso come terreno di lotte e conquiste femminili, e non correre il rischio di essere accusati di “colonizzare” questo terreno. In pratica, la relazione fra soggettività maschili e femminismi non è semplice né lineare, e rimane piena di questioni da discutere. Inoltre, anche la scelta di non identificarsi con il femminismo e restare fuori dalla discussione è da problematizzare come posizionamento, e quindi partecipa al dibattito su uomini e femminismo.
- 28 bell hooks, Feminism is for everybody: passionate politics, Cambridge MA, South End Press, 2000.
19Dati gli intrecci di possibilità e analisi che, da un punto di vista teorico, il dibattito su “uomini-e-femminismo” offre, in questo articolo ho lasciato spazio ad alcune riflessioni sul tema, fornendo poche risposte e, come nei casi più complessi, lasciando aperte molte domande. Personalmente, appartengo alla generazione del femminismo third wave, la cui prospettiva ribadisce il posizionamento situato di ogni soggettività come di ogni forma di enunciazione di sapere; allo stesso tempo è cosciente della mutabilità, del carattere nomade dei rapporti di soggettivazione e potere in relazione alle coordinate geo-politiche. Faccio parte del corpo sociale di giovani ricercatrici – precarie – il cui capitale intellettuale si costruisce e si internazionalizza grazie agli studi di genere. Come femminista non posso prescindere dal pensare gli uomini parte integrante della conversazione, in quanto re-immaginare la maschilità/le maschilità (plurali, più egualitarie, non-omofobiche, antisessiste) è condizione necessaria per una riformulazione delle relazioni sociali, di genere e di potere. Da un punto di vista personale-politico, allora, mi piace immaginare che, riprendendo il titolo di un libro di bell hooks, feminism is for everybody28, anche se riconosco che la questione non è affatto semplice.
Note
1 Cfr. Hearn, Jeff, The Gender of Oppression. Men, Masculinity and the Critique of Marxism, Sussex, Wheatsheaf Books, 1987; Connell, Robert, Maschilità. Identità e trasformazioni del maschio occidentale, Milano, Feltrinelli, 1996; Bellassai, Sandro, La mascolinità contemporanea, Roma, Carocci, 2004.
2 Seidler, Victor, Transforming Masculinities: Men, Cultures, Bodies, Power, Sex and Love, London, Routledge, 2005; Ciccone, Stefano, Essere maschi. Tra potere e libertà, Torino, Rosenberg&Sellier, 2009.
3 Ruspini Elisabetta, Hearn Jeff, Pease Bob, Pringle, Kate (a cura di), Men and Masculinities Around the World: Transforming Men’s Practices (Global Masculinities), New York, Palgrave Macmillan, 2011.
4 Braidotti, Rosi, “Invidia”, in Nuovi Soggetti Nomadi, Roma, Luca Sossella editore, 2002, pp. 129-142.
5 Mirizio, Annalisa, “Relazioni pericolose ovvero uomini e femminismo”, Lectora, n. 4, 1999, p. 49.
6 Clatterbough, Kenneth, “The oppression debate in sexual politics”, in May Larry, Strikwerda Robert (a cura di), Rethinking Masculinity. Philosophical Explorations in Light of Feminism, Maryland, Littlefield, 1992, pp. 169-190 (traduzione mia).
7 Irigaray, Luce, “Egales à qui?”, Critique, 43-480, 1987, pp. 420-437.
8 Cfr. Bertilotti, Teresa e Scattigno Anna (a cura di), Il femminismo degli anni Settanta, Roma, Viella, 2005.
9 Cfr. Lonzi, Carla, Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea la donna vaginale e altri scritti, Milano, Scritti di Rivolta Femminile, 1974.
10 Mirizio, Annalisa, “Relazioni pericolose”, cit., p. 50.
11 Cfr. Lewis, Reina, Mills Sara (a cura di), Feminist Postcolonial Theory: a Reader, Edinburgh, Edinburgh University Press, 2003.
12 Butler, Judith, Questione di genere. Il femminismo e la sovversione dell’identità, Bari, Laterza, 2013; Arfini, Elisa, Lo Iacono, Cristian (a cura di), Canone Inverso. Antologia Queer, Pisa, Edizioni ETS, 2012.
13 Halberstam, Judith, Maschilità senza uomini. Saggi scelti, Pisa, Edizioni ETS, 2010.
14 Laboratorio Smaschieramenti, “Uomo. Smascherare il maschile”, in Marchetti, Sara, Mascat Jamila, M. H., Perilli Vincenza (a cura di), Femministe a parole. Grovigli da districare, Roma, Ediesse, 2012, pp. 287-292.
15 Boccia, Maria Luisa, La differenza politica, Milano, Il Saggiatore, 2002.
16 Braidotti, Rosi, “Invidia”, cit., p. 131.
17 Ibid., p. 141.
18 Seidler, Victor, “Men, Feminism and Power”, in May Larry, Strikwerda Robert (a cura di), Rethinking Masculinity. Philosophical Explorations in Light of Feminism, Maryland, Littlefield, 1992, p. 209 (traduzione mia).
19 Clatterbaugh, Kenneth, “The Oppression Debate in Sexual Politics”, in ibid., p. 169.
20 Connell, Robert, Maschilità, cit. La teoria di impronta strutturalista di Connell, nell’ambito degli studi critici sulle maschilità, è stata la più citata in assoluto ma anche quella che ha dato origine a molte rielaborazioni critiche.
21 Flood, Michael, “Men’s Collective Struggle for Gender Justice: The Case of Antiviolence Activism”, in Kimmel Michael, Hearn Jeff and Connell Raewyn (a cura di), Handbook of Studies on Men and Masculinities, Thousand Oaks, Sage, 2005, pp. 458-467.
22 Ricerca effettuata presso l’Universitat Oberta de Catalunya (Barcelona) e Utrecht University (the Netherlands).
23 Connell, Robert, Maschilità, cit.
24 Ibid., p. 163.
25 Nardini, Krizia, “Men’s antiviolence activism. The case of two men’s networks in contemporary Italy and Spain”, Tijdschrift voor Genderstudies, vol. 16, n. 4, dicembre 2013, pp. 41-53.
26 Ciccone, Stefano, Essere Maschi, cit.
27 Watson Emma, “Gender equality is your issue too”, UN Women, 20 settembre 2014, http://www.unwomen.org/en/news/stories/2014/9/emma-watson -gender-equality-is-your-issue-too
28 bell hooks, Feminism is for everybody: passionate politics, Cambridge MA, South End Press, 2000.
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Notizia bibliografica
Krizia Nardini, «Questioni non semplici: alcune domande a partire dai termini “uomini” e “femminismo”», Narrativa, 37 | 2015, 109-118.
Notizia bibliografica digitale
Krizia Nardini, «Questioni non semplici: alcune domande a partire dai termini “uomini” e “femminismo”», Narrativa [Online], 37 | 2015, online dal 01 mars 2022, consultato il 13 février 2025. URL: http://journals.openedition.org/narrativa/998; DOI: https://doi.org/10.4000/narrativa.998
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