Franco Ferrarotti (1926-2024)
Testo integrale
1La scomparsa di Franco Ferrarotti (Palazzolo Vercellese 1926 - Roma 2024) lascia un vuoto non facilmente colmabile nella Sociologia italiana. L’interesse per questa disciplina, che occuperà la sua mente e che sarà la sua passione e la guida con cui analizzare e comprendere la complessità della struttura sociale, nasce nelle austere aule dell’Università di Torino in cui studia Filosofia. Qui approda dopo una maturità classica conseguita privatamente per motivi di salute e trascorsa leggendo autonomamente classici della filosofia e della sociologia, fondamentali opere letterarie e imparando l’inglese. Immerso in uno studio solitario, prenderà parte ad alcune azioni partigiane facendo da staffetta e portando armi, ma avrà anche occasione di intervenire fisicamente per difendere dai soprusi di alcuni militari tedeschi una famiglia che lo ospita. Per guadagnare qualche soldo fa il traduttore presso l’editore Einaudi dove intrattiene rapporti amicali con Cesare Pavese. Alle soglie della laurea la decisione è presa, con la scelta di una tesi in sociologia sul pensiero di Thorstein Veblen, a partire dal testo fondamentale del sociologo statunitense: The Theory of Leisure Class. La tesi però sarà rifiutata dal filosofo Augusto Guzzo (1894-1936), che non vorrà firmarla. Ferrarotti diverrà poi, nel 1949, assistente del suo relatore, il filosofo Nicola Abbagnano (1901-1990); sostenitore di un esistenzialismo positivo fondato sulle idee di “libertà” e “ragione”, Abbagnano si mostra da subito particolarmente interessato alla tesi di Ferrarotti, come pure allo sviluppo e alle applicazioni empiriche del pensiero sociologico. Nel 1949 Einaudi pubblica, intanto, la traduzione di Ferrarotti del volume di Veblen La teoria della classe agiata, che suscita l’interesse di Pavese, ma scatena, a pubblicazione avvenuta, il disprezzo di Benedetto Croce, che stronca il volume e la sociologia - “inferma scienza” - in un’ampia recensione. Ferrarotti accenderà fortemente il dibattito, rispondendo a Croce in due articoli sulla «Rivista di Sociologia». Nicola Abbagnano rinnova il sostegno al suo laureato, approvando l’idea di Ferrarotti di fondare una rivista interamente dedicata alla sociologia e nel 1950, dopo avere partecipato a Roma al XIV Congresso Internazionale di Sociologia,, ricorrerà all’aiuto finanziario della sua seconda moglie, l’imprenditrice americana Marian Taylor (1914-1970), che già dirigeva a Torino una piccola casa editrice (le Edizioni Taylor). Nascono così, nell’estate del 1951, i «Quaderni di Sociologia», realizzando il sogno di Ferrarotti che, studiando sovente nella biblioteca di Nizza, aveva avuto tra le mani i fascicoli dei «Cahiers de Sociologie» in cui leggeva i saggi di Émile Durkheim. Sin dal suo primo articolo – Piano di lavoro – nel n. 1 della rivista, Ferrarotti sottolineerà la sua posizione antidealistica, in un’Italia totalmente impregnata dell’imperante “crocianesimo”. La rivista sarà il momento iniziale della rinascita in Italia di un fervido dibattito sociologico non soltanto da un punto di vista teorico, ma sarà anche il luogo in cui appariranno i primi importanti studi empirici sulla società italiana del secondo dopoguerra. Infatti, non vi saranno pubblicati soltanto saggi dedicati ai fondamenti della teoria sociologica, ma vi troveranno spazio anche studi e risultati di specifiche indagini empiriche di studiosi italiani dall’evidente impianto sociologico, accanto a lavori legati all’antropologia culturale, all’etnologia, alla psicologia sociale, secondo quella visione di una ampia, proficua e necessaria interdisciplinarità, che Ferrarotti porterà avanti sempre. Qualche anno dopo nascerà inoltre, presso le Edizioni Taylor, una collana dedicata alla sociologia: saranno libri dedicati all’approfondimento delle teorie sociologiche alternati a testi con i risultati di ricerche sul campo. Nell’Italia devastata dal fascismo e da una guerra che ne ha esaurito le risorse economiche, dalle diffuse situazioni di degrado culturale e di povertà, si delinea all’orizzonte il tema crescente dell’ondata migratoria. Sarà, com’è noto, una migrazione massiccia, che svuoterà le regioni meridionali e le aree più povere del centro-nord e che porterà all’estero milioni di italiani. Ferrarotti ha intanto già maturato un’idea sul fondamentale ruolo della sociologia, una scienza in grado analizzare e comprendere le dinamiche tra i diversi aspetti delle istanze sociali in una società in trasformazione, come era appunto l’Italia dei primi anni ’50.
2La sociologia, sosterrà Ferrarotti, può essere un valido aiuto nell’organizzazione delle scelte e nella distribuzione delle risorse socioeconomiche. Questo perché la comprensione sociologica può divenire uno strumento capace di demistificare la realtà e di analizzare il divario e il conflitto normativo tra norme scritte e norme pratiche. Nasce così, nel periodo 1950-1962, una serie di indagini empiriche (circa 200) che appartiene al filone dei community studies; in due ricerche si cimenterà anche Ferrarotti. Gli “studi di comunità”, i cui risultati appariranno nei «Quaderni di Sociologia» e anche nelle Edizioni Taylor dirette da Ferrarotti, saranno condotti da numerosi studiosi in tutte le regioni italiane, scegliendo spesso dei Comuni-campione, per comprendere il tipo di interventi da portare avanti in quella determinata regione per ostacolarne il crescente movimento migratorio e per realizzare eventuali piani di sviluppo socioeconomico.
3Va ricordato anche un altro incontro particolarmente fecondo che ebbe luogo nel 1948, quello con l’imprenditore Adriano Olivetti (1901-1960). Ferrarotti ne attirerà subito l’attenzione, discutendo con lui sul tema di un potere socializzato concepito come una sorta di coinvolgente energia sociale distribuita in tutti gli individui. Olivetti ne apprezza la vivacità e lo farà divenire immediatamente uno stretto collaboratore, aiutandolo anche negli anni della formazione americana. Negli Stati Uniti Ferrarotti si muoverà tra New York e Chicago e, dopo avere scritto un paper, verrà convocato dal “Social Science Research Building” dell’Università di Chicago per essere nominato junior professor. È qui che si sposerà e studierà i problemi del lavoro e del “potere” nella società industriale, una riflessione che confluirà nel 1954 nel volume Il dilemma dei sindacati americani. Quando il “Movimento di Comunità”, fondato da Olivetti nel 1947, verrà presentato alle elezioni politiche del 1958, Adriano Olivetti sarà eletto in Parlamento, da cui l’anno successivo dovrà dimettersi per incompatibilità con altre cariche. Il 12 novembre 1959 sarà quindi Franco Ferrarotti a occupare il seggio in Parlamento nella Terza Legislatura. L’esperienza parlamentare, che finirà nel 1963, gli offrirà l’occasione per farsi promotore di idee innovatrici, dalle quali, progressivamente, nascerà in futuro la creazione del centro-sinistra. In questo periodo si fa anche promotore di nuove politiche sociali e dirige progetti di ricerca presso l’OECE, oggi OCSE. L’essere vincitore, nel 1960, della prima cattedra di sociologia in Italia, e poi la successiva creazione dell’Istituto di Sociologia presso la Facoltà di Magistero della Sapienza di Roma, a cui si aggiunge l’insegnamento di Trento, forniranno a Ferrarotti l’occasione per una più capillare divulgazione delle teorie sociologiche e della loro applicazione empirica in varie indagini. L’attività di parlamentare, l’insegnamento in Italia e all’estero, le conferenze e poi lo studio e la scrittura lo impegnano in una frenetica attività.
4Nel 1967 fonda «La Critica Sociologica», una rivista aperta e indipendente, ancora attiva, di cui sarà il Direttore sino alla fine, su cui scriveranno molti studiosi italiani e stranieri. A Roma Ferrarotti inizia lo studio delle degradate periferie della capitale, nate per via della forte emigrazione centro-meridionale il cui inurbamento dà luogo al formarsi di baraccopoli molto estese e non sempre marginali nel contesto urbano (un interesse di ricerca che riprenderà molto più avanti, nei primi anni del nuovo millennio). È questo il momento in cui inizia ad applicare su vasta scala il concetto di sociologia perenne, di una sociologia critica, ma molto attenta a quel “senso comune” che esprime lo spirito di un’epoca, il suo Zeitgeist, che può essere rintracciato nelle aspirazioni e nelle paure delle persone le cui conoscenze, anche se prescientifiche, non possono essere disprezzate. La comprensione sociologica – che come punto terminale ha quello della sociologia come scienza – esige sempre l’esame del retroterra storico-culturale e della situazione socio-economica in cui i problemi sociali si manfestano.
5Frattanto l’Istituto di Sociologia presso l’Università La Sapienza di Roma vede proliferare nuovi insegnamenti come Storia della Sociologia, Sociologia politica, Sociologia economica, Antropologia culturale, Metodologia della ricerca. La traduzione dei grandi classici della sociologia continua, nel contempo, ad ampliarsi nella collana diretta da Ferrarotti presso la UTET di Torino. È un periodo di grande fermento culturale, ma anche di gravi tensioni sociali, che culminano in certo qual modo nel 1978, con il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro. Ferrarotti sosterrà, con maggior vigore, che il senso fondamentale della sociologia risiede nella sua istanza critica e in quel fondamentale criterio della razionalità che essa deve fare valere sempre e alla quale deve sottoporre le strutture istituzionali nel cui ambito i gruppi sociali esprimono i propri bisogni. Sono gli anni dei suoi studi teorici ed empirici sul potere, sull’autorità, la legittimità, la violenza, la droga, sul rapporto sacro-religioso, sulla musica rock e sulle ricadute negative della tecnologia invasiva e dilagante. Anni in cui matura quel modello di ricerca qualitativa, già accennata nelle indagini degli anni Cinquanta, che mira a una profonda comprensione relazionale tra individuo e gruppi sociali, nella forma complessa di “intersoggettività” che include anche la presenza del ricercatore. Ferrarotti metterà in evidenza che il “metodo biografico” non considera la biografia un rozzo protocollo della conoscenza sociologica, ma è lo strumento privilegiato per la comprensione dell’individuo nella sua interazione con quei raggruppamenti che ne hanno forgiato la personalità sociale.
6Quello di Franco Ferrarotti è stato un percorso intellettuale dedicato intensamente alla sociologia: a una sociologia non sociografica, ma “scienza dell’interconnessione del sociale”, scienza di autoascolto di una società intesa quale risultanza “della interazione fra attori e circostanze sociali”.
Per citare questo articolo
Notizia bibliografica
Giovanna Gianturco, «Franco Ferrarotti (1926-2024)», Quaderni di Sociologia, 95 - LXVIII | 2024, 3-6.
Notizia bibliografica digitale
Giovanna Gianturco, «Franco Ferrarotti (1926-2024)», Quaderni di Sociologia [Online], 95 - LXVIII | 2024, online dal 01 mars 2025, consultato il 21 mai 2025. URL: http://journals.openedition.org/qds/7050; DOI: https://doi.org/10.4000/13k0c
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